Il bacio del duca
di VIRGINIA HEATH
Londra, 1812. |
10
Bond Street, sei settimane dopo l’inizio della stagione mondana…
«Oh, è perfetto!» Sua madre batté le mani per la contentezza nel guardare l’abito nuovo, mentre la modista appuntava l’ultimo spillo. «Sarai la reginetta del tuo ballo di fidanzamento!»
Quella serata danzante era stata organizzata con mesi di anticipo, perché i suoi genitori davano sempre uno dei balli più grandiosi della stagione mondana, però dopo la proposta di matrimonio di Peter avevano cambiato alla svelta il motivo dell’evento. La lieta occasione era stata annunciata sul Times insieme alla notizia del fidanzamento non più tardi di un giorno dopo che Peter le aveva messo al dito l’orrendo anello.
A Dorothea era stata tolta di mano qualsiasi decisione da quel momento in poi, in un turbinio di preparativi da cui era stata totalmente esclusa. La data delle nozze era stata stabilita di lì a tre settimane, per coincidere con la chiusura del Parlamento per la pausa estiva, che segnava la fine della stagione mondana. Era stata riservata la chiesa di St George, erano stati mandati gli inviti e le prime pubblicazioni sarebbero state lette l’indomani durante la messa domenicale. Anche l’abito era stato confezionato senza consultarla in alcun modo; Dorothea doveva ammettere che era bello, ma non era quello che avrebbe scelto in cuor suo, né più né meno quanto il fidanzato.
Era impossibile non essere depressa in tali circostanze, specialmente dopo avere scoperto che Freddie l’amava. Peggio ancora – semmai la situazione potesse essere peggiore di così – si era accorta di essere afflitta da tutti i sintomi di una grave malattia: anche lei amava Freddie.
Non avrebbe saputo spiegarne il motivo, perché innamorarsi dopo un solo bacio era veramente una follia, come aveva detto Freddie. Eppure, nonostante avessero evitato ad ogni costo di ripetere quell’esperienza, Dorothea non aveva fatto altro che pensare a lui. Da quel momento in poi, ogni volta che lo vedeva dall’altra parte di un salone da ballo il suo povero cuore sanguinava nel vedere il proprio desiderio che si rifletteva anche negli occhi di Freddie, e un altro pezzo della sua anima si spegneva.
«Peter avrà una bellissima sorpresa quando arriverà a casa, più tardi» dichiarò sua madre, continuando a sdilinquirsi per l’abito. «E poi dicono che la lontananza accresce la passione…»
Onestamente, Dorothea ne dubitava, giacché per lei era stato un enorme sollievo il fatto che il suo fidanzato fosse partito per la tenuta del suo amico Toby subito dopo l’annuncio ufficiale, e vi fosse rimasto per una lunga visita. Questa fortunata assenza comportava che, almeno con lui, non aveva dovuto fingere di essere contenta ed emozionata per le nozze imminenti, perché semmai le attendeva con ancora più angoscia.
Sua madre seguì la modista per parlare del suo corredo. Dorothea, la cui presenza era evidentemente inutile, si vestì e uscì per aspettarla in strada godendosi il sole. Con suo orrore, suo fratello George girò l’angolo un secondo dopo, in compagnia dell’unico uomo a cui non riusciva a smettere di pensare.
Il passo di Freddie vacillò di colpo, ma poi lui la guardò stampandosi un sorriso impersonale sul volto.
«L’abito per la festa di fidanzamento è un trionfo o è una disastrosa tortura?» le chiese suo fratello sogghignando.
«E’ una meraviglia, naturalmente, e mi va a pennello.» Dorothea gli rivolse un sorriso tanto finto da farle male alle guance. «Che cosa ti porta a Bond Street, quando detesti andare per negozi?»
«Siamo in missione per acquistare dei libri per rallegrare la sorella di Freddie durante la convalescenza. Questo furfante tornerà a casa, abbandonandomi ad affrontare da solo tutte quelle spaventose debuttanti.»
«Dunque parti, Freddie?» Dorothea non si era resa conto di quanto avesse sperato di essere salvata da un miracolo, finché non udì quella notizia. «Quando?»
«Stasera» rispose lui seccamente, fissandola con occhi tempestosi, pieni di rabbia, dolore e anche delusione nei suoi confronti. «Buona fortuna per il tuo matrimonio, Dot.»
Inclinò la testa con garbo, si scusò e si avviò deciso verso la libreria, ma dopo qualche passo ci ripensò, si voltò e la fissò, trafiggendole l’anima con i suoi occhi penetranti.
«Spero che le tue nuove babbucce ti vadano a pennello quanto il nuovo abito. Dicono che non c’è niente di peggio di un paio di scarpe che calza male. Dev’essere un vero supplizio.»