Sei già registrato? Entra nella tua area personale

Vicini di casa, vicini di cuore

di CAROL MARINELLI

Celeste: Il mio nuovo vicino di casa è davvero affascinante e oltretutto lavoriamo nello stesso posto. Ma adesso ho altro a cui pensare, devo assolutamente concentrarmi sulla mia vita. Forse Ben può rivelarsi un piacevole diversivo.
Ben: Un altro anno, un nuovo inizio, quello che mi ci vuole per dimenticare. Allora perché mi sento così nervoso? Forse sono solo agitato per il mio primo giorno di lavoro. E poi, ci mancava pure la strana attrazione che provo per Celeste. Possibile che uno come me abbia voglia di una relazione stabile?

Epilogo

Mai, nemmeno una volta lei fu sfiorata dal dubbio. Nemmeno per un attimo.

    Nonostante le previsioni drammatiche di sua ma­dre, nemmeno per una volta ebbe il dubbio che quan­do sa­rebbe nato il loro bambino Ben avrebbe cam­bia­to at­teggiamento nei confronti di Willow. Perché Willow era parte integrante della famiglia e senza di lei non ci sarebbe stata la loro famiglia.

    «Non manca molto ormai» osservò Ben strin­gen­dole una spalla; Celeste era sdraiata sul lettino della sala operatoria.

    Tra tutti e due avevano sperimentato tre gra­vi­dan­ze, tutte diverse tra loro, ma questa era stata proprio da manuale, a parte il suo imponente aumento di pe­so, ed era andata benissimo fino all'ultimo momento, ma quelle lunghe ore di travaglio l'avevano ve­ra­men­te stremata.

    Aveva lavorato part time fino al settimo mese e a­veva riferito a Ben tutti i suoi mal di schiena e si era lamentata per le caviglie sempre un po' gonfie, ma a­veva parlato soltanto con il ginecologo e non con lui quando aveva avuto un attacco fortissimo di e­mi­cra­nia.

    Ben era stato tenero e premuroso, erano stati allegri e si erano rassicurati a vicenda che tutto sarebbe an­dato bene.

    «Ho paura...» mormorò Celeste. Non l'avevano nemmeno sedata e non le avevano dato neanche un qualsiasi farmaco per alleviarle i dolori. Bel trat­ta­mento per la moglie di un medico! Un'epidurale non le avrebbe certo fatto grossi danni, ma almeno sa­reb­be stata un po' meno male.

    «No» le avevano risposto, «non possiamo sapere cosa succederà.»

    Niente, ormai era in ballo e doveva ballare: non c'erano alternative, quel bambino doveva nascere.

    «Ma io voglio solo un piccolo aiuto!» gemette.

    «Per ora non ne hai bisogno» la rassicurò Ben.

    E lei era preoccupata per loro, preoccupata per il bambino che stava nascendo.

    «Ho paura, Ben!» ripeté per l'ennesima volta.

    «Lo so.» Anche i suoi occhi verdi luccicavano in maniera sospetta. «Ricordati com'era Willow quando è nata, così floscia e debole e come è stata male nelle primissime settimane.»

    «È vero... e guardala adesso!»

    Celeste sentì finalmente la puntura di un'iniezione e poi capì che le stavano praticando un'incisione. Il ginecologo le aveva spiegato che erano stati costretti a ricorrere al cesareo per via delle dimensioni del bambino, ma lei guardava solo Ben. Poi sentì il gor­goglio del liquido amniotico che veniva risucchiato e si irrigidì, paralizzata dalla paura.

    «Potrò mai amarlo come Willow?» chiese a Ben.

    «Aspetta e vedrai.»

    Era un maschietto. Un piccolo, paffuto gigante che le sollevarono al di là della tendina, col naso schiac­ciato e la fronte corrugata che urlava e scalciava mentre lo portavano alla piccola culla pronta per lui.

    «Non c'è da stupirsi che sia stato necessario un ce­sareo» riuscì a scherzare Celeste prima di mettersi a piangere per la commozione.

    Poi Ben andò a vedere suo figlio, e impresse le im­pronte dei suoi piedini sulla sua maglietta per mo­strarle a Celeste. «Questo per darti l'idea delle sue di­mensioni!»

    «Ora capirai perché mi lamentavo quando scal­cia­va?»

    Glielo portarono tutto infagottato e riuscì a ma­la­pe­na a dargli un bacino senza poterlo nemmeno toccare. C'era troppa gente intorno al letto e lei dovette ri­man­dare il pianto liberatorio che le serrava la gola.

    Un attimo dopo tutto diventò confuso: le su­tu­ra­ro­no la ferita, le diedero degli ulteriori farmaci, e vide come in sogno sua madre e quella di Ben in piedi ac­canto al letto che si asciugavano gli occhi.

    Parecchio più tardi si svegliò e vide Ben che at­tra­verso i vetri della finestra mostrava la luna a una pic­cola peste di un anno per lasciare a lei il piacere di guardare finalmente il loro nuovo bambino.

    Era così tenero, anche se era un bambino molto grosso, ma era così piccino e bello e grinzoso e una volta di più lei si chiese se sarebbe stata in grado di accudirlo. «Ashley» mormorò, ma era troppo de­bo­le per sollevarlo dalla culla e Ben dovette aiutarla.

    «Significa dalle polveri» gli spiegò Celeste, «ho controllato.»

    «Ci avrei scommesso!»

    «Bimbo!» balbettò Willow dimenticando per un at­timo di essere stanchissima. Riuscì a svegliare il fra­tellino esibendo le sue doti canore che, se possibile, erano ancora aumentate. «Bimbo! Bimbo! Bimbo!» continuava a gridare saltando sul letto e av­vi­ci­nan­do­si in modo pericoloso alla ferita di sua madre. Poi sommerse il fratellino di baci appiccicosi e li distribuì equamente anche tra Ben e Celeste.

    «Ora la porto a casa» disse Ben, poi vide i suoi oc­chi pieni di lacrime e capì. Capiva sempre quando Celeste aveva bisogno di lui e quando aveva bisogno di restare un po' da sola.

    Entrarono le ostetriche a congratularsi e Celeste ca­pì quanto aveva bisogno dei loro saggi consigli. E poi quella notte avrebbe dovuto fare la conoscenza con Ashley. Ben lo capiva benissimo e si allontanò in si­lenzio stringendo la mano della piccola Willow.

    «Su, schiaccia il bottone» Ben incoraggiava la bambina e diresse la sua piccola mano su quello con la G, ma qualcosa non funzionò perché si trovarono sul tet­to. «Sei imprevedibile come tua madre» scher­zò lui.

    «Papi!» Aveva imparato da poco anche questa pa­rola e passò il tempo in macchina a ripeterla. «Papi! Papi! Papi!» Non c'erano dubbi: lui era suo padre e sarebbe sempre stato così. A casa le preparò il latte, la mise nel lettino, e azionò la giostrina per farla ad­dormentare. Poi incominciò a telefonare ai parenti e cancellò il messaggio che aveva preparato per Celeste perché non voleva disturbarla.

           Dopo aver finito il giro delle telefonate controllò di nuovo Willow e decise di mandarle lo stesso il mes­saggino alla moglie. Willow dorme, dai un bacio ad Ash, ti amo.

 

            Celeste lo ricevette mentre tentava di allattare un bimbo affamato e furioso che le mordeva do­lo­ro­sa­mente i capezzoli. In quel momento un'ostetrica le passò il cellulare. Celeste lesse il messaggio ma non rispose, si sporse e baciò la fronte del neonato af­fa­mato con le sue labbra dolci e gli accarezzò il visetto grinzoso. Quando Ash l'annusò come un cucciolo si sentì sciogliere. Sentì il peso del suo nuovo bimbo tra le braccia e la scintilla scoccò. Ora era certa che ce l'avrebbe fatta.

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
< Vai a Capitolo 13