Il bacio del duca
di VIRGINIA HEATH
Londra, 1812. |
6
«Peter!» gridò il suo migliore amico, lo scostante Lord Toby Sedgewick, chiamandolo dall’altra parte del prato mentre brandiva le racchette da tennis. «Ci serve urgentemente il quarto!»
«Arrivo!» Al suo quasi-fidanzato non servì altro incoraggiamento per balzare in piedi, poi sorrise imbarazzato a tutti loro con un’espressione alquanto avvilita. «Sempre che non sia un problema…»
Tutti guardarono Dorothea in attesa che gli desse il permesso, pensando quasi che sarebbe stata inconsolabile se Peter se ne fosse andato, ma lei annuì con brio per dargli la sua approvazione. «Divertiti.» Perché sicuramente lei non si divertiva affatto e non poteva biasimarlo se voleva sfuggire all’allegria forzata che contraddistingueva il loro rapporto. Da un’ora Dorothea cercava disperatamente una scusa per sganciarsi, il che non prometteva bene considerato che sarebbero stati bloccati insieme per due giorni lì nell’amena tenuta dei Bulphan nel Surrey, e poi per tutta la vita dopo le nozze.
«Dovresti andare con loro.» Sua madre le diede una leggera gomitata nel fianco. «A incitare Peter.»
«No…» Oltre al fatto che non voleva fare da terzo incomodo, anzi, da quinto incomodo, Toby la metteva sempre a disagio, anche se Dorothea non capiva perché la detestasse tanto. «Volevo raggiungere anch’io le mie amiche, veramente.»
Mentre Peter andava via saltellando per la fretta, Dorothea si alzò e finse di guardarsi intorno in cerca delle amiche, poi si avviò a passo deciso dall’altra parte del prato, per il timore che le due madri intendessero farle l’ennesima predica su come allettare Peter in modo che le chiedesse di sposarlo. Degli alti cespugli giunsero a proposito, per ripararla dalla loro vista mentre si allontanava dalla festa per andare a rifugiarsi nel bel boschetto che faceva parte della tenuta.
Finalmente sola con i suoi pensieri confusi, Dorothea trovò un punto tra gli alberi che era esposto al sole, e si distese supina in mezzo alle ultime campanule in fiore, a fissare il cielo nella speranza che le venisse un’illuminazione per trovare una soluzione che la liberasse dal disagio.
Un’ombra improvvisa le oscurò il volto, e poi Dorothea udì una voce fastidiosa. «Come va il tuo tentativo d’innamorarti del tuo uomo ideale… per i tuoi genitori?»
Tipico di Freddie essere brutalmente diretto, pensò lei con stizza perché l’aveva trovata dopo che aveva cercato con cura di nascondersi dallo sguardo altrui.
Si alzò e lo fulminò con lo sguardo anche se la sua presenza le faceva battere più forte il cuore. «Una domanda più adeguata sarebbe perché mi hai seguita qui.»
«Me lo chiedevo anch’io.» Almeno non tentava di negarlo. Freddie si strinse nelle spalle. «L’unica risposta che posso darti con sincerità è che ho obbedito a un impulso. Con mio estremo disappunto, e malgrado mi sforzi strenuamente di non farlo, a quanto pare mi preoccupo per te.» Sembrava sconcertato dalla cosa quanto dai motivi per cui l’aveva seguita. «Nessuno dovrebbe sposarsi se non vuole, Dot.»
«Non è che non voglio…» Non avendo nessun altro con cui confidarsi, Dorothea si decise a parlare con Freddie, che sembrava l’unica persona al mondo che si era accorta della sua riluttanza a rassegnarsi all’imminente fidanzamento. «E’ piuttosto che…» Come formulare un pensiero che non riusciva neppure a inquadrare esattamente? «Io e Peter siamo abituati a essere amici, perciò ci vuole tempo per adattarsi a un rapporto diverso, come le scarpe nuove.»
«Scarpe nuove?» ripeté lui.
«Quelle che non calzano ancora alla perfezione.» Lo sguardo scettico di Freddie per quell’analogia la fece sentire sciocca.
«Per esperienza, se le scarpe non si adattano come un guanto la prima volta che le provi sarebbe un errore acquistarle, Dot. Non c’è niente di peggio. Le scarpe che non vanno bene fanno venire le vesciche e i calli.»
«Non è…»
Lui le sfiorò il braccio. Fu un tocco leggero, rapido, ma la sensazione del contatto le si propagò in tutto il corpo. «Se temi di spezzare il cuore di Peter, devo informarti che nelle ultime settimane l’ho tenuto d’occhio quasi quanto ho osservato te…» Quella frase non avrebbe dovuto farle tanto piacere! «E non mi sembra un uomo innamorato perso. Fidati, conosco bene i sintomi, e lui non ne dimostra neppure uno.»
«Per esempio?» Dorothea incrociò le braccia, irritata dalla conferma dei suoi sospetti, ma anche dall’emozione che aveva provato per quel tocco lieve.
«Che lo sguardo dell’uomo cerca sempre la donna che è l’oggetto dei suoi desideri, ed è attratto da lei quando si sposta. Che pensa costantemente a lei. La sogna. Si preoccupa per lei.» Freddie si accigliò e si passò nervosamente una mano fra i capelli. «La segue nel bosco pur sapendo che non dovrebbe perché ufficialmente appartiene a un altro, ma non riesce a trattenersi.» I suoi intensi occhi azzurri fissarono quelli di Dorothea, che notò il suo turbamento. «Ma arde dal desiderio di baciarla, solo una volta, per fare una prova e vedere se quell’unico bacio è emozionante quanto sembra essere ogni minimo contatto.»
Dorothea lo guardò attonita, battendo le palpebre, immobile pur sapendo che avrebbe dovuto allontanarsi alla svelta, mostrando indignazione per la sua impertinenza. Come osava dirle cose tanto scandalose?
Quale ardire!
Eppure quando Freddie le prese la mano, le dita di Dorothea strinsero le sue, come mosse da volontà propria, e quando lui l’attirò a sé con delicatezza, lei si abbandonò, arrendevole. Sospirò languida con le labbra sulle sue, che le sfioravano la bocca come se fossero state sempre destinate a trovarsi lì.