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Cenerentola a Manhattan

di TRISH WYLIE

Tutta colpa del ballo...

È normale che la responsabile catering Erin Giordano venga travolta dallo sfarzo e dal glamour quando, all'ultimo minuto, è catapultata sotto le luci della ribalta per indossare il famoso diamante Harlequin. Ed è normale che rimanga incantata dall'affascinante proprietario della gemma, suo cavaliere per la serata. Ma mai avrebbe pensato di baciare un perfetto sconosciuto senza nemmeno aver scambiato due chiacchiere con lui, se non fosse stato per il loro ballo sensuale.

Men che meno se avesse saputo la verità su Nathaniel Van Rothstein....

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Era stata tutta colpa del ballo.

Non del fatto che Erin Giordano avesse rimpiazzato all'ultimo minuto una modella malata. Un imprevisto alquanto surreale, visto che lei si trovava a quell'evento solo per sistemare i suoi cupcake d'autore su alzatine sparse per tutta la grande sala da ballo. Non del fatto che fosse stata inguainata in uno strepitoso abito firmato nell'istante in cui le sue labbra avevano pronunciato un timido okay. O che, dopo una rapida sistemata a trucco e parrucco, si fosse ritrovata con un diamante da un milione di dollari al collo. O che, prima ancora di accorgersene, le avessero affiancato il ricchissimo proprietario del diamante come cavaliere per la serata... Be', a essere sinceri, lui aveva avuto un ruolo significativo nella scelta.

Erin aveva gli occhi chiusi la prima volta che aveva sentito la voce di Nathaniel Van Rothstein. Quella voce l'aveva isolata dal turbinio attorno a lei, facendole aprire gli occhi e sbattere più volte le palpebre in una nuvola di lacca. Ma ne era valsa la pena. Era uno di quei momenti mitici in cui tutto il resto svanisce in una nebbia indistinta di suoni attutiti e i colori sfumano attorno all'oggetto della propria attenzione.

Molto più alto del metro e settantotto di Erin – dettaglio deliziosamente sexy per una che di solito passava per una valchiria – aveva capelli castani mossi e occhi color cioccolato fondente. Ma, più che chiederle se fosse pronta e rivolgerle un'occhiata distratta dalla testa ai piedi, non aveva avuto molto da dire. Non a lei, almeno.

Per il resto della serata era rimasto incollato al suo fianco, a volte posando una delle sue grandi mani sulla curva alla base della schiena per guidarla attraverso la folla dell'evento di beneficenza. Di tanto in tanto si fermavano, in modo che lui potesse scambiare due parole con le persone che conosceva. Il grande interesse per il famoso diamante Harlequin indossato da Erin li obbligava a sorridere spesso ai fotografi.

E poi era arrivato il momento del ballo.

Dopo quelle che erano parse ore, si erano allontanati dall'ultimo gruppo di persone e si erano ritrovati sulla pista. Un sassofono malinconico aveva cominciato a suonare, poi le luci si erano abbassate e le strobosfere sul soffitto avevano creato quelle che parevano spirali di polvere di stelle intorno a loro.

Erin aveva alzato lo sguardo e aveva sorriso, incantata dalla magia del momento, ed era stato allora che aveva sentito un brivido di consapevolezza attraversarle il corpo. Così aveva guardato l'uomo accanto a lei. Lo aveva guardato con attenzione. Ed era rimasta di nuovo ipnotizzata.

Lui, a sua volta, l'aveva studiata intensamente, nei suoi occhi scuri qualcosa di molto simile alla curiosità. Poi il palmo di una mano si era aperto di fronte a lei in un invito. Un gesto talmente semplice. Un gesto accompagnato da una leggera inclinazione della testa in direzione della pista da ballo.

A Erin era sembrata la cosa più naturale al mondo far scivolare la propria mano in quella di lui.

Facendo un respiro profondo quando un braccio le aveva cinto la vita, aveva posato la sua mano libera sulla stoffa costosa della giacca scura dell'uomo, poco sopra il gomito. Aveva alzato lo sguardo su di lui mentre le sue dita calde si chiudevano sulle proprie. E poi avevano cominciato a ondeggiare sulla musica sempre più incalzante, il corpo di Erin che seguiva il ritmo seducente di quello dell'uomo.

Avrebbe dovuto dire qualcosa. Di certo uno dei due avrebbe dovuto provare a iniziare una conversazione, no? Ma lei era senza parole.

Sembrava che avessero ballato insieme centinaia di volte, tanto erano disinvolti. Lui le aveva studiato i capelli, il viso, seguendo la linea del collo fino alle spalle. Poi i loro sguardi si erano incrociati di nuovo ed Erin avrebbe potuto giurare che gli occhi dell'uomo le avessero sorriso.

Dio, era stupendo! Non c'era da sorprendersi, se lei non riusciva a connettere.

Inumidendosi le labbra, lo aveva implorato fra sé: Di' qualcosa.

Folte ciglia si erano abbassate, lui le aveva osservato la bocca. Poi aveva alzato in fretta lo sguardo per studiare nel profondo dei suoi occhi, mentre il cuore di Erin si era fermato quando l'istinto le aveva suggerito che lui voleva baciarla. Lei non aveva mai baciato uno sconosciuto, figuriamoci uno che non aveva nemmeno fatto lo sforzo di parlare del più e del meno.

Così, in un raro momento di risolutezza, aveva alzato il mento. No.

Il sorriso che aveva ottenuto in risposta l'aveva privata del respiro. Di colpo Erin si era sentita accaldata dentro e fuori, il cuore che batteva forte contro le costole e – che Dio l'aiutasse – era stata pervasa da un’eccitazione mai provata prima.

Qualcuno tra la folla l'aveva urtata, facendole perdere l'equilibrio. Lo shock dei suoi seni a contatto con la superficie marmorea del petto dell'uomo l'aveva fatta gemere e arretrare di qualche passo, come se si fosse scottata. Ma, quando aveva provato ad allontanarsi, lui aveva rafforzato la presa delle sue dita e aveva fatto correre il polpastrello del pollice sui saliscendi delle nocche di Erin. Lei aveva alzato gli occhi e aveva scoperto la testa di lui china a studiare le loro mani.

Quando Nathaniel aveva mosso un passo avanti, lei aveva sollevato il palmo e lo aveva appoggiato in modo esitante sul petto di lui, proprio sopra il cuore. Non sapeva perché, ma aveva sentito il bisogno di toccarlo.

Lui aveva posato di nuovo i suoi occhi in quelli di lei. L'attenzione era scesa sulla bocca di Erin. Poi i loro sguardi si erano incrociati di nuovo. Lei aveva fatto un piccolo passo avanti, le sopracciglia leggermente inarcate in modo interrogativo. Che sto facendo?

Mentre lui abbassava la testa, il calore sconvolgente del suo sorriso le aveva risposto: Questo.

Erin aveva sentito le proprie ciglia farsi pesanti. Le loro bocche a pochi centimetri l'una dall'altra, lei riusciva a sentire il respiro tiepido di lui sulla propria pelle...

«È stata tutta colpa del ballo» disse alle amiche affascinate quarantott'ore più tardi. «Non l'avrei mai baciato, se non fosse stato per quel ballo.»

Clare si fece più vicina. «Non puoi lasciarci così in sospeso!»

«Ieri l'ho cercato su Google.»

«E...?»

«Be', diciamo che non è proprio un principe azzurro.»

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