La notte dei misteri
di CHRISTINE MERRILL
Cornovaglia, ottobre 1814. Con una tempesta in arrivo dalla costa e le tenebre che stanno calando, Jack Kendall si sente fortunato quando scorge una locanda in lontananza. Man mano che si avvicina, però, comincia a ricredersi e avvertendo qualcosa che non va in quel luogo. Qualcosa che potrebbe mettere in pericolo la sua stessa vita. Per un attimo valuta l’opportunità di rimontare in sella al suo fedele Ajax e galoppare fino alla prossima locanda, ma scorge una pallida e splendida donna, affacciata alla finestra. Decide così di sfidare il fato, entrando nel locale.
Joy si alzò e si affacciò dal precipizio per guardare giù, verso il mare. Non vi era traccia del suo aguzzino e lei si chiese per un attimo se stesse commettendo un peccato nel sentirsi sollevata. La sua morte era stata terribile, spaventosa. Tuttavia, la donna in grigio non avrebbe mai ucciso un innocente...
Chiuse gli occhi. Guardare oltre il dirupo le aveva fatto venire le vertigini. Barcollò e svenne.
Quando riaprì gli occhi, c’era Jack al suo fianco, che la teneva per mano. “Vieni via dal precipizio,” le stava dicendo dolcemente. “Non è prudente rimanere qui…”
Joy sorrise debolmente. Jack non poteva capire quanto fosse illusorio il concetto di prudenza in un contesto come quello. “Dovevo accertarmi che fosse morto, capisci?” gli disse. “Dovevo esserne certa…”
“È finita, Joy. Lui è morto e non c’è più nessuno che può farti del male, ora.” La rassicurò Jack, stringendole entrambe le mani. “Vieni via con me. Se vuoi riprendere delle cose alla locanda possiamo tornare indietro…”
Joy scosse la testa: “No, ho perso tutto. Non c’è niente che mi appartenga, lì.”
“Molto bene, allora” esclamò Jack con un sorriso. “Non ci resta che trovare il mio cavallo e una stanza calda e asciutta per te in una locanda decente.”
Una stanza tutta per lei in una locanda decente? Joy sorrise. Dopo tutto il tempo passato in quel porcile in cui era vissuta, l’idea di una stanza pulita in un vero albergo le sembrava meno reale dell’apparizione della donna in grigio. Jack la faceva facile…
Ma per quanto tempo Joy poteva fingere che il suo passato non fosse mai esistito? Ed era giusto che fingesse anche lui? Era giusto fargli credere di essere la ragazza che era stata prima che il mondo le crollasse addosso? “Non sei tenuto a cercarmi una stanza e a scortarmi fino alla prossima locanda, Jack, hai fatto già troppo per me” gli disse.
Jack sgranò gli occhi, sorpreso e ribatté: “Non sono tenuto? Il mio lavoro non è finito qui, mia cara. Devo scortarti fino alla locanda più vicina e assicurarmi che tu stia bene... e che dimentichi questa storia al più presto possibile.”
“Dimenticare questa storia? Sai bene che non sarà possibile… per entrambi.”
“Non ci giurerei. Abbiamo a nostra disposizione tutto il tempo del mondo, Joy. Un giorno, forse, questa esperienza sarà solo un lontano ricordo. Certo, non la dimenticheremo mai, ma sarà così lontana che quasi non ci accorgeremo più di averla vissuta.”
Joy lo osservò, Jack era così bello e le sue parole erano così confortanti e meravigliose. Tuttavia lei sentiva un peso sul suo cuore e scosse la testa: “La memoria può anche affievolirsi con il tempo. Così come il ricordo che tu avrai di me, Jack. Sentiti libero di andare, non ho mai avuto l’intenzione di metterti in trappola. Vai e dimenticami, ti prego…”
“Non posso!”
Joy dischiuse le labbra in un sorriso triste: “Allora devo aiutarti…”
Si girò verso il dirupo. L’acqua sotto di loro era fredda e scura, ma Joy non avrebbe avuto freddo e le onde avrebbero cancellato tutto il suo dolore.
“No!” gridò Jack, afferrandola per la vita e tirandola a sé. Avrebbe dovuto immaginare cosa le passasse per la testa.
“Lasciami andare, Jack, per favore!” gridò Joy, cercando di divincolarsi. Poi si fermò all’improvviso. Erano così vicini al baratro che un solo movimento li avrebbe fatti precipitare entrambi. Joy gli era talmente vicina che poteva sentire il battito del cuore generoso di Jack andare all’unisono con il suo.
“O viviamo assieme o moriamo assieme. A te la scelta, tesoro” esclamò deciso. Joy sapeva bene che Jack non stava scherzando e che si sarebbe buttato con lei. Le diede un lieve bacio, lo stesso bacio che le aveva dato nella sua camera, quando le aveva fatto capire che si poteva fidare di lui.
Joy smise di divincolarsi e rispose al bacio, buttandogli le braccia al collo. Ora, tra le forti braccia di Jack, si sentiva al sicuro. Si allontanarono lentamente dal precipizio.
Quando Joy alzò gli occhi verso di lui, vi scorse la stessa luce che l’aveva ammaliata fin dal primo sguardo. “Tu sei completamente pazzo, Jack!” esclamò, non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Pazzo di te, vorrai dire!” replicò lui. “Ma molto più sano della media dei miei coetanei, se è per questo. E poi ho denaro a sufficienza e un cavallo che può reggere entrambi.” Le sorrise. “Joy Colliver, ti basta?”
Joy scosse la testa, stavolta per la sorpresa: “Se mi basta? Se tu sei con me, Jack, io mi sento la donna più ricca del mondo.” E si lasciò guidare verso un nuovo inizio.