Cenerentola a Manhattan
di TRISH WYLIE
Tutta colpa del ballo...
È normale che la responsabile catering Erin Giordano venga travolta dallo sfarzo e dal glamour quando, all'ultimo minuto, è catapultata sotto le luci della ribalta per indossare il famoso diamante Harlequin. Ed è normale che rimanga incantata dall'affascinante proprietario della gemma, suo cavaliere per la serata. Ma mai avrebbe pensato di baciare un perfetto sconosciuto senza nemmeno aver scambiato due chiacchiere con lui, se non fosse stato per il loro ballo sensuale.
Men che meno se avesse saputo la verità su Nathaniel Van Rothstein....
Erin allontanò con uno schiaffo la mano di Nate. «La vuoi piantare?» Spalancò gli occhi per ammonirlo. «Hai una vaga idea di quanto ci voglia a decorare uno di quelli? E non è che ti sei buttato su uno dei più semplici...»
Buttarsi sulle cose semplici non era mai stato nel suo stile, ma Nate non lo disse. Immaginava che lei lo avesse già intuito da un pezzo. Più grande era la sfida, più gli piaceva. In questo probabilmente constava parte dell'attrazione che provava per Erin. Perché di certo non era abituato a star dietro a donne che lo tenevano a distanza di sicurezza per settimane e continuavano a farlo. Eppure, considerato il fatto che i loro orari di lavoro non coincidevano e le telefonate notturne avevano permesso loro di conoscersi più di quanto avrebbero fatto altrimenti, Nate pensò che tutto sommato era normale.
Non che avesse intenzione di prolungare ancora per molto l'assenza di contatto fisico.
Quando le rivolse un sorriso pigro, Erin cedette. «D'accordo, va bene. Puoi provarne uno di quelli che non ho ancora decorato.»
Allungando la mano verso un vassoio di cupcake guarniti con complicati riccioli di glassa rosa e sopra i quali campeggiavano margherite perfette in miniatura, ne prese uno di quelli che aveva lasciato come scorta e lo diede a Nate. Quindi l'osservò mentre rimuoveva il pirottino sottostante e dava un morso, lo sguardo che si abbassava sulla sua bocca mentre masticava.
L'intensità di quello sguardo era una tale distrazione che lui non riuscì a pensare ad altro se non a baciarla fino a perdere entrambi il respiro. Ma poi quello che gli era parso un innocente cupcake lo colse di sorpresa. Era una delizia al cioccolato con un retrogusto di ciliegie e una punta di vino rosso.
Le sue sopracciglia si arcuarono mentre abbassava lo sguardo sulla propria mano. «Wow! Cosa c'è dentro?»
Il sorriso con cui Erin rispose la illuminò, riportando in lei quel sole che lui aveva sempre rincorso. «È un cupcake al Cabernet. Ricetta segreta. Ne vuoi provare un altro?»
Lui annuì. «È la ricetta della prozia Carlotta?»
Nate aveva imparato che Carlotta era molto più della zia zitella di famiglia. Era stata la madrina di Erin e le aveva insegnato a fare i dolci quando lei era ancora una bambina. Durante una delle loro telefonate, Erin gli aveva raccontato quanto il loro rituale in cucina le avesse unite. Nate sospettava che lei avesse avuto bisogno di quel legame stretto, quando sarebbe stato così facile sentirsi persi all'interno della sua grande e chiassosa famiglia.
«Una delle tante. Ne ho perfezionate alcune negli anni e ho giocato un po' con i diversi gusti. Prova questo.»
Minuscole gocce di cioccolato tempestavano il ricco tortino di zucca e formaggio cremoso. Era buono quanto il precedente. Quindi Nate passò con entusiasmo a una ganache al cioccolato e poi a un cupcake gusto caffè, mentre si domandava come accidenti facesse Erin a restare in forma con il lavoro che si ritrovava.
Il suo sguardo corse con piacere sul suo corpo dalla testa ai piedi mentre lei dava gli ultimi tocchi, rose di zucchero, farfalle con graziose alette e riccioli di glassa a seconda dell'ordinazione. Non era difficile capire perché all'ultimo fosse stata scelta come sostituta per indossare il diamante. Ma, adesso che la conosceva meglio, Nate sapeva che era anche del tutto inconsapevole di quanto fosse bella. Altra prima volta. La maggior parte delle belle donne con cui Nate si accompagnava avevano investito parecchio tempo e denaro nel loro aspetto, in quanto severe critiche di se stesse, egoiste, o una combinazione di entrambe le cose. Ma non Erin.
Che portasse un abito da sera firmato, un morbido maglione e dei pantaloni su misura, un paio di jeans e una T-shirt degli Yankees o la divisa bianca e nera che indossava quando dava una mano al ristorante dei suoi, non era mai ossessionata dal suo aspetto. Ed era ugualmente sexy con tutto, per quel che lo riguardava.
Quando lei si morse il labbro inferiore e socchiuse gli occhi per concentrarsi, Nate sorrise. «Quanti cupcake fai a settimana?»
«Molti più di quanti ne facevo con il passaparola.» Alzò lo sguardo e lui vide il verde dei suoi occhi farsi più chiaro. «È per questo che spesso mi devo alzare presto. Dovrò assumere qualcuno che mi aiuti, quando aprirò la pasticceria.»
«Quanto manca all'apertura?»
La domanda la illuminò di nuovo. «Poche settimane. Da quando sono tornata a vivere con i miei, ho risparmiato molto più in fretta per l'anticipo. Aiuta a mitigare lo smacco di vivere ancora con mamma e papà a ventisette anni, se è per una buona causa.»
Nate sapeva quanto significasse per lei la pasticceria. Gliene aveva parlato durante le loro conversazioni e l'entusiasmo nella sua voce lo aveva fatto sorridere. Era il suo sogno. Le ci erano voluti anni per realizzarlo e lui capiva bene come si sentiva. Erin era fortunata. Lui ci aveva messo parecchio per trovare qualcosa che dal punto di vista lavorativo gli desse lo stesso piacere. Uno degli svantaggi del nascere benestanti è che tutto è troppo facile da ottenere. Ma, quando uno dei vantaggi di avere i soldi è poterne disporre per fare ciò che si vuole...
«Verserò io l'anticipo per te.»
Ciò che era stato pensato per renderla felice, ottenne l'effetto contrario. La luce di Erin si spense di colpo, come se qualcuno avesse premuto un interruttore. «No, non lo farai.»
«Ma ti permetterei d'investire più denaro nella tua attività.»
Ci fu un momento in cui sembrò che lei stesse per scattare sulla difensiva, ma inspirò a fondo per calmarsi e si voltò. «Apprezzo l'offerta, ma no, grazie.»
«Perché no?» Nate incrociò le braccia.
«Perché tu non c'entri nulla.»
«La mia non è un'offerta di diventare soci. Sono già abbastanza impegnato a dirigere decine di società. È un regalo.»
«Non stiamo parlando di un mazzo di fiori o di una scatola di cioccolatini, Nate.»
Esattamente il motivo per cui lui voleva darle i soldi. Fiori e cioccolatini non erano più abbastanza. Avrebbe impacchettato un negozio intero e glielo avrebbe regalato, se fosse servito a illuminarla di nuovo come solo lei sapeva fare. «Guarda che me lo posso permettere.»
«Lo so, ma non è questo il punto.»
«E allora quale sarebbe il punto?»
Voltandosi di nuovo, Erin inarcò un sopracciglio a quel suo atteggiamento determinato. «Puoi lasciar perdere? Se vuoi passare la giornata a vedere ciò che faccio, allora ho bisogno che ti dia una mossa.»
Nessuno alzò la voce, eppure Nate ebbe tutta l'impressione che fosse in corso una lite. Ciò che lo disturbava di più era la consapevolezza che ci fosse molto di più dei soldi in ballo. Erin stava ancora cercando d'impedirgli di diventare parte integrante della sua vita. E la cosa non gli piaceva affatto. Ma, se le avesse fatto pressioni, lei sarebbe scappata, giusto?
La guardò dritta negli occhi mentre se ne rendeva conto. Per quel che lo riguardava, i suoi giorni di fuga erano finiti. Forse era arrivato il momento che anche lei lo capisse.