Il ritratto del duca
di ANNA SCHMIDT
Dopo la perdita del patrimonio di famiglia e la rottura del fidanzamento senza amore con un magnate di affari di Boston, Jeanne Witherspoon è fuggita a Parigi per dipingere e frequentare solo anime a lei affini. Quando fa la conoscenza di un duca inglese che condivide il suo amore per l’arte le basta avere la sua amicizia, nonostante sia sempre più attratta da lui. Ma un tragico segreto ha seguito il duca August Groton-Hames fino a Parigi, e i pettegolezzi si diffondono a macchia d’olio quando commissiona il proprio ritratto a Jeanne. E’ possibile che le sue intenzioni nei confronti di Jeanne non siano del tutto onorevoli? |
«Vuoi veramente suggerirmi di far pagare gli schizzi al duca, Yves?» Erano nel suo salone, e Yves era intento a drappeggiare un tessuto di pesante broccato intorno a un manichino. «Che figura farei?»
«Quella di una persona che conosce il vero valore del proprio talento.»
«Sicuramente per misurarlo ci saranno modi meno…»
«Rozzi?» Yves scrollò le spalle. «Può darsi.» Armeggiò con la stoffa rigida, poi la buttò da un lato. «Chérie, hai un dono, che ora ha attirato l’attenzione di uno dei più noti collezionisti d’arte d’Europa. Non capisci che cosa potrebbe significare per il tuo futuro? Per il tuo patrimonio?»
«Dubito che con un paio di schizzi a carboncino…»
«Gli schizzi sono solo un mezzo per raggiungere un fine. Sarà il ritratto a decretare la tua reputazione. Se il duca sarà contento, arriveranno di corsa altri a sgomitare per farsi dipingere il ritratto dalla stessa pittrice del duca. Guadagnerai molto, di sicuro abbastanza per diventare indipendente nel prossimo futuro.»
Jeanne era tentata ma, malgrado le apparenze, era molto religiosa e anche la minima tentazione metteva in crisi la sua coscienza.
«I tempi stanno cambiando, ma chérie. Oggigiorno molte donne si fanno una posizione e costruiscono il proprio capitale, che sia ereditato o guadagnato, e sfruttano quei fondi per il bene comune.»
Jeanne palpò il broccato di seta, assorta nei pensieri. «Sarebbe bello dare, invece di ricevere sempre» azzardò. «Pensi davvero che potrei avere una carriera dipingendo ritratti?»
Yves si strinse nelle spalle. «Chiediti quale sarebbe la cosa peggiore che può succedere. Che al duca non piacciano gli schizzi e decida di non farsi fare il ritratto da te? Che cos’hai da perdere in tal caso?»
«Niente, ma…»
«E se invece gli schizzi gli piacciono e ti affida l’incarico, voilà! Il tuo futuro è già tracciato.»
Jeanne sorrise al pensiero dei possibili risultati. «Oh, Yves, ho sempre creduto che Dio mi avesse portato a Parigi per uno scopo preciso. Forse è questo?»
«Non puoi saperlo se non ci provi.»
Jeanne prese il blocco da disegno e salutò l’amico poi uscì dal salone. In strada schivò carretti e carrozze, attraversando la trafficata Rue Royale per tornare nella stanzetta che aveva affittato, scelta soprattutto per la luce e il balconcino.
«Devo lavorare» si ripeté più volte mentre saliva di corsa le tre rampe di scale. Entrò nella sua stanza, sgombrò il tavolino e rovesciò tutto sul letto sfatto, poi lo avvicinò alla finestra.
Avrebbe cominciato cercando di disegnare il duca a memoria. Le sue dita volavano sul blocco da disegno. A volte premeva il carboncino tanto forte da sbriciolarlo, allora buttava via i pezzi e frugava nel sacchetto di tela per prenderne un altro.
La prima cosa che le venne furono i suoi occhi. Con quell’incredibile tristezza che vi aleggiava anche quando il duca sorrideva. Con ampi tratti disegnò la fronte, poi le sopracciglia scure che gli riparavano gli occhi. E infine gli occhi infossati, penetranti, ombreggiati dalle ciglia.
Riempì foglio dopo foglio con i suoi tentativi di catturare quella parte espressiva e particolare del suo viso. La luce si affievolì allo scendere del crepuscolo. La strada sottostante si acquietò e il traffico si ridusse a qualche rara carrozza di passaggio. E Jeanne continuò a lavorare al buio, alla cieca, accompagnando ogni tratto del carboncino con la preghiera di essere veramente tanto dotata da riuscire nell’opera. In modo che il duca potesse considerare degno il suo lavoro.