Emergenza: ex in corsia!
di CAROL MARINELLI
Ogni medico del Pronto Soccorso trema all'idea di poter riconoscere qualche paziente in questo reparto, persino il razionale ed efficiente dottor James Morrell. Rimane quindi doppiamente scioccato quando si imbatte in una donna priva di sensi identica alla sua ex moglie! Lorna McClelland non sopporta di essere bloccata in un letto d'ospedale e di dover dipendere proprio dall'uomo che l'ha ferita di più. Tuttavia, una volta guarita, si rende conto che la passione che la lega a James è tutt'altro che sbiadita.
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Finché Lorna era ufficialmente ammalata, ospitarla non era difficile, tutto sommato.
James era in grado di seguirla, tra farmaci, dieta e tosse. Lorna era sempre nella sua stanza, al sicuro. A parte le visite quotidiane, e brevi dialoghi in soggiorno, era come avere in casa una parente di riguardo in convalescenza, di cui avere cura in quanto medico.
Nei giorni di servizio diurno, James si alzava alle sei e mezza, si affacciava un attimo da Lorna, ancora addormentata, e usciva per una breve corsa prima di fare colazione e andare al lavoro.
Pauline era presente per gran parte della giornata, e quando lui rientrava al mattino, Lorna si era appena alzata. Se tornava la sera, stava per andare a dormire. Una netta separazione tra loro, ognuno la propria vita. Fino a quel momento aveva funzionato benissimo.
Negli ultimi giorni, spesso Lorna era già in piedi, quando James tornava dalla corsa. Trovava il tè pronto, e scambiava qualche parola con lei, prima di andare al lavoro. La convalescenza si prolungò, e solo all'inizio della seconda settimana Lorna cominciò a migliorare decisamente.
Basta con gli antibiotici, i lividi sempre più attenuati, umore e colore del viso nella normalità. Adesso non aveva più bisogno di un dottore. L'unico ruolo nel quale James si permetteva di avvicinarla con disinvoltura non era più giustificato.
Una volta, tornando dalla corsa, trovò la colazione pronta e Lorna con l'abituale aspetto della mattina. In un ampio, soffice pigiama verde chiaro, leggeva il giornale, gli occhiali sulla punta del naso, i lunghi capelli, rossi e lucidi raccolti, ricadenti su una spalla. «Buongiorno» gli mormorò, sorridendo.
E proprio in quell'istante, James comprese che in quella parola, pronunciata ogni volta da donne diverse, aveva sempre cercato, e sperato di ritrovare il suono della voce di Lorna, il suo sorriso.
Qualcosa che gli donava un insieme di serenità, eccitazione, intimità e sicurezza, e anche un semplice, normalissimo, intenso desiderio.
Desiderava Lorna, disperatamente.
Le avrebbe tolto gli occhiali, portandola di sopra, sul letto, o le avrebbe sciolto i capelli, per amarla subito, lì in cucina, o anche, attirandola sulle ginocchia, avrebbe riempito di baci infiniti quel volto mai dimenticato.
Invece sedette e iniziò tranquillamente a mangiare.
«Cosa pensi di fare, oggi?»
«Telefonerò all'assicurazione dell'auto, e Pauline mi porterà alcuni dei suoi abiti, in prestito.»
James rise. «Vi entrerai due volte, scommetto.»
«Può darsi, però la misura delle scarpe è la stessa.»
«I tuoi genitori non ti hanno ancora spedito niente. Non posso crederci.»
«Io sì» replicò Lorna, continuando a leggere il giornale.
«Immagino non siano entusiasti, all'idea che sei mia ospite. Cosa hanno detto?» Una domanda che James voleva fare da tempo.
«Non molto. Ma da quando lo hanno saputo, semplicemente non mi parlano più.»
«Di nuovo?»
«Già.» Lorna sorrise, gettando a James uno sguardo fuggevole. Ma l'espressione nei suoi occhi la sorprese. Era la stessa di un tempo. E mentre James la fissava, si accorse di non riuscire a distogliere lo sguardo.
Il viso in fiamme, nell'atmosfera all'improvviso carica di tensione, Lorna guardò James, in silenzio, mentre lui la baciava con gli occhi. E ciascuno sapeva cosa pensava l'altro. Non siamo più come dottore e paziente, ormai tutto è possibile...
In quell'attimo, Pauline bussò ruvidamente alla porta, prima di entrare, carica di sacchetti con la spesa.
«E poi chiamerò l'agenzia di viaggio, per sapere l'orario dei treni» disse Lorna, disinvolta.
Entrambi si comportarono come se non fosse successo niente, e sapevano bene che non era vero.
«Non c'è nessuna fretta» replicò James, tranquillo, ma perduto in realtà in una ridda di pensieri contrastanti. Da un lato voleva che Lorna restasse, dall'altro preferiva che andasse via.
Non andavano d'accordo, loro due. Di sopra, c'erano i documenti del divorzio, a provarlo, pensò, mentre salutava Lorna e andava al lavoro.
Appena sola, Lorna buttò giù due compresse di analgesico e si raggomitolò sul letto, sperando in una rapida azione del farmaco. Era stato un assalto improvviso. Il dolore la coglieva quasi sempre di sorpresa, a metà ciclo, anche se prendeva la pillola, e gli altri antidolorifici potenti, in dosi al limite del consentito. Ma ora le scorte fornite dall'ospedale stavano assottigliandosi, e quelle che aveva con sé erano di sicuro andate perdute nell'auto accartocciata.
Forse dovrei parlarne con James, pensò. E sopportare la pietà nel suo sguardo. Sapeva quanto era forte il suo desiderio di avere dei bambini, e anche lui ne voleva. Cinque, aveva detto scherzando, la prima notte di nozze. Le aveva accarezzato l'addome, perché quello che aspettavano era solo il primo.
«Ci siamo sposati così in fretta...» aveva mormorato lei, quella notte, ancora incredula. Ma era tutto vero. La fede d'oro al dito, era la moglie di James, l'uomo che amava da un sacco di tempo, e con cui avrebbe vissuto per sempre. Lorna era felice, ma voleva sapere se anche lui lo era. «Papà è stato tremendo, lo so, ha insistito, ti ha obbligato...»
James l'aveva zittita con un lungo bacio. «Lorna, è la nostra notte di nozze... Non parliamo più di tuo padre, per favore!»
Quella sera, rientrando, James trovò Lorna in soggiorno, occhiali sul naso, intenta a passarsi lo smalto sulle unghie dei piedi. Un'immagine nota, familiare, che gli suscitò una preoccupante ondata di ricordi.
«Guarda, me lo ha prestato Pauline.» Felice, Lorna ammirava il risultato, i piedi sollevati sul tavolino accanto al divano, le dita separate da batuffoli di ovatta. «Mi sento di nuovo un essere umano!»
«Bene» mormorò lui, lo sguardo distratto, recandosi direttamente in cucina.
Il padre di Lorna le aveva proibito di truccarsi. Così, da adolescente, lei usava lo smalto sulle unghie dei piedi. Un piccolo atto di ribellione segreto, che restava ben celato dalle pantofole e dalle scarpe.
«Ho chiamato l'agenzia, e ho prenotato un posto sul treno per Glasgow, domenica mattina.»
«Bene» disse ancora James. Meglio così. Non poteva più andare avanti, sommerso, soffocato dalla marea di ricordi. Prese dal forno il tegame con lo stufato, preparato da Pauline. O forse da Lorna. Lei aveva l'abitudine di mondare le verdure stando in piedi. Raccoglieva bucce e scarti dentro un giornale, e lo gettava appallottolato nel bidone dei rifiuti. «Lo hai preparato tu, lo stufato?» chiese ad alta voce.
«No, Pauline» rispose Lorna, avvicinandosi. «Io ho pensato alle verdure, era la mia attività terapeutica per oggi» scherzò.
James non sorrideva. Mise il cibo nei piatti, cercando di non pensare a cosa era stata la loro vita insieme. Gli sembrava di essere tornato nel loro piccolo appartamento, con quella cucina minuscola che Lorna voleva tenere sempre perfettamente in ordine. Lui invece voleva soltanto starle accanto, racchiusi nella loro isola, a leggere, guardare la TV e fare l'amore. E non smontare tende e riordinare armadi e pensili.
«Non mangi?» chiese Lorna, notando che James spingeva il cibo ai bordi del piatto.
«Ho già mangiato qualcosa, prima.»
«Questo non ti ha mai tolto l'appetito» mormorò lei.
Sembra a disagio, pensava. Finirono di cenare quasi in silenzio, scambiando delle banali opinioni sulla differenza tra l'acqua di Londra, dura, molto calcarea, e la limpida, leggera acqua della Scozia. James disse anche che doveva ricordarsi di portare fuori la spazzatura, perché Pauline lo aveva dimenticato.
Argomenti non molto coinvolgenti, giusto per colmare il silenzio.
Più tardi, appena James tornò nel soggiorno, Lorna gli annunciò una sorpresa. Forse era meglio andare subito a dormire, vista la tensione durante la cena, ma Lorna preferì tentare di allentarla.
«Guarda cosa mi ha portato Pauline» disse, mostrandogli la scatola con lo Scarabeo, il gioco da tavolo che preferiva.
James sorrise, scuotendo il capo. «Forse un'altra volta. È stata una giornata pesante.»
«Allora devi rilassarti, no?»
Il gioco era già allestito. Non posso rifiutare, pensò James, non sarebbe cortese, Lorna è stata così male.
Naturalmente vinse lei; sfogliò il dizionario, sfidò James su ogni parola. Partite divertenti e molti ricordi di ciò che avevano perduto.
Alle dieci, James colse il primo sbadiglio di Lorna per consigliarle di andare a dormire. «Metto a posto il gioco» aggiunse, proprio perché lei insisteva per rimettere sempre tutto in ordine, e invece lui voleva andare subito a letto.
«Lascialo pure sul tavolo, domani sarà ancora lì» disse lei, scrollando le spalle.
«Allora hai cambiato idea» mormorò James. Cercava di non confrontare il passato con il presente, di non ricordare come erano una volta. Pensieri che lo agitavano, ma non sembravano mettere Lorna a disagio.
«Te ne sei già accorto?» Sorrise e, per la prima volta, dandogli la buonanotte, lo baciò su una guancia.
Più tardi, però, si costrinse a riflettere.
Stava sbagliando, con James. Senza volerlo, lo provocava, ironica. Ma non doveva, sapevano entrambi che il gioco non era leale. Non a caso aveva colto una nota di sollievo, nella sua voce, quando gli aveva annunciato che sarebbe partita domenica.
E va bene. Ancora due giorni, e a parte una cartolina con due parole per ringraziarlo, contatti chiusi di nuovo, e per sempre. Sarebbe stato sicuramente molto meglio, per entrambi.
Il mattino dopo, James uscì molto presto, prima della solita ora. Lorna sentì la porta di casa chiudersi, l'auto partire. Dunque niente colazione insieme, due chiacchiere prima di andare al lavoro. Evidentemente, James voleva evitare di incontrarla.
Ancora due giorni, pensò James, e poi Lorna sarebbe partita. Il tempo rimasto, anche se poco, sembrava non passare mai. La sua presenza ormai si sentiva dovunque, in casa. Con il suo profumo, le sue riviste, il suo smalto. E la sua risata. Era penetrata di nuovo nella vita di James, che aveva cercato inutilmente di resistere alla lenta, inesorabile intrusione.
Anche all'ospedale, i colleghi parlavano di lei, gli chiedevano come stava. Talvolta James non riusciva a concentrarsi, pensando a Lorna.
Di lì a poco, tutto sarebbe finito. Decise di vederla il meno possibile, anche se le aveva promesso di accompagnarla a fare spese, quel sabato.
Per James era tutto più difficile, ora che Lorna era guarita. Non gli restava che rifugiarsi nel lavoro.
Frattanto, ogni giorno segnava per lei un progresso, un cambiamento positivo. Quel venerdì, in luogo della solita rapida doccia, Pauline le preparò il bagno nella vasca. Poi aspettò, seduta in cima alla scala, chiamando Lorna ogni cinque minuti, per sapere se andava tutto bene. Lorna si rilassò nella morbida schiuma, passò il balsamo sui capelli, dedicandosi anche a depilare alcune aree da qualche tempo decisamente trascurate.
In pieno benessere, quel giorno non sentì l'esigenza del riposo pomeridiano, e per la prima volta compì una rapida ispezione negli armadi di James. Risultato: non c'erano prove concrete di una presenza femminile - Ellie, per esempio - a parte uno spray deodorante e un fon colorato, rinvenuto sotto il lavabo.
In cucina, Pauline usò quel fon per asciugarle i capelli, mentre lamentava la fatica di occuparsi della casa di un uomo disordinato come James.
«Da quanto tempo lavora per lui?» le chiese Lorna.
«Da più di cinque anni, subito dopo il trasloco. Non trova mai nulla da ridire, altre persone, invece...»
Pauline tacque, imbarazzata.
«Dica pure.» Lorna sorrise. «Sono un'ex moglie!»
«Ecco, James crea un po' di confusione, è vero, ma qualche ragazza schizzinosa, dopo pochi minuti, mi chiede di stirare i suoi abiti, o protesta perché la doccia non è pulita...»
Lorna sorrise di nuovo. Chissà cosa direbbe Pauline, se le chiedessi di stirare per me.
«L'ultima, però, non era male» concluse Pauline.
«Ellie, no?» disse subito Lorna, tanto per chiarire che conosceva il nome della ragazza di James.
Nessun commento. Difficile trarre un giudizio.
«Non la conosco bene» aggiunse lei, affrontando una questione spinosa. «Spero che James non l'abbia allontanata perché ospitava me.»
«Ellie spesso non c'è» spiegò Pauline, continuando a trattare con spazzola e fon i capelli di Lorna. «Viaggia molto, per lavoro. Ma per lei non sarebbe un problema, sapere che lei è qui. James è leale, non la tradirebbe mai.»
«È vero» ammise Lorna. L'idea di ingannare qualcuno non gli sarebbe mai passata per la testa.
«Da quello che ho capito, James mi sembra una bravissima persona da ogni punto di vista. Lei, Lorna, non sarà d'accordo, ma, a parte l'inguaribile disordine, è davvero un tesoro. Bello, simpatico, spiritoso. E anche sexy» aggiunse Pauline, con un profondo sospiro.
Lorna rise di cuore, e di certo senza volerlo Pauline le tirò una ciocca più del necessario. Forse un vago rimprovero, per aver rinunciato a un uomo così...
«Mi scusi!» esclamò, subito dopo.
Lorna rimase tranquilla, la piacevole aria calda tra i capelli, ascoltando le divagazioni di Pauline. Intanto rifletteva. James era generoso, gentile. La sua ospitalità ne era la prova. Bello, sicuro. Spiritoso e simpatico senza dubbio. E sexy, naturalmente. Un uomo che meritava molto più di quanto lei fosse in grado di dare.
«L'ho pettinata proprio bene» dichiarò Pauline, osservando il risultato del suo lavoro. «Adesso ha un aspetto abbastanza normale.»
Bel complimento, pensò Lorna, scendendo dallo sgabello. Dopo il bagno, aveva indossato dei leggins e una felpa di James. Sperava che l'indomani lui avesse davvero il tempo di accompagnarla a comprare degli abiti per il viaggio.
Pauline la convinse a distendersi sul divano. Accese il televisore, e le sedette accanto, in attesa di un programma autogestito.
«Allora tornerà dalla sua amica, in Scozia?»
«Parto domenica. Grace sta cercando un appartamento in affitto per me, frattanto resterò da lei, finché non lo trovo.»
«Ma perché non va dai suoi genitori, almeno per completare la convalescenza?»
«Veramente non andiamo molto d'accordo» mormorò Lorna.
«Ma almeno vi frequentate?» chiese Pauline. Distolse lo sguardo dallo schermo del televisore, che descriveva un intenso dramma familiare, per dedicarsi alla realtà rappresentata da Lorna.
«Vado a trovarli una o due volte al mese. Vivono a Glasgow, io invece sto in campagna» spiegò Lorna, con un mezzo sorriso. «Infatti adesso va meglio.»
«Dovrebbe cercare di risolvere i contrasti, tra voi» suggerì Pauline. «Sono sempre i suoi genitori.»
«Li abbiamo risolti, in gran parte» ammise Lorna. Visite saltuarie e la telefonata settimanale erano un notevole progresso, pensò, senza dire a Pauline come stavano realmente le cose, da quando i suoi avevano saputo che era ospite di James.
Dopo giorni, una sola telefonata di sua madre, che le aveva bisbigliato affannosamente di lasciare subito la casa del suo ex, mentre suo padre, come già in altri momenti, si era rifiutato perfino di parlare con lei.
«E il lavoro?»
«Forse potrò riprenderlo la prossima settimana, o al massimo tra due» rispose Lorna, reprimendo uno sbadiglio.
«Quindi non lo cercherà più a Londra.»
«Non credo. Non è andata come speravo. Se non era per James, non so proprio come potevo cavarmela. Forse è meglio che resti dove la gente mi conosce, dove ho degli amici.»
Lorna rimase a guardare il programma, e poco dopo si addormentò sul divano. Non si accorse che Pauline spense il televisore e le mise addosso un plaid, prima di andare via. Dormiva ancora, quando James rientrò, due ore più tardi.
Veramente, aveva deciso di trattenersi il più possibile in ospedale, per stare lontano da Lorna. Però quella sera il reparto si era improvvisamente vuotato, le visite per appuntamento esaurite. Infine May, finito il turno, si era affacciata nel suo studio, chiedendogli come mai fosse ancora lì, a quell'ora.
James non aveva saputo trovare una giustificazione plausibile.
«Torna a casa» lo aveva sollecitato lei. «Tanto ti richiameranno dopo un minuto, ma intanto vai, no?»
Era contento, di tornare a casa. Un sentimento che lo turbava, sapendo che c'era Lorna, ad aspettarlo. Il soggiorno era in penombra; entrando, la vide, troppo magra e pallida, addormentata sul divano. Indossava una delle sue felpe. Era tutto, proprio tutto come una volta. L'ondata di nostalgia lo colpì, dolorosa, insopportabile.
«Ciao» disse, appena lei aprì gli occhi. «Guarda, stasera si cena tailandese» aggiunse, mostrandole i sacchetti bianchi presi al ristorante.
«Fantastico!» esclamò Lorna, alzandosi senza fatica. Portò i piatti, James vi distribuì il cibo, e mangiarono tenendoli sulle ginocchia, seduti sul divano.
Succo di mirtillo per lei, vino rosso per James.
A Lorna sembrava di essere tornata finalmente in contatto con la realtà. Lo disse a James. «Ho letto i giornali, guardato i notiziari, e telefonato agli amici per avvertirli del mio ritorno.»
«Niente male, per un giorno di lavoro!»
«Senti, non devi sprecare un venerdì sera con me» disse Lorna, appena finito di cenare. «Sono appena le otto e mezza, avrai di sicuro qualche progetto.»
«Ma tu parti domenica...»
«Guarda che posso restare benissimo da sola, e sono giorni che non esci. Porta fuori Ellie, no? A proposito, non l'ho vista.»
«Ci siamo lasciati» disse James, indifferente.
«Mi dispiace.»
«Lascia perdere. Era nell'aria da tempo» replicò lui, manovrando il telecomando. Qualcosa attrasse la sua attenzione. «Guarda cosa trasmettono!» esclamò, bloccando l'immagine.
Era un vecchio film, uno dei preferiti da Lorna, che alla fine era piaciuto anche a lui. Negli ultimi dieci anni, era apparso più di una volta, nei vari canali, ma, fino a quella sera, James lo aveva sempre ignorato.
«Non lo rivedo da un sacco di tempo» disse lei.
James non cambiò canale. Ma forse sarebbe stato meglio, pensò lei. Quel film le ricordava la reazione dei suoi genitori quando in televisione appariva qualche scena di sesso. Perfino davanti a un bacio, sua madre restava rigida e impassibile, mentre suo padre non nascondeva la propria silenziosa irritazione.
Lo guardarono comunque, in silenzio, anche se suscitava in entrambi molti ricordi. Era un film che i divorziati dovevano guardare da soli. La storia di due amici che resistevano in ogni modo alla fortissima attrazione reciproca.
Quando Lorna si lavava i capelli, James lo notava dal profumo, che riempiva l'aria. Stavolta non aveva usato lo shampoo alla lavanda.
Perché non allungare una mano per accarezzarli? No, non doveva. Del resto, anche verso la fine del loro matrimonio non era più stato capace di toccarla. Adesso, era sicuro, Lorna lo avrebbe respinto, come se quel semplice tentativo le provocasse la pelle d'oca.
Stasera, però, lo sentiva, Lorna era diversa. C'era una tensione densa, nell'aria, qualcosa che toglieva il respiro. Pochi centimetri li separavano, sul divano, e anche dieci anni di infelicità. Adesso Lorna stava piangendo.
James se l'aspettava. A quel punto della storia, peraltro abbastanza divertente, Lorna piangeva sempre. Perché sapeva cosa sarebbe successo, gli aveva detto una volta. Credevo di conoscerla bene, pensò lui, e invece aveva capito di non conoscerla affatto.
«Cosa è successo a noi, Lorna?»
«No, James, per favore...» mormorò lei. Non aveva parole. Perché non rannicchiarsi tra le sue braccia, mentre lui le accarezzava i capelli, e guardare il film senza rattristarsi per il finale? Ma non poteva. «Non parliamone, ti prego.»
Invece James doveva parlarne, capire perché era finita senza liti, senza parole amare, senza un preciso motivo di addio. Per quanto cercasse di ricordare, non aveva chiaro il momento in cui avevano smesso di fare l'amore. Ma doveva esserci stata, un'ultima volta.
«Te ne sei andata così, all'improvviso.»
«James...»
«Dovevamo parlare!»
«E di cosa?» Lorna si girò, fissandolo, i bellissimi occhi spalancati. «Mi avevi detto che ti sentivi in trappola, che non eri innamorato di me.»
«Non ho detto questo!»
«Sì, invece. Mi avevi sposato perché ero incinta, e sei settimane dopo non lo ero più» scandì, alzandosi dal divano. Il film era quasi alle ultime scene, ma il finale già noto, come questo momento difficile tra loro, che prima o poi sarebbe arrivato. Lorna non poteva sopportarlo. «Sono stanca, James.»
«Lorna, aspetta» mormorò lui, tendendo le mani. Le prese le braccia, le sentì sottili, tese. Fragile donna riservata e diffidente, lo aveva sempre affascinato e confuso. «Vorrei soltanto parlare.»
«Non posso.»
«Va bene» disse James, perché non c'era altro da fare. Il caso e il destino avevano rilanciato Lorna nella sua vita, e forse lei non lo avrebbe voluto. «Tu non hai niente da dire» aggiunse, lasciandole le braccia con rammarico. Cosa c'era di male, in fondo, se l'abbracciava? «Va' a dormire, adesso. Domani usciremo insieme per lo shopping.»
Lei annuì, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Vederla piangere confondeva James totalmente, come sempre.
«Buonanotte, James.» Lo baciò sulla guancia, una forma di saluto formale, come la sera prima. Un bacio lieve, esitante, ma pur sempre un bacio. Il contatto le suscitò sensazioni strane, indecifrabili. Pericolose, decisamente.
Lorna non si mosse.
«Buonanotte, Lorna.» Basta, pensava James, non dirò più nulla. Le aveva detto di Ellie, l'aveva pregata di parlare. Un netto rifiuto, come dopo la perdita del bambino, e dopo la separazione. Mesi tremendi, nei quali Lorna aveva respinto ogni suo tentativo di contatto. Adesso, francamente non sapeva cosa fare.
La sensazione delle labbra di Lorna era ancora viva. Poteva rischiare di baciarla, e magari giungere al chiarimento che cercava da anni. Forse era proprio quello il momento giusto per capire se per loro poteva esserci un futuro.
Baciami. Lorna lo desiderava con tutte le sue forze, senza trovare il coraggio di dirlo. E risentire sulle labbra quelle di James le donò una felicità grande, un sollievo immenso. Quel bacio, finalmente, il bacio cercato a lungo, e mai ritrovato in quelli scambiati in seguito, e così di rado.
Un bacio pigro, assolutamente loro, diverso.
Senza fretta, languidamente, assaporavano il piacere reciproco, da far durare a lungo.
Lorna sentiva le lacrime scenderle sulle guance, sulle labbra, ne sentiva il sapore. E lo sentiva anche James, quel tepore lievemente salato, il respiro di entrambi ansante, nel disperato tentativo di ritrovarsi.
Per Lorna, le braccia di James erano il luogo più bello del mondo, la loro piccola isola per due, e niente altro contava.
Si staccarono, guardandosi lungamente, esitanti, indecisi, sopraffatti dalla nostalgia e dal desiderio.
«Buonanotte, Lorna» disse ancora James, chiudendo saggiamente ogni possibile conclusione. Le restituì il bacio sulla guancia, ritraendosi.
Lorna rimase ferma ancora per qualche istante, prima di avviarsi verso la scala. «Buona