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Dolce vendetta

di CATHERINE MANN

Quando il capo della sicurezza, Javier Cortez, sale a bordo del jet privato dei Medina, l'ultima persona che si aspetta di incontrare è la sua ex amante, Victoria Palmer. La loro relazione era stata appassionata e devastante... fino a quando, un anno prima, lui aveva fatto la sola cosa che lei non avrebbe mai potuto perdonare. Perché si trova lì adesso, allora? Javier non ama le sorprese, ma si rende conto che questa è l'occasione perfetta per stare con lei da solo, e per farla di nuovo sua. Per sempre.

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Javier Cortez entrò nel jet privato con la stessa indifferenza con cui era uscito dalla vita di Victoria Palmer un anno prima.

Vedendolo, Victoria afferrò i braccioli della poltrona, le unghie conficcate nella pelle morbida. Se almeno ci fossero stati altri passeggeri, in quel velivolo di lusso... O se il pilota non fosse stato dietro la porta chiusa della cabina.

Meglio ancora: se solo avesse ricevuto qualche avvisaglia che anche Javier sarebbe stato su quel volo!

Ma lui l'aveva colta di sorpresa e impreparata. Lei aveva un immenso bisogno di spiegare tutte le sue difese contro quell'uomo.

Javier la scorse e i suoi occhi indugiarono su di lei, l'espressione enigmatica e intelligibile come sempre. Non era tipo da mostrare le proprie emozioni.

Tranne quando faceva l'amore.

Lei seguì con gli occhi il suo ex amante mentre si avvicinava.

Che cosa faceva su quel volo? Perché era ancora a Boston, anziché al Martha's Vineyard Resort?

Victoria aveva preso accordi per lavorare come infermiera privata per lo zio di Javier, sull'isola privata che la famiglia reale possedeva al largo della Florida. Era il posto che aveva occupato quando aveva incontrato Javier più di anno addietro. Questa volta aveva accettato di lavorare per il vecchio zio solo per una settimana, rifiutandosi di tornare stabilmente in quella famiglia. Ma l'uomo le aveva offerto una somma ingente, e lei non poteva permettersi di rifiutare. Aveva bisogno di quei soldi per pagare l'avvocato del fratello.

Javier passò la valigetta da una mano all'altra, posando poi la borsa con il monogramma inciso vicino alla poltrona. I muscoli scolpiti guizzarono sotto l'abito di vigogna. Lei ricordava ancora la sensazione di quel tessuto pregiato sotto le dita quando gli aveva strappato via gli abiti.

Sembrava che non riuscisse a distogliere lo sguardo da lui. I suoi capelli neri come il carbone ricadevano sulla fronte ampia. I suoi tratti decisi rivelavano il retaggio nobiliare. Javier Cortez aveva davvero il sangue reale dei Medina nelle vene. Suo zio aveva regnato su una piccola isola al largo della Spagna fino al colpo di stato avvenuto venticinque anni prima.

I Medina e i Cortez, loro parenti, avevano vissuto nell'anonimato fino a quando, di recente, la stampa aveva rivelato il loro lignaggio reale.

Non che lei fosse interessata al loro sangue blu. Non allora e non adesso. Si era interessata soltanto all'uomo. I pettegolezzi rivelati dalla stampa sulla sua famiglia avevano lasciato segni di preoccupazione agli angoli degli occhi di Javier, anche se lui non avrebbe mai ammesso la propria vulnerabilità.

La sua famiglia poteva essersi trasferita in America, ma la sua regale eredità castigliana non poteva essere negata. E il suo naturale magnetismo non poteva essere dimenticato.

Un brivido di consapevolezza mescolata a desiderio le percorse la spina dorsale. Come avrebbe riuscita a mantenere una distanza di sicurezza, mentre raggiungevano la Florida?

Le si seccò la bocca quando lui si fermò vicino. L'aroma speziato del suo sapone al rum si diffuse nell'aria condizionata del velivolo. «Come mai qui?» domandò lui secco.

«Ti ricordi di me?» Non poté resistere dalla tentazione di apostrofarlo lei, visto il suo imperturbabile aplomb.

«Non essere ridicola.» Fece un cenno con la mano. «E non essere evasiva. Perché sei qui?»

La rabbia ribollì.

«Io vivo a Boston. Piuttosto, io dovrei chiedere a te che cosa fai qui.»

«Questo è un jet privato dei Medina. E tu, Victoria Palmer, non sei una Medina.»

«Ma sono di nuovo sul libro paga dei Medina. Tuo zio mi ha assunto come infermiera privata. In occasione della visita dei suoi figli, vuole essere al meglio.»

Enrique Medina stava lentamente morendo a causa dell'insufficienza epatica dovuta alle ferite riportate durante la fuga dai ribelli che l'avevano scacciato dalla sua patria di San Rinaldo, tanti anni prima. Il re deposto ora viveva in esilio su un'isola al largo della Florida, dove lei l'aveva assistito la prima volta. E dove lei e Javier avevano iniziato la loro relazione.

Parente dei Medina, Javier lavorava per il figlio di Enrique presso il Martha's Vineyard, come capo della sicurezza del prestigioso resort. Un anno prima, si era trovato sull'isola per verificare la sicurezza della proprietà dello zio.

Dopo aver dato una sola occhiata al meditabondo Javier, Victoria si era innamorata di lui. Aveva anche cambiato lavoro per vivergli vicino. La loro era stata infuocata, e lei aveva lasciato che l'attrazione sessuale le impedisse di vedere quanto fossero inadatti l'uno all'altro. Quanto dispotico e arrogante potesse essere quell'uomo.

In quattro mesi, le aveva spezzato il cuore e aveva distrutto la sua famiglia. No, non sarebbe impazzita di nuovo per lui. «Dovresti sederti, così potremo decollare» gli disse freddamente.

Mise il suo libro nella poltrona vicino a sé, sperando che cogliesse il messaggio e la lasciasse sola.

L'aroma del suo sapone la intossicò ancora di più quando lui si sedette di fronte, le ginocchia che quasi sfregavano le sue.

Agganciò la cintura di sicurezza senza smettere di guardarla. «Perché non sono stato avvertito del tuo arrivo?»

Un sorriso secco piegò le sue labbra. «Forse tuo zio non voleva sentire le tue rimostranze riguardo la mia presenza.»

Un sopracciglio si sollevò con arroganza. «Mi ha chiesto di supervisionare la sua sicurezza. Questo significa che devo essere al corrente di chiunque vada e venga dall'isola. Quello che io provo o meno non ha alcuna importanza.»

Bene, l'aveva appena messa al suo posto. La rabbia risuonò nel suo petto. Rabbia. Non attrazione, soprattutto dal momento che lui aveva appena messo in chiaro che non gli importava nulla di lei.

«Bene, adesso lo sai. Sto andando all'isola.» Si mise gli auricolari della musica e aprì il libro.

E soppresse un gemito quando realizzò che il segnalibro era inserito proprio nella pagina di una scena d'amore particolarmente audace.

***

Javier odiava le improvvisate. Aveva sperimentato in prima persona che cosa significava essere colto di sorpresa e impreparato, scacciato dalla sua patria quando era ancora un ragazzino, inseguito dai ribelli che avevano ucciso i suoi nonni e sua zia.

Sprofondato nella sua poltrona mentre l'aereo saliva d'altitudine, studiò la sua ex amante che leggeva un romanzo; o, forse, fingeva di farlo, dato che girava le pagine in modo sospetto. Gli piaceva tenere tutto sotto controllo, e Victoria Palmer era una bella scossa per il suo sistema. Colpiva i suoi istinti e distoglieva la sua attenzione.

Era ancora sexy come allora. Non avrebbe potuto alzarsi senza rivelare quanto ancora gli faceva effetto. I suoi capelli biondi erano raccolti in una morbida coda angolata su una spalla. Sarebbe stato facile allungarsi e sciogliere il nastro per spargere quei fili di seta tutto intorno a lei.

Il suo petto si sollevava veloce, i seni pieni che premevano contro la camicetta di cotone bianca. Appariva elegante anche nel completo blusa e pantaloni kaki che rappresentavano una sorta di uniforme. L'anno trascorso non aveva oscurato di un watt l'attrazione che esercitava su di lui.

Anzi, l'astinenza aveva reso ancora più feroce la fame che lo divorava. Nel disperato tentativo di recuperare l'equilibrio, cercò un argomento che mettesse un freno all'alchimia tra loro, così bruciante da generare una combustione in volo. Parlò a voce alta per farsi udire sopra la musica che lei stava sentendo nelle cuffie. «Come sta tuo fratello?»

I suoi occhi azzurri saettarono dal libro. Si tolse gli auricolari. «Vedo che sei sempre senza cuore. Mio fratello si trova ancora nel riformatorio dove l'hai mandato.»

Suo fratello si era trasferito a vivere con lei quando i suoi genitori non erano più stati in grado di gestirlo. Ma il cambiamento non aveva influito sul comportamento del piccolo delinquente, e le bravate di Timothy avevano finito per sconfinare nel diritto penale. E quando aveva compiuto atti di vandalismo nel resort dei Medina, dove Javier era responsabile della sicurezza, lui non aveva avuto altra scelta che farlo arrestare. Sapeva che era stata la decisione giusta, anche se questo l'aveva reso bersaglio della collera di Victoria. Dio, la trovava così eccitante quando si arrabbiava!

«Tuo fratello si è mandato da solo in riformatorio, fingendo di essere un cameriere in modo da scorrazzare su lussuose auto, per citare solo alcuni dei reati che tu liquidi come scherzi. Io le chiamo attività criminali. E avere persone che lo scusano di certo non lo aiuta.»

«Stai dicendo che è colpa mia se è stato arrestato?» Buttò da parte il libro. «Ho accettato quel lavoro a Boston per stare vicina a te, e adesso sono relegata là per stare vicino a lui in prigione. Cosa pensi di questo?»

«Non importa quello che penso io.» Si strinse nelle spalle con un'indifferenza che non sentiva. In realtà, il sangue gli si raccoglieva a sud mentre lei si piegava in avanti. «Sono qui per portare avanti il mio lavoro, esattamente come te.»

«Lavoro?» Sganciò la cintura di sicurezza, gli occhi che rivelavano la collera. «Comodo, adesso, ricordare il lavoro. E allora ti andrebbe di mantenerci professionali e smetterla di parlare della mia famiglia?»

Lui annuì. Perché aveva voluto provocarla? Non ne era sicuro. In realtà, nominare Timothy lo faceva arrabbiare, con il ricordo di tutti i guai il ragazzo aveva causato a sua sorella; senza dimenticare il pericolo che le aveva procurato. E di quanto era costato a tutti loro.

Victoria si trovava nel centro dell'aereo, e guardava a destra e a sinistra alla ricerca di una via di fuga. Difficile da trovare anche su un jet di lusso. Lui le indicò la parte posteriore. «C'è un letto, se vuoi riposare un po'.»

Un letto? Non era la cosa più intelligente da dire, con l'aria che bruciava in quel modo tra loro.

Gli occhi di lei si spalancarono in una risposta di consapevolezza, giusto mentre l'aereo incappava in una sacca di turbolenza. Lui si sporse per afferrarla, ma lei oscillò verso un sedile, afferrandosi allo schienale di pelle. Il jet sussultò di nuovo, e Victoria perse l'appoggio di un piede.

Atterrando proprio addosso a lui.

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