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Dolce vendetta

di CATHERINE MANN

Quando il capo della sicurezza, Javier Cortez, sale a bordo del jet privato dei Medina, l'ultima persona che si aspetta di incontrare è la sua ex amante, Victoria Palmer. La loro relazione era stata appassionata e devastante... fino a quando, un anno prima, lui aveva fatto la sola cosa che lei non avrebbe mai potuto perdonare. Perché si trova lì adesso, allora? Javier non ama le sorprese, ma si rende conto che questa è l'occasione perfetta per stare con lei da solo, e per farla di nuovo sua. Per sempre.

8

Victoria rimandò indietro le lacrime per tutto il viaggio verso il palazzo dei Medina. Dolore, rabbia e tradimento si agitavano in lei quando giunse dinanzi alla massiccia porta d'ingresso. Come aveva potuto Javier tenerle nascosto qualcosa di così importante per lei? Come poteva essere accaduto che suo fratello si fosse lasciato trascinare in amicizie così pericolose senza che lei ne avesse almeno un sentore?

Le girava talmente la testa che si accorse a malapena del paesaggio sontuoso, il palazzo in stile spagnolo che aveva visto per la prima volta l'anno prima. Riusciva a pensare soltanto all'uomo impassibile in piedi dietro di lei. Come poteva anche solo prendere in considerazione la possibilità di riprendere la loro relazione quando lui era lontano come sempre? Tuttavia, rendersi conto di quanto sarebbe stato arduo staccarsi da lui una seconda volta, faceva bruciare ancora di più le lacrime dietro le palpebre. Prima che potesse tornare a vedere chiaramente, il maggiordomo li invitò ad andare nella veranda, dove il re li stava aspettando. Si incamminò con Javier sul sentiero nel parco interno, oltre la piscina. Il profumo degli alberi d'arancio carichi di frutti impregnava l'aria. Superarono delle guardie armate e si trovarono davanti Enrique Medina. Nella sedia a rotelle sembrava ancora più magro, grigio e stanco. A dispetto del pallore e della magrezza, però, l'espressione del suo viso era ancora regale. Il naso aristocratico e la mascella cesellata parlavano di una dinastia di guerrieri. E anche se la vestaglia blu con i risvolti di seta verde smeraldo non era l'abito di un re all'apice del suo potere, il tessuto ricco e le pantofole in pelle riflettevano la sua ricchezza. Enrique salutò entrambi con un cenno regale, poi si rivolse al nipote. «Javier, puoi andare sulla spiaggia un momento?» Era un ordine più che una domanda, l'accento spagnolo marcato come lo ricordava. «Vorrei parlare in privato con Victoria. Ci rivediamo sicuramente più tardi, non temere.»

Javier sollevò un sopracciglio, prima di allontanarsi verso la spiaggia lasciandola sola con il re. Victoria non poté non notare come fosse pronto a mettersi in disparte, dopo la sua richiesta di non parlare del fratello. Lei aveva bisogno di tempo e, dal modo in cui Javier aveva accettato l'invito del re senza discutere, capì che glielo stava concedendo. Sentendosi addosso la brezza marina, avanzò, valutando la salute di Enrique in modo professionale. Non aveva ancora avuto il rapporto della precedente infermiera, ma il mosaico di vene prominenti sul dorso delle mani le rivelarono che la somministrazione dei farmaci era continua. «Come si sente, signore?» «Ti ostini ancora a non volermi chiamare Enrico, noto.» Il suo corpo poteva essere debole, ma la voce richiamava ancora l'attenzione al di sopra del frangersi delle onde contro la spiaggia. «Grazie per aver accettato di venire.»

Lei si sforzò di mantenere la propria attenzione sul vecchio piuttosto che sull'uomo che camminava sulla spiaggia. «Sono davvero dispiaciuta che lei abbia ancora bisogno delle cure di un'infermiera.»

Lui annuì alla simpatia trasmessa dalle sue parole. «Tu e Javier l'avete fatto?»

Il suo sguardo si spostò da un uomo all'altro. «Prego?»

«Siete stati insieme per l'intero viaggio e per tutta la notte scorsa? Speravo di cuore che tutti e due interrompeste la vostra pazzia e riprendeste la vostra relazione.»

Un sospetto le attraversò la mente. «Mi ha fatto convocare qui solo per farmi incontrare con Javier?»

Lui sollevò un sopracciglio grigio. «Anche se non ho potuto organizzare la tempesta... Hmm, sì, ho combinato le cose in modo che foste sullo stesso volo. Sto per esaurire la mia possibilità di vedere mio nipote sistemato. Dovevo tentare qualcosa.»

L'indignazione la fece irrigidire. Ne aveva abbastanza di quella famiglia che manovrava la sua vita senza consultarla. «Che cosa le ha fatto pensare che fosse compito suo farlo, signore?»

Afferrandosi ai braccioli della sedia alle rotelle, il re si sedette più eretto. «Perché sono stato a mia volta giovane e un po' folle. Pensavo di poter stare per sempre con la donna che amavo.» La studiò con gli occhi scuri che le ricordavano il nipote. «Siediti e smetterla di vedermi come un nemico, per favore.» Il suo tono autoritario gli costava più di quanto accadeva l'anno passato, ma lei lesse la genuina preoccupazione nei suoi occhi. Il vecchio re stava morendo e voleva assicurarsi che le persone che più amava fossero felici.

Lentamente, si mise a sedere di fronte a lui. «Va bene, la ascolto.»

«Grazie. Se tu e Javier provate sentimenti veri e profondi uno per l'altro, allora non ho fatto nulla di più che darvi la possibilità di riflettere sulla vostra passata relazione.»

Gli occhi di lei si volsero verso Javier che stava sulla spiaggia con le mani in tasca, alto e bello contro il sole nascente.

«Sì, provo dei sentimenti sinceri per lui.» Lo amava, in realtà. Dio, quanto lo amava! Così profondamente che l'anno appena passato era stato un vero tormento.

«Lui si preoccupa per la tua sicurezza, lo sai. E a ragione.»

«Mio fratello...»

«No, aspetta... Javier è iperprotettivo a causa del modo in cui è stato costretto a crescere, guardandosi sempre alle spalle. La nostra famiglia è dovuta scappare, obbligata a stare in esilio e in incognito per tempo immemorabile. Non è facile accantonare quelle paure solo perché adesso il mondo conosce il nostro segreto.»

All'improvviso, le immagini di Javier che assumeva il ruolo di esca per salvare i Medina le tornarono alla mente. Aveva messo in pericolo se stesso per la sicurezza della famiglia. Difficilmente avrebbe potuto accusarlo di non curarsi delle persone che gli stavano vicino. Si rammaricò delle accuse che gli aveva rivolto. Il suo cuore si strinse per il ragazzino che Javier era stato, per il modo quasi violento in cui il passato aveva segnato l'uomo che era diventato. «E io... come posso oltrepassare quei muri che ha costruito intorno a se stesso?»

Enrico le batté delicatamente le dita sul braccio. «Sii tenace con lui, mia cara! Proprio come sei tenace quando si tratta di tuo fratello.»

Le sue parole le sciolsero qualcosa dentro, facendole inquadrare nella giusta luce il suo rapporto con Javier. Aveva lottato per suo fratello, era disposta a perdonarlo per tutto, anche per il suo comportamento criminale. Ma non aveva lottato per la sua relazione con Javier, l'uomo che l'aveva supportata così tanto nei confronti della sua famiglia. Per tanto tempo aveva potuto contare solo su se stessa: i suoi genitori l'avevano abbandonata, come avevano abbandonato suo fratello. E da qualche parte lungo la via aveva dimenticato come fidarsi e come lavorare insieme.

Cercò Javier con gli occhi, l'uomo che le aveva offerto tutto. Sì, forse era venuto il momento di essere coraggiosa, di lottare per lui.

* * *

Javier guardava Victoria che avanzava sulla spiaggia verso di lui, le scarpe in mano, il vento che sollevava ciocche dei suoi capelli biondi facendole fluttuare nell'aria dietro di lei. La voleva da impazzire con sé, per sempre. Non avrebbe mai smesso di provare a convincerla, ma sapeva che la decisione doveva essere sua. Lui si era fatto strada a forza nella vita fino a quel momento, ma non sarebbe stato giusto forzare lei; non avrebbe mai funzionato. Lei gli si fermò accanto, fissando l'oceano.

La guardò, cercando di capire che cosa le stesse passando nella mente. «Che cosa aveva da dirti di così segreto, mio zio?»

Un sorriso piegò le sue labbra piene. «Che ci ha fatto venire qui insieme perché provassimo a risolvere i nostri problemi.»

Non era sorprendente. Il re si comportava ancora come se dovesse proteggerli tutti.

Javier aveva sempre ammirato la saggezza dello zio, la cautela esercitata nel proteggere la propria famiglia. «Lo sospettavo. Far parte di una famiglia reale è un fardello pesante. Mi dispiace davvero, se è stato troppo invadente.»

Lei rise dolcemente. «Solo tu puoi scusarti per essere di stirpe reale...»

«Solo a te non importa un accidente che la mia famiglia sia reale e maledettamente ricca...» Javier non aveva mai dovuto chiedersi se lei fosse interessata a lui in virtù del suo albero genealogico.

«In realtà, sono contenta che tuo zio l'abbia fatto» ammise lei. Adesso sì, che era sorpreso. «Anche se sono ancora lo stesso perfido di un anno fa?»

Lei si girò verso di lui, respingendo i capelli che il vento le buttava sul viso. «Non sei cattivo. Autoritario, a volte, questo sì. Ma sto cominciando a capire che lo fai per il bene degli altri.»

Sebbene non fosse così d'accordo con quella visione così altruistica che aveva di lui, Javier non aveva certo intenzione di accendere una discussione. «Victoria...» La sua voce suonò aspra persino alle sue stesse orecchie. «Ho bisogno di te nella mia vita.» «Anch'io ho bisogno di te nella mia vita.» Fece scivolare la mano nella sua e la strinse. «Credo che la separazione sia stata dura per te come per me. L'anno scorso, non avresti mai ammesso di avermi portato nella serra di proposito. Mi hai dato una scappatoia, nel caso la desiderassi.»

«Non è stato facile.» Javier l'attirò a sé e inalò il profumo dei suoi capelli, del suo corpo. «Più di ogni altra cosa, volevo che fossimo insieme senza separarci neppure per qualche ora. Amo il mio lavoro al Martha Vineyard Resort, ma potrò andare da qualsiasi altra parte se tu vorrai restare a Boston...»

Victoria gli appoggiò delicatamente le dita sulle labbra. «Non voglio che stiamo lontani anche soltanto un altro giorno. Sono un'infermiera, e posso lavorare ovunque tu sarai. Il Marta Vineyard è abbastanza vicino perché io possa aiutare mio fratello.»

Suo fratello. La sua famiglia. Era anche la famiglia di lui, adesso, pensò Victoria.

Javier si voltò a guardare il palazzo a semicerchio che si stagliava intorno a loro, un protettivo bozzolo familiare che li aveva aiutati a risolvere le loro divergenze e a trovare la loro felicità. Essere un Medina significava sicuramente godere di parecchi privilegi, ma era anche il tipo di legame che lo frenava, lo limitava.

Lei gli passò le braccia intorno alla vita e premette la guancia contro il suo petto. «Che cosa dovremo fare con mio fratello?»

«Dovremo?» Le sollevò il viso. «Questa è la prima volta che chiedi apertamente il mio aiuto.» «Non posso abbandonare Timothy, ma ammetto che il mio modo di trattare i suoi problemi non ha ottenuto dei buoni risultati.» Gli circondò il collo con le mani. «Forse possiamo parlare di un modo alternativo di volergli bene, e possiamo fare qualcosa insieme. Non devi portare da solo tutto il peso del mondo, e non devo farlo neppure io. Grazie a te.»

«Posso sicuramente farlo. A una condizione...» «Sarebbe?» chiese Victoria intimidita dalla possibile risposta.

Guardando nei suoi bellissimi occhi blu, Javier disse le parole che aspettava di poterle dire fin dal primo momento che l'aveva incontrata. «Sposami. Diventa mia moglie, il mio amore, la madre dei miei figli. Dividi la tua vita con me, in modo che possa mostrati ogni giorno quanto ti amo.»

Il sorriso di lei era più luminoso del sole che saliva sul mare. «Sì, sì, sì, un milione di volte sì a tutto. Ti amo e ti sposerò, e non vedo l'ora di svegliarmi con te ogni mattina per il resto della mia vita.»

Javier catturò la sua bocca in un bacio che suggellò la sua promessa di amarla per sempre.

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
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