Emergenza: ex in corsia!
di CAROL MARINELLI
Ogni medico del Pronto Soccorso trema all'idea di poter riconoscere qualche paziente in questo reparto, persino il razionale ed efficiente dottor James Morrell. Rimane quindi doppiamente scioccato quando si imbatte in una donna priva di sensi identica alla sua ex moglie! Lorna McClelland non sopporta di essere bloccata in un letto d'ospedale e di dover dipendere proprio dall'uomo che l'ha ferita di più. Tuttavia, una volta guarita, si rende conto che la passione che la lega a James è tutt'altro che sbiadita.
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May non se lo aspettava. Ma è naturale, che ognuno abbia delle esperienze personali alle spalle, pensava. Conosceva James fin dal primo internato, lavorando poi con lui durante la rotazione semestrale nel Pronto Soccorso, ma non le aveva mai parlato del suo matrimonio, o ammesso di essere stato sposato.
I pochi metri di corridoio dall'ascensore al reparto di Terapia Intensiva sembrarono a James una distanza infinita. Chiuso per ore nel suo ufficio, si era quasi rassegnato alla morte di Lorna. Pensava a lei, in fondo grato che tutto fosse accaduto a Londra. Almeno poteva esserle accanto, quando May gli avrebbe detto che i colleghi avevano interrotto i tentativi di rianimazione.
Invece Lorna aveva superato la crisi. E adesso toccava a lui affrontarne un'altra.
Strano, per un dottore come lui, chiedere il permesso di entrare da una paziente. Lavarsi le mani, aspettare in una stanza accanto, mentre May parlava con il personale del reparto.
«Stanno finendo di stabilizzarla» gli annunciò poco dopo la caposala, decisamente ottimista. «Ricorda di spegnere il cellulare, prima di entrare da lei.»
James prese l'apparecchio. Otto chiamate perse, e non lo aveva sentito suonare neanche una volta.
Ellie. Appuntamento mancato. James la chiamò dal telefono fisso sul tavolo. «Ciao» disse, cercando di apparire disinvolto. «Senti, stasera non è possibile» aggiunse, guardando di sfuggita May che fingeva di non prestare attenzione. «No, non si tratta di lavoro... Ma di Lorna, te ne avevo parlato.» Silenzio. «Ecco, ha avuto un incidente, adesso è qui, ancora grave, i suoi stanno arrivando, io penso di restare.»
May fissava il vuoto, indifferente.
«No» continuò James. «No, grazie, preferisco vedermela da solo. Ti chiamerò domani.»
May gli sedette accanto.
«Era Ellie» disse lui.
«La tua ragazza?» Ruolo difficile, il mio, pensava May. Trattare James come un parente della persona ricoverata, cercando di saperne di più, per aiutarlo meglio. «Quindi le avevi già detto di Lorna.»
«Sì, due mesi fa. Mi sembrava giusto, la nostra relazione era diventata più seria» mormorò James.
«Capisco. E sei stato sposato a lungo, con Lorna?»
«Neanche un anno.»
Non era finita lì, anche se il matrimonio era durato davvero poco, ed erano passati dieci anni. Un breve episodio, da relegare tra i ricordi lontani. Ma James non era riuscito, per quanto lo volesse, a mettere un punto fermo a tutta la vicenda, e a guardare avanti.
Quella convivenza con Lorna era stata una corsa mozzafiato, con alti e bassi, dall'inizio alla fine. In quel momento, aveva l'impressione di ricominciare da capo. Talvolta, conoscere dei particolari della vita e del carattere di alcuni pazienti lo aveva aiutato a metterne a fuoco le personalità, a vederli come dovevano essere, da sani. Adesso, parlando a May di Lorna, cercava di restituire a quel corpo senza energia l'immagine della persona che era, come lui l'aveva conosciuta.
«Era di un paio di anni più giovane di me» continuò. «Ci siamo conosciuti all'università. Sembrava delicata, fragile, molto discreta. Parlava poco. Occhi stupendi, lineamenti minuti. Non partecipava spesso alle riunioni e alle feste, ma non era difficile notarla.»
«Lo credo, con quei capelli» commentò May.
«Le donne dai capelli rossi sono molto diffuse, in Scozia. Ma forse io ero l'unico a esserne affascinato, immagino. Una sera, a una festa, c'era anche lei» mormorò James, con un lieve sorriso. «Mi ha completamente conquistato. Abbiamo cominciato a parlare, e non riuscivamo a smettere. Un incontro perfetto. Quella sera stessa, nel mio appartamento, abbiamo fatto l'amore. Per Lorna era la prima volta» aggiunse, scuotendo il capo. «Eravamo storditi dalla felicità. Mi sono innamorato pazzamente di lei. Due settimane, sempre insieme. Amore, studio, e parlare tanto di noi, dei nostri progetti. I giorni migliori della mia vita, credimi, May. Follia, incoscienza, ma allora sembrava giusto così, tutto aveva un senso.»
«E poi?»
James non rispose. Incrociò le braccia, guardando l'orologio sulla parete. Il tempo per lui era tornato indietro, pensò, immergendosi nei ricordi.
Calmo, pratico. James aveva teso a Lorna il test di gravidanza appena comprato in farmacia.
«Intanto cerchiamo di sapere se è vero.»
Sulla porta del bagno, lei aveva esitato. «Tu non comprendi...»
«Lorna!» Esasperato, dopo l'ansia per il ritardo, James aveva ribadito più volte che non avevano nulla da temere, perché erano stati attenti. «Dobbiamo sapere se è davvero il caso di preoccuparsi, no?»
Aveva aspettato il risultato, nervoso. Una carriera appena iniziata, i primi guadagni, e adesso... Forse l'attenzione non era stata sufficiente, ma l'avrebbero aumentata in seguito, senza dubbio. Lorna non prendeva la pillola, nel timore che i genitori lo scoprissero. Decisione assurda. Una misura preventiva andava comunque adottata, se non volevano logorarsi in una tensione costante.
I singhiozzi di Lorna lo avevano informato che ormai era troppo tardi. Abbracciandola, James aveva cercato di confortarla, dicendole che tutto si sarebbe risolto, e ne sarebbero usciti bene. Ma Lorna sembrava inconsolabile.
Più tardi, durante la notte, James comprese che la preoccupazione principale di Lorna non era la carriera, il suo futuro, o il timore che l'attesa di un figlio potesse influire sulla loro relazione. Era letteralmente terrorizzata da come avrebbe reagito suo padre, di fronte alla realtà.
«E dopo, che cosa è successo, James?» La voce di May lo strappò ai suoi pensieri.
«Abbiamo scoperto che Lorna era incinta.»
In quel momento un'infermiera aprì la porta. «Salve, sono Angela» si presentò, con un sorriso cordiale, che ne attenuava l'evidente disagio. «Scusateci per l'attesa, ma stabilizzare la paziente richiede molto tempo. Ora dovrei conoscere alcuni dettagli. Lei è l'ex marito?» chiese, rivolta a James.
«Sì, dica pure.»
«Sua moglie ha avuto problemi, in passato?»
James esitò. Parlare della salute di Lorna era come parlare anche di se stesso, purtroppo. Ma poteva essere utile a coloro che la stavano curando.
«Non direi. Appendicectomia a dodici anni, credo. E una gravidanza extrauterina, ma è successo molto tempo fa.»
«Quando?» domandò Angela, prendendo appunti.
«Sono passati dieci anni, quasi undici.»
«Niente altro? Diabete, epilessia...»
«No, che io sappia.»
«Era rimasto in contatto con lei?»
«No.»
«E quando l'ha sentita l'ultima volta?»
«Dieci anni fa» mormorò James, la gola stretta dall'emozione.
«Capisco.»
Mi dispiace per Angela, pensò lui. Situazione complicata. Non aveva neanche il diritto di vedere Lorna. Il divorzio lo aveva reso un estraneo, lo sapeva.
«La famiglia della paziente arriverà da un momento all'altro» annunciò l'infermiera. «Hanno preso il primo aereo disponibile. E poiché Lorna ancora non può parlare, saranno i suoi genitori a decidere per lei.»
«Non saranno entusiasti di vedermi» scandì James, fissando Angela dritto negli occhi. «Senta, il nostro è stato un divorzio pacifico, per così dire» aggiunse, a disagio. Detestava parlare della sua vita privata, ne avrebbe fatto volentieri a meno. «Ci siamo lasciati con grande rispetto reciproco. Forse sono l'ultima persona che Lorna vorrebbe accanto, ma è arrivata nel reparto che dirigo in totale arresto cardiaco. Vederla rientra in un mio diritto professionale, ma è anche un mio desiderio personale...»
«Capisco» disse Angela.
Non ne sono sicuro, pensò lui. Ma poi l'infermiera accennò un sorriso gentile, lo sguardo sincero. «Anche io sono divorziata, e credo che andrei a trovare il mio ex, se stesse molto male. Però, quando i genitori di Lorna saranno qui, ogni decisione spetta a loro.»
«Grazie» mormorò James, sollevato. «Non intendo interferire.»
«Vuoi che ti accompagni?» propose May. «Va bene, aspetto qui» disse poi, al cenno negativo di James.
James aveva sempre desiderato rivedere l'ex moglie almeno una volta, per dirle che gli dispiaceva davvero tanto, per tutto ciò che era successo, e tentare di comprenderne le cause. Adesso era grato alle circostanze, per quanto dolorose.
Lorna gli apparve meno pallida. Sembrava davvero addormentata, a parte la serie di tubi collocati dovunque. La coperta termica la ricopriva interamente, lasciando visibili solo la testa e le spalle. Le era accanto, finalmente. Era pronto a lottare, a imporsi e pretendere di vederla, se non glielo avessero permesso, ma ora che quel momento era giunto non sapeva cosa fare, non sapeva cosa Lorna si aspettava da lui.
James sedette su una sedia accanto al letto.
Angela subentrò alla collega che l'aveva sostituita. Annotò i dati delle apparecchiature, continuando la stretta sorveglianza della paziente, come è previsto in Terapia Intensiva. Ma James avrebbe dato qualunque cosa, pur di restare due minuti solo con Lorna.
«Lorna è talmente discreta, timida» mormorò, guardando Angela. «Non avrebbe sopportato tutto questo... Ma capita a tutti, vero?»
Non sapeva cosa dire, confuso. Tirò più in alto la coperta termica, per coprirle meglio le spalle. Lorna era sempre stata snella, ma adesso era davvero troppo magra. Intanto Angela le sollevò le braccia fragili, le vene azzurre evidenti sulla pelle chiara, per controllarle i riflessi.
Non ha messo lo smalto sulle unghie delle mani, pensò James.
«Dottor Morrell, ascolti» gli disse Angela. «Perché non prova a tenerle una mano, a dirle che è qui? Sentire una voce nota potrebbe rassicurarla.»
Non so se posso, dopo tanto tempo, pensò. Ma le strinse lo stesso la mano, la sentì fredda, come sempre. Fissò le piccole dita sottili, leggere, il dorso spruzzato di lentiggini. Lorna le detestava, ma lui ne andava matto.
«Soffriva molto il freddo» mormorò James, senza guardare Angela. «Una volta, rientrando dopo un turno di notte, era quasi congelata.»
I ricordi si affollavano alla sua mente, disordinati. Certe fredde mattine d'inverno, quando Lorna gli si stringeva accanto nel letto, gelida come il ghiaccio sulle strade, o quando era lui, a tornare alle sette del mattino, e la prendeva tra le braccia, assaporandone il tepore. Vorrei salire in questo letto e scaldarla anche adesso, pensava, come allora. No, non era possibile, non era stato in grado di riavvicinarla, per dieci anni.
Lo aveva lasciato. Come poteva accettare che le fosse accanto, in questo momento?
Forse sì.
Era stato un incidente, d'accordo. Ma trovarsi per caso, in quello stato, proprio nell'ospedale dove lui lavorava... Doveva esserci per forza una ragione. Tremò, all'idea che Lorna potesse morire, o le restasse un danno permanente. Eppure, forse sospinta da un'energia ignota, in qualche modo era tornata da lui, era come se lo avesse cercato, forse soltanto per dirgli addio.
James si portò alle labbra la mano di Lorna, vi depose un bacio. Gli bastò quel lieve contatto con la sua pelle, per scoppiare in un pianto dirotto. Si chinò su di lei, affondandole il viso nei capelli, che ancora serbavano il profumo del suo shampoo alla lavanda.
«Parla con lei, James» disse la voce di May alle sue spalle, incoraggiante.
E James parlò. A lungo. Disse a Lorna tutto ciò che avrebbe voluto dirle, ripetendole le parole che non aveva mai detto, nella debole, patetica speranza che potesse udirlo.
Non sapeva quanto tempo fosse passato. Forse molto, ma quando May lo avvertì che i genitori di Lorna erano arrivati, gli sembrò assurdo doversi allontanare, come gli chiedevano.
Non vorrei discutere con loro, pensò, scatenando una di quelle liti improvvise, così imbarazzanti, intorno al letto di un malato. Però l'espressione tranquilla, sorridente di McClelland non sembrava preannunciare niente di simile.
Il padre di Lorna avanzò, la mano tesa. «James, grazie per essere rimasto con lei fino al nostro arrivo, lo apprezziamo molto.»
Si aspetta che gli stringa la mano, e vada via, pensò James. Però non era quella, la sua intenzione.
«Mi è sembrato naturale, starle accanto.»
Il pastore presbiteriano McClelland esibì uno dei suoi sorrisi al veleno che James conosceva bene. Ne aveva fatto un'arte. «Sei stato molto gentile a sottrarre tempo al tuo lavoro...»
«Assolutamente no, si trattava di mia moglie!»
«Adesso non lo è più» puntualizzò McClelland. «Ti ha lasciato, ricordi?» aggiunse, atteggiando il volto a una compassione apparente. «Il divorzio risale a più di dieci anni fa. Come dicevo, Betty e io abbiamo tratto conforto nel sapere che eri vicino a nostra figlia, ma adesso siamo qui, e dovresti andare via.»
«Lorna vorrebbe...»
«Lo so io, cosa vorrebbe mia figlia» scattò il pastore. «Oggi è molto diversa dalla ragazza di cui hai approfittato, e ti assicuro che adesso non sarebbe contenta di vederti accanto al suo letto. Hai già causato troppi guai alla mia famiglia, mi scuserai se preferisco tenerti lontano.»
McClelland si avvicinò a Lorna. James sapeva che doveva muoversi, ma non poteva.
«Andiamo, James, è quasi mezzanotte» gli mormorò May, sollecita. Voleva solo allontanarlo da quell'atmosfera pesante. «L'hai vista, le hai parlato.»
E dovrebbe bastarmi?
Sulla porta, James lanciò un lungo sguardo a Lorna. «Grazie di tutto» disse poi ad Angela. «Le dispiace avvertirmi, in caso di qualche cambiamento? Resterò nell'ospedale.»
«Il padre della paziente ha chiesto che le informazioni siano riferite esclusivamente alla famiglia e non ad altri.»
Bastardo.
«C'è un certo interesse della stampa intorno a questo caso, pretendono la massima riservatezza. Lo hanno detto chiaro e tondo» spiegò l'infermiera.
Non ne dubito, pensò James. Se almeno sapessi cosa fare, cosa vorrebbe Lorna. «D'accordo» decise. «Non sono un giornalista, né desidero essere informato come ex marito. Sono lo specialista del Pronto Soccorso, e la paziente è stata ricoverata nel mio reparto. Ho tutto il diritto di sapere se la rianimazione avrà avuto successo. Mi chiami, se ci saranno novità.»
«Certamente, dottor Morrell» promise Angela.
«Professor Morrell» precisò James, con un breve sorriso. «E grazie ancora per il suo aiuto.»