Passione sotto la neve
di CAITLIN CREWS
Lucy Qaderi ha sposato suo marito perché lo amava. Non perché era il cugino del futuro regnante di Alakkul, né perché era ricco, ma perché Rafi Qaderi le infiammava i sensi come nessuno. Però Rafi non crede al suo amore, perciò Lucy lo fa andare nel palazzo reale di Alakkul per dirgli una volta per tutte che intende lasciarlo… Tuttavia il destino ci mette lo zampino, e una tormenta di neve li blocca, mettendo alla prova la determinazione di Lucy e dimostrando tutta la potenza della loro passione. E’ stata quella passione a unirli, ma dopo tanto dolore, sensi di colpa e accuse, sarà sufficiente per farli rimanere insieme per sempre? |
Più tardi quella stessa sera Lucy si sistemò nel salottino adiacente alla camera da letto padronale, sforzandosi di riprendere il controllo dei nervi. Si disse che doveva solo superare quell’unica notte, poi l’indomani mattina avrebbe preso quell’aereo e si sarebbe lasciata alle spalle quel doloroso capitolo della sua vita. Non vedeva l’ora. Si rannicchiò sul suo divanetto preferito e lasciò libero sfogo ai pensieri, guardando il cielo nero fuori dalla finestra.
Rafi era suo marito e il suo immenso potere era innegabile, però non era il dio che un tempo aveva creduto. Neanche un po’. Se voleva lasciarlo e divorziare – e lo voleva veramente, si disse con fermezza – allora l’avrebbe fatto, e basta. Rafi non poteva comandarla. Non poteva…
«Cos’è questa, una ritirata strategica?» l’apostrofò in tono secco, ironico.
Lucy s’irrigidì. Si girò a guardarlo mentre Rafi entrava con quella sua andatura sicura, da pantera. Aveva fatto la doccia e si era cambiato; odorava del suo sapone profumato preferito e aveva i capelli neri lucenti. Al posto del completo impeccabile indossava pantaloni scuri e una semplice maglietta a maniche lunghe che valorizzava il suo fisico atletico. Era l’uomo più bello che Lucy avesse mai visto.
Improvvisamente ricordò la sera in cui si erano conosciuti. Sostituiva un’amica nel locale notturno di Manchester in cui lavorava, ed era stanca morta. Sì, aveva sorriso e flirtato meccanicamente con i clienti, ma contava i minuti che mancavano alla chiusura. Non l’aveva visto entrare; aveva solo notato un gruppo di nuovi arrivati a uno dei suoi tavoli. Erano dei pezzi grossi di qualche società, a giudicarli a prima vista, e si era stampata in faccia il suo sorriso più smagliante.
Rafi era mollemente seduto sulla panca imbottita, con indolenza noncurante, quasi regale. Aveva notato subito la sua sicurezza. Poi lui aveva alzato lo sguardo su di lei, e il mondo si era fermato. Era sparito tutto – il brusio di sottofondo, la musica, il chiasso che facevano i suoi amici. Esisteva solo lo sguardo fisso dei suoi occhi tenebrosi, e l’espressione vagamente stordita sul suo viso virile e bellissimo quando si erano guardati negli occhi. E una pulsazione affrettata che le martellava nelle vene, insistente. Nella gola. Tra le gambe.
Gli aveva chiesto che cosa voleva ordinare da bere e aveva perso la testa lì per lì.
E ora non era cambiato niente, si rese conto Lucy, impotente. Staccò a forza lo sguardo dal corpo di Rafi, rammaricandosi del fatto che il suo corpo invece reagiva con prontezza alla sua vicinanza, istintivamente. Come se non fosse successo niente tra loro. Come se non importasse nulla.
«È quasi Natale» disse invece di rispondergli. Si strinse addosso la stola e guardò fuori dalla finestra invece di guardare lui. «Manca solo qualche giorno.»
«È quello che succede generalmente in questo periodo dell’anno» replicò lui, sarcastico, anche se Lucy si disse che forse la sua voce era meno gelida di prima. «È inevitabile, a quanto pare.»
Lucy avvertì il suo tono di scherno e pensò, e non per la prima volta, che in effetti conosceva poco quell’uomo che le aveva cambiato la vita. Non avrebbe dovuto farla sentire incerta e fuori posto, eppure era così.
«Io adoro il Natale» disse sottovoce. Anche senza guardarlo, avvertì la sua vicinanza quando si sedette sulla poltrona accanto al divano e poi stese le lunghe gambe che Lucy non poteva ignorare, pur continuando a tenere gli occhi fissi in grembo. «Quando ero bambina non c’erano soldi per i regali, così la mattina di Natale mia madre ci raccontava delle storie come dono. Ci diceva che da grandi saremmo state delle principesse, non avremmo più sentito freddo, e avremmo mangiato tutto quello che volevamo in un palazzo dorato, inondato dai raggi del sole e pieno di risate.» Gli sorrise. «Quella era la parte del Natale che preferivo. Anche quando poi ricevevo dei regali, preferivo le storie. Mi stendevo davanti al fuoco e immaginavo che un giorno si sarebbero realizzati quei sogni.»
Chissà perché gliel’aveva detto. Ormai avrebbe dovuto sapere che lui non era affatto come lei voleva, e non capiva perché insistesse a voler mettere alla prova quella teoria. Non andava mai a finire bene.
«Be’, la tua storia è diventata realtà, no?» osservò lui dopo qualche istante, con una nota strana nella voce. Lucy alzò lo sguardo e fu catturata dai suoi occhi scuri. Trattenne il fiato, mentre Rafi muoveva la mano ad ab-bracciare la stanza, i quadri alle pareti, l’arredamento sfarzoso. Ma poi la sua bocca crudele si storse in una smorfia che Lucy conosceva sin troppo bene, e quel po’ di calore che aveva cominciato a provare scomparve. «Sei molto ambiziosa e intraprendente.»
«Assolutamente no» ribatté Lucy irrigidendosi per reazione alla sua insinuazione aspra, e incrociando il suo sguardo come se Rafi non avesse il potere di ferirla, quando invece sapevano entrambi che non era così. Ma che cos’altro le rimaneva? Che cosa poteva fare? «Nelle storie che mi raccontava mia madre, il bell’uomo che mi portava via dalla mia vita precedente era buono.»
Un bagliore accese i suoi occhi grigio scuro, ma Lucy non distolse lo sguardo. Le sembrava che fossero passate ore. Giorni. Eppure, lui continuava a fissarla come se potesse guardarle fino in fondo all’anima, nei suoi angoli più oscuri e segreti. E Lucy aveva paura di quello che poteva scorgervi.
Irrequieta e anche invasa da un’emozione che aveva paura di definire, si alzò e si allontanò da lui. Aveva bi-sogno di prendere le distanze. Era più prudente. Si avvicinò al fuoco che crepitava invitante nel caminetto, assaporando il calore delle fiamme sulla pelle. Era meglio farsi scottare dal fuoco che da Rafi. Quelle erano bruciature che guarivano. I danni inferti da Rafi duravano per sempre.
«Non ti capisco» disse lui, pacato, con quel gelo che la trafisse e le fece tremare le gambe. «Reciti benissimo la parte della vittima, ma sappiamo che non lo sei. Eppure, non smetti mai di fingere, neppure quando siamo soli.»
Era troppo. Quell’aggressione continua. Perché aveva pensato che chiamarlo lì fosse meglio che sopravvivere all’insulto protratto della sua assenza? Ma come le era venuto in mente?
Si girò verso di lui, furente per una collera che cresceva sempre di più.
«Che cosa vuoi da me, Rafi?» lo implorò, mettendo da parte l’orgoglio e la vergogna. Lo scrutò allargando le mani in segno di supplica. «Per quanto tempo intendi punirmi? Non sono rimasta incinta da sola, no?»
Fu allora che lui si alzò, con gli occhi gelidi, le labbra strette in una linea dura. Le parve di vederlo impallidire.
«Osi ributtarmi in faccia quella bugia?» ribatté Rafi, ma senza alzare la voce. «Ora? Dopo essere stata smascherata?»
«Smascherata?» Lucy scosse la testa, fremente d’ira e con il cuore in gola. Aveva la nausea. «È così che lo definisci?»
«Preferirei dire incastrata» ringhiò Rafi, avanzando verso di lei. Incombeva su di lei, con gli occhi che erano diventati neri. Minacciosi. «L’annuncio della tua presunta gravidanza, a cui potevo rispondere in un solo modo, essendo un uomo d’onore. Seguito da un presunto aborto spontaneo, avvenuto con perfetto tempismo un mese dopo le nozze. E tutto ciò dopo che avevo proclamato la tua innocenza e la tua innata bontà a tutta la nazione. Mi prendi proprio per scemo, Lucy?»
Lei lo fissò con orrore.
«È questo che pensi di me?» gli chiese, sbigottita. Inorridita.
«È esattamente quello che sei» replicò lui.
Significava che lui era molto meno sciocco di lei, pensò Lucy, con una stretta allo stomaco. Ora si spiegava perché la trattava in quel modo da mesi. La disprezzava. La riteneva una donna infima.
E lei era la stupida che lo amava ancora.