Vacanze romane
di LUCY MONROE
Erano bastate tre splendide giornate di sole nelle vie di Roma, per convincere Bethany che il suo piano iniziale era una colossale stupidaggine. Venire in Italia, incontrare un uomo affascinante, spassarsela con lui per almeno una settimana per poi tornarsene a casa con la convinzione di non essere affatto l'iceberg che diceva il suo ex marito.
Andrea non aveva mai provato una simile attrazione per una donna e, per quanto Bethany l'avesse intrigato al primo sguardo, non gli piaceva aver così poco controllo sui propri desideri. Forse era solo colpa del profumo di fiori che lei emanava dalla pelle. La parte cinica di lui, quella cui era stato insegnato che la gente avrebbe sempre tentato di approfittarsi di lui, si stava chiedendo se una donna potesse essere davvero tanto sincera.
Bethany si precipitò verso il caffè tanto pittoresco quanto costoso dove aveva pranzato, agitata da una sinfonia dissonante di speranza, frustrazione e ansia.
Era a Roma da tre giorni. Tre giornate splendide, calde, in cui aveva trascorso più tempo a perdersi che a visitare la città, senza avvicinarsi neanche un po' al conseguimento del suo obiettivo. Il piano – venire in Italia, incontrare un uomo affascinante, spassarsela con lui per una settimana o giù di lì per poi tornarsene a casa con la convinzione di non essere per niente una frigida puritana come insisteva il suo ex marito – era stato assurdo fin dall'inizio. Non secondo sua madre, ovviamente, visto che l'idea era stata sua. Aveva regalato a Bethany un viaggio a Roma, tutto spesato, oltre a fornirle una serie di consigli su come migliorare il proprio aspetto e il suggerimento di vivere un'avventura senza legami.
Sentire questi consigli dalla bocca di una donna timida e piuttosto tradizionalista, che oltretutto era stata sposata con lo stesso uomo per più di trent'anni, sarebbe stato divertente da morire se non fosse stato così sconcertante.
E per non dare un dispiacere alla madre, Bethany aveva deciso di seguire i suoi consigli. Aveva speso ben cento dollari per farsi fare un taglio elegante e ravvivare il castano scialbo dei suoi capelli con dei colpi di sole, e altri trenta per un kit "Danza del ventre in 10 lezioni", per non parlare delle serate trascorse a usare i cimbali e seguire i suggerimenti compresi nel kit su come entrare in contatto con la sensualità che c'era in lei. Non era sicura che fosse servito a molto, ma adesso era un'esperta in fatto di ancheggiamenti. Si era addirittura fatta fare la prima pedicure della sua vita; ora stava bene anche con i sandali.
Ma a quanto pare niente di tutto ciò era servito a farla apparire anche vagamente meno noiosa all'altro sesso; forse il suo ex marito aveva ragione.
Spingendo la porta del locale, si catapultò dentro, finendo contro un muro. Non ricordava che ci fosse un muro di fronte all'entrata.
Un po' stordita, rifletté su quella stranezza finché il muro non si spostò e sentì due mani calde che le si posavano sulle spalle. "Mi scusi. Si è fatta male?"
Alzò la testa e incontrò due intensi occhi scuri in un viso che avrebbe fatto invidia agli angeli. Non aveva mai visto un uomo così bello. Perfino il suo ex marito, Kurt, era solo un ragazzo carino in confronto a questo Adone italiano che irradiava virilità e maturità. Non che fosse vecchio, anzi. Probabilmente non aveva più di trent'anni, ma nel suo sguardo c'era una miniera di consapevolezza sofisticata che lei non sperava di arrivare a possedere neanche a novant'anni.
"I'm sorry. Cioè, mi scusi" disse, sforzandosi di ricordare le frasi del corso d'italiano in cassetta che sua madre aveva insistito che ascoltasse in aereo.
"È inglese?". La sua voce, incredibilmente sensuale, la toccò in un punto che non era mai stato neanche sfiorato in due anni di intimità coniugale, e Bethany trattenne a stento un brivido.
"Americana."
Quelle mani le strinsero le spalle, ma non la respinsero, né lei cercò di spostarsi.
"Non si deve scusare."
"Ero distratta."
"Mi fa molto piacere." Le sorrise, l'implicazione delle sue parole era tanto inconfondibile quanto l'apprezzamento maschile nel suo sguardo.
Era come se l'aria intorno a lei fosse stata risucchiata da un vortice, lasciandola intontita e incapace di proferire una risposta al commento quasi sfacciato di lui.
"Ha fretta?" le chiese.
"Fretta?"
Ebbe un tuffo al cuore alla vista di quel sorriso che si faceva sempre più smagliante.
"È entrata proprio di corsa."
"Ah, sì. Io... sì, ho fretta" farfugliò. "Ho... lasciato qui la borsa, prima... me ne sono accorta solo quando volevo comprare un biglietto della metropolitana..."
Lo sguardo di lui si fece serio. "Questa è una cosa grave."
"Sì." Ma in quel momento non riusciva a ricordarsi il perché.
Una voce dietro di loro disse qualcosa, e lui si girò, lasciando ricadere le mani. Si scusò per aver bloccato l'ingresso, poi, cingendole la vita con un braccio come se si conoscessero da sempre, la allontanò dalla porta per far entrare una coppia. La donna – che sembrava una giovane Sophia Loren, bruna e affascinante – lanciò a Bethany uno sguardo a metà fra l'incuriosito e l'invidioso. Bethany si stupì per quell'evidente invidia, considerando che anche il compagno dell'altra donna non era niente male.
Ma non si soffermò troppo a pensare allo sguardo della donna. Non ci riusciva, non con la pressione di quella mano sulla vita. Il tocco delle dita dello sconosciuto sprigionava scintille di calore che dai fianchi si diffondevano al resto del corpo, provocando in lei una reazione che non aveva mai provato fino ad allora. Aveva letto dell'attrazione sessuale istantanea ma non l'aveva mai sperimentata, e niente di quello che c'era nei libri si avvicinava minimamente alle sensazioni che adesso l'avevano pervasa. Riusciva a malapena a respirare, e il suo cervello molto probabilmente aveva smesso di funzionare.
Forse era per questo che non si era ancora data da fare per recuperare la borsa. "Devo..." ma la sua voce si affievolì quando incrociò di nuovo lo sguardo di lui.
"Chiederò io della sua borsa."
"Grazie."
La condusse con sé, la mano ancora saldamente posata sul suo fianco... e lei lo lasciò fare.
La possibilità che lui non provasse quella stessa irresistibile attrazione sessuale che le travolgeva i sensi cercò di prendere forma come idea coerente, ma la respinse. Una cosa tanto potente non poteva essere a senso unico. O no?
Sorridendo e parlando rapidamente in italiano, il proprietario del caffè, un omino dall'aria simpatica, tirò fuori la borsa di Bethany non appena il suo compagno gliela chiese.
Le passò la borsetta rosa e nera, appena più grande di un portafoglio, sgridandola bonariamente: "Dovrebbe stare più attenta, signorina". Scosse la testa. "Se non l'avessi vista sulla sedia..."
"Sicuramente sarebbe sparita" disse l'uomo al fianco di Bethany.
Lei gli lanciò un'occhiata di traverso, chiedendosi se la considerasse una sciocca per aver dimenticato la borsa, ma aveva un'espressione seria, non critica.
"Non ci tengo né il passaporto, né tanti soldi" disse, sulla difensiva. "Solo qualche euro, la patente per non andare in giro senza un documento e una carta di credito."
"Controlli che ci sia tutto. Qualcuno potrebbe aver visto la borsa prima di Antonio."
Lei annuì e rovistò rapidamente in borsa. Non si preoccupava tanto per i trucchi e gli altri oggetti femminili che aveva iniziato a portarsi dietro da quando era in Italia, ma sembrava tutto a posto.
Guardò il proprietario del locale e sorrise. "Non manca niente."
Lui annuì, gonfiando il petto per l'orgoglio. "L'ho vista appena se n'è andata, e l'ho messa dietro al bancone."
"Grazie." Porse del denaro ad Antonio in segno di riconoscenza, ma lui si rifiutò di prenderlo.
"Ma no, signorina. Per me aiutare una donna bella come lei è un vero piacere."
Lei rise di questo esempio tipico dell'esagerazione degli italiani. "Be', grazie comunque."
"Non gli crede?" le chiese l'affascinante sconosciuto.
"Che per lui è stato un piacere aiutarmi? Non ne dubito. Sembra un uomo molto gentile." Sorrise di nuovo al proprietario del caffè. "Mi ha evitato una grande scocciatura. Grazie, davvero."
"Ah, quindi è sulla sua bellezza che nutre dei dubbi?" indagò il suo prode cavaliere con tono scherzoso.
Lei scrollò le spalle, ma quando gli sfiorò per sbaglio il petto con le braccia, le sinapsi che collegavano il cervello e la bocca finirono temporaneamente fuori uso, e dovette cercare di ricordarsi quale fosse stata la domanda prima di potergli rispondere.