The Joint
di SILVIA CARBONE E MICHELA MARRUCCI
Li avete conosciuti in The Pleasure, e ora Silvia Carbone e Michela Marrucci regalano a tutte le lettrici una lettura gratuita che racconta l’intensa e molto passionale storia d’amore tra Tom e Floyd. Buona lettura! |
CAPITOLO CINQUE
Floyd era sceso daltraghettoche a fine turnoriportavaidipendentidel The Pleasure sulla terraferma. L’unico pensiero, dopo quella giornata lavorativa faticosa, era che Tom stava rientrando da una trasferta di lavoro.
Si erano sentiti per telefono mentre Tom era in volo sul jet privato di Shad, e gli aveva comunicato che sarebbe atterrato all’aeroporto intorno alle quattro del mattino.
Floyd controllò l’Apple Watch e si accorse che erano passate da poco le tre. A quell’ora non c’erano più autobus e l’unica alternativa era chiamare un taxi per tornare a casa. Stava per inoltrare la chiamata quando notò un’auto sportiva fermarsi di fronte al marciapiede.
«Ciao Floyd» una voce dall’interno dell’abitacolo attirò la sua attenzione.
«Drew?» guardò sorpreso l’ex compagno di studi di Tom attraverso il finestrino aperto della spider nera. «Che ci fai da queste parti?»
«Ho trascorso la serata in un club in compagnia di amici e stavo rientrando a casa quando ti ho visto. Vuoiunpassaggio?»
«No, non vogliodisturbarti. Stavo appunto chiamando il servizio taxi notturno.»
«Nessun disturbo. Salta su che ti do uno strappo fino a casa tanto sono di strada.»
Un cipiglio corrucciato aggrottò la fronte di Floyd. «Sai dove abitiamo? Non mi sembra di averne fatto parola quando ci siamo conosciuti al Pleasure.»
Il modello mascherò il disagio con una scrollata di spalle. «Lo avrà fatto Tom. Adesso non ricordo con precisione» si sporse in avanti e tirò la maniglia per aprire la portiera. «Andiamo. Non mordo a meno che tu non mi chieda di farlo» gli strizzò l’occhio con aria impertinente.
Floyd tentennò per qualche altro secondo. In effetti rischiava di arrivare dopo il suo compagno se non si dava una mossa. «Ok, grazie» salì e chiuse la portiera.
«Allaccia la cintura, tesoro. Sei un carico prezioso da proteggere» ammiccò Drew, lasciandolo confuso e perplesso. «E poi non ho voglia di scatenare l’ira del soldato che è in Tom» si lasciò sfuggire una risata mentre ripartiva sgommando.
Floyd si allungò sul sedile in pelle dell’auto di lusso e pensò che probabilmente non aveva fatto la scelta giusta. Aveva una strana sensazione che non riusciva a togliersi di dosso da quando aveva preso quella decisione. Salire in macchina con Drew era stata una pessima idea. Il ragazzo alla guida lanciava sguardi e anche se Floyd apprezzava, preferiva non dare adito a fraintendimenti.
«Abbiamo passato una bella serata insieme, non trovi?» Drew interruppe il silenzio nell’abitacolo avvolto solo da una musica bassissima di sottofondo proveniente dall’impianto stereo. «In questi dieci giorni speravo di ricevere una telefonata, sono sincero. Ma forse è piaciuto solo a me?»
Floyd guardò le luci dei lampioni fuori dal finestrino: sembravano pennellate gialle su una tavolozza scura. «Siamo stati bene anche noi» rispose ma poi sentì la necessità di aggiungere altro. «Non ricordo che avessimo preso accordi per rivedersi e mi sembra di aver messo subito in chiaro che non stavamo cercando un terzo elemento fisso da inserire nella coppia.»
«Assolutamente. Devi aver frainteso» rispose con un sorriso accondiscendente che irritò Floyd.
«Tom è fuori per lavoro e io ho approfittato per fare dei turni extra a lavoro» appena terminata la frase, Floyd odiò il fatto che sembrasse volersi giustificare.
«Una ragione in più per chiamarmi. Avrei potuto tenerti compagnia in qualche occasione.»
«Drew credo proprio che tu...»
«Ho molti amici in città e l’occasione per bere qualcosa non manca mai.» La replica di Floyd fu subito interrotta dall’uomo che terminò la frase lasciata volutamente in sospeso in precedenza. Atteggiamento che confermò ogni presentimento avuto da quando era salito in auto con lui.
Floyd non era uno stupido e nonostante l’ambiguità aveva inquadrato il soggetto. E non gli piaceva. Per niente. Era bello da morire ma tutto si limitava solo al fattore estetico.
«Non amotroppoil casino. Ci lavoro in un club e quando sono libero, preferisco trascorrere diversamente le mie serate.» Guardando fuori si accorse con sollievo di aver imboccato la via dove si trovava l’appartamento che ormai divideva con il suo compagno. Le luci erano ancora tutte spente.
«Allora forse sei tu che potresti insegnarmi posti nuovi da frequentare oppure se ti fa sentire a tuo agio, potremmo uscire per una cena. Mi è piaciuto Floyd e non faccio altro che ripensarci. Mi ritrovo a masturbarmi nella doccia ripensando al nostro incontro a tre» disse appoggiando il gomito sul volante e girandosi verso Floyd dopo aver accostato sul ciglio della strada e spento il motore. «Penso a quante cose potremmo fare io e te, da soli. Ho un sacco di toys che potrei usare e guarda» prese la mano di Floyd e se la mise sul suo pene. «Sono già duro solo a parlarne.»
«Adesso basta» Floyd ritirò di scatto la mano ma Drew lo prese per la nuca e lo baciò con impeto. La pazienza di Floyd scomparve. Ma chi cazzo si credeva di essere quel tipo? Gli morse illabbroobbligando Drew a staccarsi dalui. «Non ti azzardare mai più» gli intimò Floyd. «Sono una persona molto schietta che non ama i giri di parole quindi sarò diretto. Ho una vita meravigliosa con il mio compagno e ci tengo a precisare sotto ogni profilo. Non ho bisogno di nessuno che non sia lui. Ci siamo divertiti l’altra sera ma la cosa è finita lì. E soprattutto, è stata un’esperienza che volevamo condividere io e lui. Divisi non si fa niente» aprì lo sportello e uscì. «Credo tu debba tornare...» Floyd non fece in tempo a finire la frase che una furia vestita di scuro, colpì con violenza lo sportello dell’auto dalla parte del guidatore.
«Che cazzo credi di fare, stronzo» ringhiò un Tom incazzato verso l’ex amico. «Non ti azzardare a toccarlo di nuovo o ad avvicinarti a lui, altrimenti ti ammazzo a mani nude» disse colpendo con un calcio la portiera già ammaccata.
«Voi siete due pazzi». Drew alzò la voce e si affrettò a mettere in moto e allontanarsi in velocità.
«Tom...» la voce di Floyd risvegliò Tom da quel momento d'ira.
«Non qui, Floyd» disse ancora arrabbiato. «Ne parleremo a casa» e s’incamminò verso l'appartamento.
The Joint
© 2019 Silvia Carbone e Michela Marrucci