La notte dei misteri
di CHRISTINE MERRILL
Cornovaglia, ottobre 1814. Con una tempesta in arrivo dalla costa e le tenebre che stanno calando, Jack Kendall si sente fortunato quando scorge una locanda in lontananza. Man mano che si avvicina, però, comincia a ricredersi e avvertendo qualcosa che non va in quel luogo. Qualcosa che potrebbe mettere in pericolo la sua stessa vita. Per un attimo valuta l’opportunità di rimontare in sella al suo fedele Ajax e galoppare fino alla prossima locanda, ma scorge una pallida e splendida donna, affacciata alla finestra. Decide così di sfidare il fato, entrando nel locale.
Joy lo lasciò solo e con lei portò via anche quel poco calore umano che regnava nella locanda. Andò nella cucina per poi ritornare qualche minuto dopo con il pasticcio di carne, posando il piatto davanti a lui senza dire nulla.
Jack ne prese un po’ e cominciò a masticare la carne d’arrosto. Per quanto la cameriera fosse carina, la gente non si sarebbe certo fermata in quel posto dimenticato da Dio per il cibo.
Per non parlare della assoluta mancanza di spunti di conversazione. I pochi avventori che c’erano nel locale sembravano completamente indifferenti uno verso l’altro. Ma Jack sapeva bene che non gli avevano mai staccato gli occhi di dosso. Con la coda dell’occhio aveva captato segnali tra di loro, chiaramente rivolti a lui.
Cominciò a nutrire il sospetto che Joy avesse avuto ragione a metterlo in guardia. Dopotutto stava viaggiando da solo e, se era capitato in un covo di malviventi, forse avrebbe fatto bene ad andarsene subito per salvarsi la pelle.
Diede un’occhiata fuori. Il tempo stava peggiorando e sarebbe stato folle mettersi in viaggio ora per raggiungere la prossima locanda. Almeno, sarebbe sopravvissuto alla notte, se fosse andato via…
C’era anche qualcosa d’altro, in quel luogo. Qualcosa di sinistro, di “sbagliato”. Qualcosa che non aveva nulla a che fare con la clientela. Qualcosa che ora lo tratteneva lì e gli impediva di andare via.
E poi c’era la misteriosa Joy.
Quante cameriere conoscevano i versi di Blake? Suo padre le aveva veramente insegnato la poesia? Era più probabile che il padre fosse stato un locandiere semianalfabeta e che perciò non aveva avuto alcun interesse per la poesia. E la voce di Joy…
Dalle poche parole che si erano scambiati, il suo accento non aveva alcuna inflessione rozza e grossolana. Quando gli aveva raccontato delle leggende locali, poi, ogni traccia della ragazza cornica era scomparsa. I suoi erano racconti di una giovane donna che aveva ricevuto un’educazione tradizionale. Per non parlare delle sue maniere raffinate.
Ma se era così, che cosa diavolo ci faceva lì?
Finì la sua birra e percorse il piccolo ingresso fino a uscire fuori dalla porta di servizio, per usare il bagno. Dal momento che quest’ultimo si trovava vicino alle stalle, Jack decise di andare a controllare come stava Ajax. Un attimo dopo accarezzò la criniera di quel meraviglioso cavallo che l’aveva fedelmente servito in Portogallo, e quasi si scusò con lui nel rimettergli la sella.
“Credo che ce ne andremo subito, vecchio mio. Tieniti pronto, anche se questo significa non dormire affatto.”
Il cavallo nitrì rassegnato e mise di nuovo il muso nel fieno.
Mentre stava per tornare nella taverna, Jack si trovò davanti la bella Joy a sbarrargli la strada. L’ingresso era stretto e buio e lei gli stava chiaramente andando incontro. Quando gli fu vicino rallentò, sorrise e Jack avvertì di nuovo quel calore familiare.
Per un momento dimenticò le sue paure, perché tutto ciò che contava era Joy. I suoi grandi occhi azzurri, la sua vita stretta, il modo in cui increspava le sue labbra da baciare… Forse si stava sbagliando, forse era solo molto stanco e vedeva cose che non esistevano. Parlare di nuovo con lei gli avrebbe schiarito le idee. E se lei fosse stata interessata a un incontro più intimo, lui di certo non si sarebbe tirato indietro.
Quando Joy gli fu accanto, Jack l’attirò a sé. Lei si lasciò abbracciare così stretta da sentirne il battito del cuore, che andava all’unisono con il suo. Il desiderio si impadronì di lui a quel contatto fisico.
Posò la sua guancia su quella di lei e le mormorò all’orecchio: “Ti giuro, Joy, sei più dolce di qualsiasi poesia, perché sei capace di capire il ritmo del mio cuore anche con un lieve tocco. E se ti baciassi ora, che faresti?”
La sua risposta fu dolce ma decisa: “Farei tutto ciò che desiderate, signore. Però mi dovete promettere di non passare la notte qui. Siete in pericolo. Dovete partire immediatamente.”
“Joy!” La voce del locandiere risuonò tagliente. Stava in piedi alla fine del corridoio, con le braccia incrociate e l’espressione severa di chi è abituato a impartire ordini.
Così Jack proruppe in una risata forzata e diede un bacio a Joy prima di spingerla da parte. Guardò il locandiere come per chiedere scusa e poi diede alla ragazza una pacca sul sedere per rimandarla nel locale.
Joy trasalì al suo tocco invece di ridacchiare come una qualsiasi altra cameriera di bar. Aveva forse frainteso lo slancio che lei aveva avuto verso di lui pochi istanti prima? Anche quel repentino cambiamento di umore si andava a sommare alle altre cose fuori posto. La sensazione del corpo di Joy contro il suo era stata bellissima ma strana; il suo corpo era snello e aggraziato, non grassoccio e solido come per la maggior parte delle cameriere che aveva incontrato. Quel tocco lieve gli aveva ricordato piuttosto la grazia delle giovani donne con cui aveva danzato a Londra. Tutto era delicato in lei, persino le mani.
E profumava di lillà anziché puzzare di sudore, birra e salsiccia. Che cosa ci facevano i fiori primaverili in una locanda della Cornovaglia in questo periodo dell’anno?
Jack portò la mano alla pistola per assicurarsi di averla ancora. Sorrise al locandiere e scrollò le spalle. Ritornò al suo tavolo per dimostrargli di non essere altro che un innocuo ubriacone.
Tuttavia continuava a tenere sott’occhio la ragazza, che andava avanti e indietro con le ordinazioni. Il locandiere l’afferrò per un braccio, l’attirò a sé e le parlò velocemente.
Joy annuì.
L’uomo le parlò di nuovo, con più insistenza. Jack notò le dita di lui stringere più forte il braccio della ragazza. Lei scosse la testa, imperturbabile. Quell’uomo la stava forse punendo per la libertà che si era preso Jack? Non poteva lasciare che fosse punita per colpa sua. “Birra!” gridò Jack sbattendo sul tavolo il boccale di birra vuoto, per attirare l’attenzione. “Che si deve fare per essere serviti, in questo buco? Locandiere, mandami subito la ragazza! Oppure mi devo proprio arrabbiare ? Non basta che mi abbia già respinto dicendomi che non gradisce la mia compagnia?”
Il locandiere rise, come anche gli altri avventori. A quanto pareva, aveva pronunciato le parole giuste, dal momento che lasciò andare Joy dandole un boccale. Poi le mormorò qualcosa nell’orecchio e la spinse verso Jack.
Lui la guardò insistentemente, così da far sembrare il suo interesse verso di lei puramente fisico.
Joy si avvicinò a lui, non aveva più l’espressione disponibile che aveva avuto prima nel corridoio. Mentre si avvicinava inciampò e un po’ di birra si rovesciò sui suoi stivali e sul pavimento.
“Mi dispiace, signore” mormorò imbarazzata. Prese uno straccio dal suo grembiule e cominciò a pulire. Ora però nel suo sguardo c’era sollievo, non preoccupazione.
In un attimo il locandiere attraversò la stanza, la raggiunse e alzò la mano per picchiarla.