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Cenerentola a Manhattan

di TRISH WYLIE

Tutta colpa del ballo...

È normale che la responsabile catering Erin Giordano venga travolta dallo sfarzo e dal glamour quando, all'ultimo minuto, è catapultata sotto le luci della ribalta per indossare il famoso diamante Harlequin. Ed è normale che rimanga incantata dall'affascinante proprietario della gemma, suo cavaliere per la serata. Ma mai avrebbe pensato di baciare un perfetto sconosciuto senza nemmeno aver scambiato due chiacchiere con lui, se non fosse stato per il loro ballo sensuale.

Men che meno se avesse saputo la verità su Nathaniel Van Rothstein....

3

«Come, scusa?»

Ma chi si credeva di essere? Esistevano sul serio uomini che dicevano cose simili? E lei gli aveva forse dato l'impressione di essere il tipo di donna che...?

Erin scosse la testa mentre sbatteva gli occhi, incredula. «Stai scherzando, vero?»

Masticando un boccone di carbonara fatta dal padre di Erin con la stessa calma con la quale aveva parlato, Nate deglutì, poi rispose con quella voce profonda che aveva usato per attirare la sua attenzione la prima volta: «Te ne sei andata».

«Ho dovuto cambiarmi e prendere la metro per tornare a casa. Non era in programma che restassi tanto.»

Tecnicamente non era una bugia. La verità era che aveva dovuto fuggire. Il bacio l'aveva spaventata e al tempo stesso le era parso così... giusto. E, dal momento che Erin non credeva nell'amore a prima vista e adesso disponeva di maggiori informazioni sul conto dell'uomo che aveva baciato, non si pentiva di aver scelto di andarsene. Se solo non avesse dimenticato il cellulare...

«Mmh.» Nate si concentrò per prendere un'altra forchettata di pasta. «Sostituta dell'ultimo minuto. Così mi hanno detto quelli dell'agenzia di modelle, quando li ho chiamati. Erano davvero dispiaciuti.»

«Ero l'unica cameriera abbastanza alta per il vestito.»

«Dubito che questo sia l'unico motivo per cui tu sia stata scelta fra tante.»

«Le scarpe erano troppo piccole.»

«Non posso dire di averlo notato mentre fuggivi.»

Erin lo guardò accigliata avvicinare alla bocca un'altra forchettata. «Non stavo fuggendo.»

«E avevi la metro da prendere. No, non me lo dire. Hai il coprifuoco, vero?»

Simpatico. Onestamente, Nate le stava facendo desiderare che le avesse parlato quella sera. Se avesse aperto bocca prima, forse lei si sarebbe sentita meno attratta da lui.

Appoggiandosi allo schienale della sedia, Erin incrociò le braccia sul petto e continuò a guardarlo accigliata mentre mangiava. Purtroppo per lei, era fin troppo bello. E di certo la sua tattica di solito funzionava. Senza contare che la fortuna della sua famiglia era pari a quella dei Rockefeller o dei Vanderbilt e che molto probabilmente aveva avuto sempre qualcuno che gli facesse compagnia a letto fin dall’adolescenza. Incredibile quante informazioni una ragazza possa trovare su Google!

«Ho restituito il tuo diamante, l'agenzia mi ha pagata e io ho fatto tutto ciò che mi era stato chiesto di fare. Non c'è proprio niente da finire. Apprezzo che mi abbia riportato il telefono, ma avresti potuto farmi sapere dove andare a riprenderlo, o mandarmelo tramite corriere.»

Deglutendo, Nate puntò i rebbi della forchetta verso il piatto che aveva davanti. «È davvero straordinaria!»

«Sono sicura che papà dormirà meglio stanotte, sapendo che la pensi così.» Gli sorrise dolce.

«Non ti piaccio molto, vero?»

Oh, chissà perché!

«Cos'è cambiato nelle ultime quaranttott'ore?» le chiese con uno di quei suoi sguardi intensi che le facevano tremare le ginocchia. «Allora ti piacevo...»

Erin alzò il mento e impose alle sue guance di non ardere. Maledetta pelle irlandese che la tradiva tutte le volte! Colpa di sua madre. «Ti ho cercato su Google.»

«Penso che tu sia stata la prima donna a farlo.»

«Ne dubito.» Gli occhi di Erin si fecero stretti quando vide le amiche che la salutavano mentre uscivano dal locale. Disertrici!

«Be', sei la prima che lo confessa.» Alzò le spalle. «Diciamo che ti distingui dalle altre.»

«Non ti preoccupare, non sono una stalker.»

«Non sono certo che mi lamenterei, se tu lo fossi.»

Quando ebbe l'impudenza di farle l'occhiolino, Erin rimase letteralmente a bocca aperta.

Nate scosse la testa. «Nessuno ti ha mai detto di non credere a tutto quello che leggi?»

«Le prove fotografiche sono difficili da confutare.»

«E tu avresti visto...?»

«Donne.» Gli sorrise dolce, di nuovo. «Moltissime donne.»

La forchetta volò davanti alla sua bocca. «Gelosa?»

Come riusciva a passare dalle porte, così pieno di sé? E il fatto che non fosse poi così lontano dalla verità non aiutava. Erin era stata gelosa quanto aveva scoperto le prime immagini, sì. Ma, più ne aveva viste, più aveva capito che razza di uomo era Nate. «Non sei il mio tipo.»

«Qual è il tuo tipo?»

Quello in cui si era imbattuta, no?

Senza avere idea del perché gli stesse ancora rivolgendo la parola, Erin inspirò a fondo e trovò la forza per guardarlo dritto negli occhi. «Uno che non esce con chiunque basta che respiri, tanto per cominciare.»

«Mi fa piacere che qui non si salti subito a conclusioni affrettate. Altrimenti mi verrebbe da dire che, da quanto ho avuto modo di notare questa sera, tu abbia paura d'impegnarti. Ci sono andato vicino?»

«No» Erin si incupì. «È solo che non ho ancora...»

«Incontrato quello giusto?»

Be', sì, guarda caso. Non è quello che capita nove volte su dieci?

Lui quindi la sorprese chiedendole: «Come fai a sapere che non sono io?».

«Mi stai per caso dicendo che il tuo obiettivo è trovare la donna giusta?»

«No.»

«Allora non capisco.»

«Cena. Venerdì sera. Ne riparleremo allora.» Mise giù la forchetta e allontanò il piatto per indicare che aveva finito.

«Non uscirò con te» gli rispose.

«Passerò a prenderti. Abiti qui accanto, no?»

Erin si accigliò. «Non ci sarò. E devo alzarmi presto sabato mattina.»

«Rispetteremo il coprifuoco. E ci fermeremo a mangiare in qualche locale qui attorno.» Scostò la sedia dal tavolo, un leggero bagliore nei suoi occhi color cioccolato com'era successo quando avevano ballato. «Alle otto. E, se non ci sarai, sono certo che ci penserà un membro della tua famiglia a indicarmi dove trovarti.»

«Dirò che ci siamo lasciati.»

«Dirò che sto cercando di riconquistarti.»

Erin sospirò pesantemente. «Ma quanto sei noioso?»

«Lo scoprirai venerdì, no?»

Quasi tutta la sua famiglia fece in modo di salutarlo mentre usciva, lei invece si limitò a scuotere la testa e sbattere le palpebre da lontano.

Cos'era appena successo?

* * *

Un flusso costante di fiori, ora dopo ora, cominciò ad arrivare il giorno seguente. Un mazzo grande in modo ridicolo era per la madre di Erin, la quale diceva a chiunque fosse abbastanza folle da mettere piede nel ristorante che era stato il ragazzo di sua figlia a mandarglielo. Se la persona in questione era qualcuno che conosceva, la cosa finiva per diventare uno sdolcinato soliloquio su quanto bello fosse Nate, quanto fosse stato gentile a mandarle quei fiori, eccetera eccetera. Mentre Erin si trovava ad affrontare il più prolungato senso di colpa della sua vita.

Quando ogni tavolo del ristorante e della casa accanto ebbe dei fiori, iniziarono ad arrivare i regali. Profumi, cesti di costosi prodotti da bagno, palloncini attaccati a scatole di cioccolatini fatti a mano...

«Ricordami perché non ci piace questo tizio» disse la sua amica Madison.

Clare sbirciò in una scatola ornata con un fiocco. «Un uomo che manda tartufi al cioccolato non può essere così male.»

«Probabilmente ha il numero del posto in cui vengono confezionati fra le chiamate rapide.»

«Devi scoprire come si comporta con i bambini e gli animali.» Clare fece passare la scatola sotto il naso di Erin per tentarla. «Perché non ne assaggi uno? Sono davvero buonissimi. E non hai nemmeno il problema d'ingrassare, visto che non metti su un grammo qualsiasi cosa mangi.»

Madison sbatté le ciglia. «Ti odiamo per questo.»

«È già abbastanza orribile» rispose Erin, mentre allontanava la scatola con il dorso della mano, «che lui abbia convinto mia madre in meno di un minuto – parole vostre – e adesso è riuscito a conquistare anche voi due con un paio di cioccolatini?»

«Ma sono cioccolatini buonissimi» sottolineò Clare.

Abbassando la fronte sul tavolo, Erin scrutò i volti dei clienti del ristorante messicano in cui avevano scelto di mangiare tra la Fifth Avenue e Broadway. Una giornata di shopping con le amiche a Manhattan le era sembrato il modo giusto per fuggire dall'arrivo costante di regali a Brooklyn.

Nate era furbo, questo doveva concederglielo. Non le stava dando la possibilità di dimenticarlo. Neanche per un solo secondo.

«Non avrei mai dovuto dire a mia mamma che avevo un ragazzo.»

Madison sorrise. «Tesoro, tua mamma aveva una serie di amici di cugini di secondo grado pronti in fila. Dovevi fare qualcosa, dopo che l'ultimo tizio ha cercato d'insegnarti i meccanismi interni di una navicella spaziale.»

«Pensate che io abbia paura d'impegnarmi?» Alla domanda, le amiche la fissarono in silenzio per quella che le parve un'eternità, quindi Erin inarcò le sopracciglia.

«Certo che no!»

«Ma come ti viene in mente?»

Da quando Nate lo aveva suggerito, lei non aveva fatto altro che pensarci e ripensarci e sentirsi oppressa dal senso di colpa per aver inventato un fidanzato inesistente, al punto da diventare paranoica. Si chiedeva se fosse perché lo aveva baciato ed era fuggita. Forse era il modo più facile per soddisfare il bisogno di una storia d'amore, se non esisteva la possibilità concreta di uscire con qualcuno. Erin non aveva gran bei ricordi in materia di appuntamenti. Ma, se sua madre non avesse deciso di aiutarla, forse non avrebbe avuto così tante esperienze disastrose.

Quando il suo cellulare cinguettò sul tavolo, rispose. «Pronto?»

«Otto in punto.»

Cercando di restare impassibile a quella voce, Erin alzò un braccio e controllò il suo nuovo orologio di marca. «No, sono le due meno dieci.»

«Allora, ti ho riconquistata?»

«Non sono mai stata tua, tanto per cominciare.»

«È lui?» chiese Madison con il solo movimento delle labbra.

Erin annuì. «Se decido di venire all'appuntamento con te, finirà la valanga di regali?»

«Quali regali?» La sua voce tradiva un sorriso. «Ci vediamo alle otto.»

«Determinato il ragazzo, eh?» commentò Clare, mentre Erin metteva giù il telefono.

Determinato. Ecco una parola adatta a descriverlo.

«Dev'esserlo per forza, dopo quella telefonata» aggiunse Madison.

Grandioso, adesso era lei dalla parte del torto. Erin sospirò sonoramente.

«Okay, segui il mio ragionamento.» Madison sbuffò per scostare un boccolo biondo e si sporse in avanti. «Tua mamma ti sta organizzando a raffica appuntamenti al buio perché sei l'unica figlia che le è rimasta per la quale organizzare un matrimonio, e lo sappiamo tutti quanto le piacciano i matrimoni. Ma tu sei così impegnata col lavoro ultimamente che, se anche trovassi il ragazzo giusto, non avresti tempo per lui.»

«Quand'è che questo discorso dovrebbe iniziare a farmi stare meglio?»

Madison alzò gli occhi al cielo. «Hai bisogno di svagarti. Accetta i regali, esci un paio di volte con questo tizio in posti costosi. Eccheccavolo, fatti una storiella con Nate, visto che è così sexy, basta che ti diverti! Vedila come l'occasione di prenderti la rivincita per tutte le donne che ha sedotto e abbandonato, se ti piace di più.»

«Due cose sbagliate non ne fanno una giusta» puntualizzò Clare in tono pacato. «Stai suggerendo a Erin di usarlo come pare lui abbia usato le donne in passato? Ma non abbiamo neanche uno straccio di prova che lo abbia fatto davvero, no?»

Tipico di Clare. Sempre a fare da mediatrice, sempre ottimista, nonostante il fatto che Erin avesse scartato all'istante l'idea di prendersi la rivincita per tutto il genere umano femminile. «Non paragonarlo a Quinn, Clare. Quinn è un bravo ragazzo sotto quello strato di sfacciataggine, lo sappiamo tutti.»

Il fatto che fosse stato menzionato il suo ex rese la voce di Clare ancora più pacata di prima. «Come fai a sapere che Nate non è uguale, se non lo vuoi nemmeno conoscere?»

Erin non sapeva cosa fosse peggio: scoprire che Nate era il donnaiolo che pensava fosse, o rendersi conto che era un bravo ragazzo sotto tutta la sua arroganza.

«Non devi andare a letto con lui» chiarì Madison. «Limitati a divertirti un po'. A volte per trovare il proprio principe bisogna saltare qualche foglia di ninfea e scansare qualche ranocchio.»

C'era una certa logica in quelle parole. Non che Nate fosse neanche lontanamente simile a un ranocchio, no di certo. Ma non era solo il suo aspetto a renderlo pericoloso. Se si aggiungeva un certo charme alla sua abbondante sicurezza di sé e alle sue grandi doti di baciatore, c'era davvero una reale possibilità che lei si mettesse seriamente nei guai. E poi cos'aveva a che vedere la vita di Erin con la sua? Erano mondi a parte.

«Tanto non rinuncerà alla cena con te, no?»

Per niente. Non ci avrebbe rinunciato, ma... «Non lo bacerò di nuovo».

«Scommettiamo?» Madison fece l'occhiolino.

Non era difficile riconoscere una smorfia sul volto di Clare. «Non scommettere su queste cose. È pericoloso.»

«D'accordo, spara.» Erin fece quel che sempre faceva: concentrarsi sui problemi di qualcun altro. Era più facile che affrontare i propri. E poi, in ogni caso, aveva sei ore libere, prima di affrontare Nathaniel Van Rothstein.

Cinque ore e cinquantanove, cinque ore e cinquantotto, cinque ore e cinquantasette...

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
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