Il bacio del duca
di VIRGINIA HEATH
Londra, 1812. |
8
«Il pranzo è servito.» Lady Bulphan li indirizzò tutti verso i tavoli come una mandria di pecore.
«Grazie a Dio, sto morendo di fame!» Trascurando vergognosamente i suoi doveri come fratello di Dot, George abbandonò arco e frecce e si precipitò a seguire gli altri nello stesso momento in cui Dot scompariva tra gli alberi.
Solo, Freddie fissò l’orizzonte per venti secondi, prima di decidere di seguirla.
«Non è bellissimo qui?» Dorothea sorrise, fremente per l’agitazione perché Peter aveva scelto quel punto preciso per il loro picnic imposto dai genitori. Lo stesso punto in cui aveva baciato Freddie e probabilmente sarebbe stata ancora impegnata a baciarlo se un barlume di buonsenso non si fosse fatto largo nel suo cervello in mezzo ai suoi pensieri confusi, per ricordarle che era promessa a un altro. E chiaramente il suo cervello doveva essere parecchio annebbiato se si era abbandonata completamente al bacio di uno come lui!
Però, povera lei!, era stato un bacio sensazionale. Certamente tanto memorabile da assicurare che si fosse impresso nel suo corpo traditore, al punto che il ricordo era ancora presente un intero giorno dopo. Da allora era invasa da una smania languida, che né i sensi di colpa né la ragione riuscivano a stemperare.
Peter ricambiò il suo sorriso, ma con aria tesa. Ultimamente era spesso sulle spine in sua presenza. «Bellissimo, sì» confermò. «Anzi, è perfetto per…» Si batté sul panciotto poi, con gesti incerti, a scatti, tastò le tasche della giacca, quasi nel panico. «Perciò… Tanto vale toglierci finalmente il pensiero delle formalità.»
Formalità? Oh, Signore!
Dorothea si sforzò di stamparsi sul volto un sorriso mentre Peter tirava fuori un astuccio da gioielliere e glielo porgeva senza alcun garbo. «E’ un anello di famiglia. Antichissimo. Secondo Toby è un obbrobrio, ma è una tradizione dei Crawley, perciò…»
Dorothea aprì la scatolina e il minuscolo cardine emise un cigolio sinistro. Fissò l’anello che vi era contenuto e lo detestò al primo sguardo. Toby aveva ragione. L’anello era massiccio, con una spessa fascia d’oro ritorta, per nulla aggraziata, e un diamante giallastro trattenuto da sei fermagli appuntiti come artigli, enormi e scomodi. Era il genere di anello che si sarebbe impigliato dappertutto rovinando i vestiti.
«Bello…»
Peter lo tolse dalla scatolina e glielo mise al dito. Era stretto e fastidioso, come una scarpa che calzava male. L’ironia di quell’analogia non le sfuggì. «Comunque…» Di nuovo un sorrisetto tirato. «Pensavo che avremmo potuto annunciare il nostro fidanzamento stasera, visto che ci sono entrambe le nostre famiglie. Due piccioni con una fava, come si dice…» La voce di Peter si spense mentre lui attendeva la sua reazione alla proposta di matrimonio meno romantica e convincente del mondo.
Dorothea annuì, sentendosi morire dentro, come uno dei due proverbiali piccioni che avevano beccato la fava, trovandola avvelenata. «Sì… E’ assolutamente sensato annunciarlo stasera.»
«Fantastico.» Peter frugò goffamente nel cestino in cerca di una mela e la lucidò sulla coscia, tanto per fare qualcosa.
Doveva proprio essere tutto così impersonale e indifferente? Una situazione ben diversa dal bacio tra lei e Freddie in quello stesso punto. Quel primo bacio ardente e sconvolgente aveva rappresentato una promessa di passione ancora più incandescente. E il bacio di Peter l’avrebbe eguagliato? Il suo corpo avrebbe mai desiderato il suo futuro marito con lo stesso trasporto con cui desiderava lo scandaloso amico di suo fratello?
«Non dovremmo suggellare il nostro fidanzamento con un bacio?» La sua domanda audace lasciò esterrefatto il suo fidanzato, che sembrava pronto a darsela a gambe per quella proposta.
«Se vuoi.»
Tanta mancanza di entusiasmo era deprimente, ma Dorothea doveva accertarsi delle proprie sensazioni, perciò si protese verso di lui e premette le labbra sulle sue. Non provò niente, proprio come aveva temuto.
Niente eccetto una profonda disperazione.