Emergenza: ex in corsia!
di CAROL MARINELLI
Ogni medico del Pronto Soccorso trema all'idea di poter riconoscere qualche paziente in questo reparto, persino il razionale ed efficiente dottor James Morrell. Rimane quindi doppiamente scioccato quando si imbatte in una donna priva di sensi identica alla sua ex moglie! Lorna McClelland non sopporta di essere bloccata in un letto d'ospedale e di dover dipendere proprio dall'uomo che l'ha ferita di più. Tuttavia, una volta guarita, si rende conto che la passione che la lega a James è tutt'altro che sbiadita.
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Lorna mise gli occhiali con la catenella. Molto utile, ammise, anche se le davano un'aria da zitella piuttosto acida. Pazienza, non era poi così importante.
Quel sabato notte, alle undici, Abby chiamò James per un'emergenza. «Due ferite da coltello e trauma. I chirurghi sono tutti in sala operatoria. Non riesco a fermare l'emorragia al braccio...»
«Arrivo subito.»
Lorna alzò lo sguardo dalla cartella che stava scrivendo. James indossò un grembiule di plastica sopra il completo elegante, mise i guanti di lattice, inviandole soltanto un breve cenno di saluto, in luogo del solito lieve ammiccamento complice. Era proprio la fine di tutto.
«Ellie non sembrava troppo seccata, se ti avevo requisito» disse Abby.
Per un attimo, lo sguardo malinconico di James incrociò quello smarrito di Lorna. In quel momento, le sembrava di avere una lama conficcata nel cuore.
«Questione di abitudine» commentò lui.
Lorna riprese a scrivere. James esaminò la ferita, chiese la luce più forte e un forcipe. Il resto della notte andò avanti, ciascuno con il proprio impegno.
Più tardi, Abby si affacciò nell'ambulatorio, dove Lorna stava misurando la pressione a un paziente. «Resta solo la sutura, alla mano di Devlon» avvertì.
Erano molte, le persone a cui applicare dei punti. Lorna proseguì, cercando di non pensare a James, che era già andato via. E al suo letto, ampio e comodo, dove in quel momento c'era Ellie.
Chiuse la ferita alla mano di Devlon; scendendo dal lettino, l'uomo fu colto da un forte capogiro.
Lavinia pregò il paziente successivo di attendere un momento. «Lo accompagno in uno dei cubicoli?» chiese a Lorna. «È meglio che riposi per qualche minuto, prima di andare via.»
Lei annuì, niente affatto tranquilla. Aveva accettato, a malincuore, le critiche di Abby, e cercato di accorciare i tempi, mutando le proprie abitudini. Sorvolare i dettagli, per esempio, firmare le innumerevoli schede dei feriti per incidenti con scarabocchi quasi incomprensibili. Evitare visite approfondite, per una semplice storta a una caviglia.
Una scelta contraria al suo metodo, alla sua professionalità. Chi, se non un medico, può accorgersi se in un paziente c'è qualcosa che non va?
Non era la prima volta che Devlon, un robusto falegname, subiva qualche incidente sul lavoro. Strano, che fosse così pallido, quasi sul punto di svenire.
«Non si preoccupi» disse Lavinia. «Succede. Ora prenda dei profondi respiri, tenendo giù la testa.»
«Portalo in un cubicolo» disse Lorna, sempre meno tranquilla. «Deve spogliarsi, passerò a visitarlo.»
«Lo ha già fatto Abby. Dimissioni dopo i punti.»
«Stava perdendo i sensi!» replicò Lorna, decisa. Le costava, mostrare fermezza. Ma non era quello che le aveva chiesto Abby? «Fa' come ho detto, per favore.»
Poco dopo, nel corridoio, sentiva quasi fisicamente le occhiate ostili lanciatele dietro da Abby. Pazienza. Alle tre del mattino di domenica, quel paziente contava più di tutto il resto. La specializzanda poteva dire e pensare ciò che voleva, Lorna McClelland non praticava la medicina in maniera superficiale.
Ovviamente, lo trovò di ottimo umore. Sorrideva, scherzando con Lavinia. «Come si sente adesso, signor Devlon?»
«Benissimo, non so proprio cosa mi sia successo, prima.»
«Si era ferito alla mano con un taglierino?»
«Esatto» annuì lui, mentre Lorna controllava la cartella. «Stavo sostituendo la moquette in una stanza.»
«Non ha avuto capogiri?»
Devlon pensò un attimo. «Sì, dopo...» ammise, esitante. «Ma c'era un sacco di sangue, sul pavimento» aggiunse, sorridendo. «Mia moglie non ne sarà troppo contenta.»
«Parliamo del suo incidente. Aveva già sofferto di vertigini, altre volte?»
«Può darsi. Succede che mi senta un po' strano.»
«Anche prima di tagliarsi?»
«No.»
«Mai successo?» Parlando, Lorna eseguì un rapido controllo generale, senza tralasciare nulla, notando nel paziente una scarsa disponibilità a confidarsi.
«Come ho già detto alla sua collega, a parte l'incidente di oggi, finora non mi sono mai sentito male, neanche una volta.»
Lorna auscultò cuore e polmoni, eseguì il controllo neurologico. Poi abbassò il lettino, per esaminare anche l'addome.
«E oggi, è andato tutto bene?»
Devlon contrasse il volto in una smorfia di dolore, mentre Lorna procedeva con l'esame. «Non proprio... Ieri sera ho espulso del sangue, prima di stendere la moquette.»
«Sangue fresco?» domandò Lorna.
Devlon non rispose. Irritato, impaziente, si rimise seduto sul lettino. Ansava, stravolto, il volto di nuovo senza colore. «Devo andare in bagno...»
«Lavinia, la padella, presto.»
Il paziente sudava freddo, terribilmente imbarazzato, cercando di scendere dal lettino. Le due donne, coalizzate, riuscirono a calmarlo. Lorna gli mise la maschera di ossigeno, Lavinia prese la padella. E schiacciò il pulsante per chiedere assistenza.
Il poveretto stava per collassare. Lorna voleva misurargli la pressione, ma le mani le tremavano troppo.
«Ci penso io» intervenne Lavinia, rapida, mentre Lorna pensava alla flebo.
«Che succede?» May arrivò al momento giusto. Il paziente aveva perso completamente i sensi. Tolta la padella, lo trasferirono subito in Rianimazione.
«Forte emorragia rettale» annunciò Lorna, senza guardare Abby, che nel frattempo si era aggiunta ai colleghi. «Gli è accaduto anche ieri sera, ma esitava a dirlo. Ulcera perforata, direi.»
«Non è il paziente con la ferita alla mano?» commentò May. «Credevo che fosse già andato a casa!»
Abby, conoscendo meglio Lorna, avrebbe capito che scoprire un paziente in gravi condizioni non era per lei una vittoria di cui vantarsi.
L'episodio, invece di migliorare il rapporto tra le due colleghe, finì per peggiorarlo. Lorna si aspettava consigli, in luogo di critiche. E in seguito, sempre fedele ai suoi principi, diventò ancora più scrupolosa, e di conseguenza, ancora più lenta.
Abby, diffidente e sprezzante, colse ogni occasione per ricordarle che in un Pronto Soccorso, capitano spesso delle situazioni anomale. E quando Lorna chiamò lo specialista in Pediatria, per un parere su un mal di gola, le precisò senza mezzi termini che non sempre l'influenza diventa meningite. Aggiunse che per i bambini ricoveri e trasfusioni devono avere una motivazione reale, non uno scopo preventivo.
In realtà, entrambe avevano ragione e torto nello stesso tempo. Per Lorna, lavorare in quelle condizioni stava diventando sempre più difficile.
Ma niente, né una tremenda notte di lavoro, né un superiore deciso a metterla in cattiva luce, era paragonabile alla perdita di James.
Alle sette e mezza, la mattina della domenica, la stazione della metropolitana era praticamente deserta.
In attesa del treno, Lorna controllò il cellulare. Nessuna chiamata. Ma perché James avrebbe dovuto, o voluto telefonarle? Non ne aveva alcun motivo.
Arrivò a casa, infreddolita. Neanche la segreteria del telefono fisso aveva messaggi. Dopo la doccia, indossò il pigiama verde, le calze di James, tenute per ricordo.
Lorna preparò la sveglia, si rannicchiò nel letto.
Cercò di dormire, per essere in forma, pronta per il nuovo turno di notte.
James aveva ripreso la sua vita di sempre. Forse adesso anche lei poteva guardare avanti.
E una volta superata quella maledetta operazione, sarebbe stata davvero molto meglio, era sicuro. Purtroppo, però, non riusciva a smettere di piangere.