Vacanze romane
di LUCY MONROE
Erano bastate tre splendide giornate di sole nelle vie di Roma, per convincere Bethany che il suo piano iniziale era una colossale stupidaggine. Venire in Italia, incontrare un uomo affascinante, spassarsela con lui per almeno una settimana per poi tornarsene a casa con la convinzione di non essere affatto l'iceberg che diceva il suo ex marito.
Andrea non aveva mai provato una simile attrazione per una donna e, per quanto Bethany l'avesse intrigato al primo sguardo, non gli piaceva aver così poco controllo sui propri desideri. Forse era solo colpa del profumo di fiori che lei emanava dalla pelle. La parte cinica di lui, quella cui era stato insegnato che la gente avrebbe sempre tentato di approfittarsi di lui, si stava chiedendo se una donna potesse essere davvero tanto sincera.
Andrea non riusciva a credere che Bethany avesse acconsentito al bacio pur sapendo che probabilmente sarebbe diventato molto di più. "Ti riporto in albergo?"
"D'accordo."
"Sei sicura?" E lui invece? Non aveva mai commesso una pazzia del genere, ma sapeva che gli aveva detto la verità. Su tutto. Era stata con un uomo solo, l'ex marito... quel bastardo così stupido da tradirla e poi lasciarla. L'unico rischio che potevano correre nel fare l'amore era quello di una gravidanza, ma aveva intenzione di usare il preservativo. Era infatuato, non stupido.
"Sì" sussurrò lei.
"Andiamo allora."
Bethany era certa che lui fosse abituato ad ambienti ben più lussuosi della sua camera d'albergo, ma Andrea la seguì in silenzio, avvolgendola con l'intensità del suo desiderio.
Il letto a due piazze occupava quasi tutta la stanza, che a dire il vero non era molto grande... o forse era solo un'impressione, dal momento che la sua mente era consumata dall'idea di ciò che vi sarebbe successo di lì a poco.
Bethany posò la borsa sul cassettone e si volse a guardarlo, mentre il battito del cuore accelerava per un bisogno che andava molto al di là del desiderio fisico. "Posso offrirti qualcosa?"
Ma lui le cinse la vita con le mani, attirandola a sé, e il suo corpo non oppose alcuna resistenza. "Voglio solo te, dolcezza" le mormorò.
Poi abbassò la testa fino a sfiorarle le labbra, scatenando in lei un'esplosione di fuochi d'artificio. Lei gli appoggiò le mani sul petto scolpito, affascinata dal calore che traspirava dalla sua camicia. La attraeva a un livello puramente istintivo. Il suo odore, il suo sapore, la sua stessa essenza, le colpivano i sensi, assicurando la parte primitiva che c'era in lei che Andrea le apparteneva e che era sempre stato così, ancora prima che si conoscessero. Non c'era spazio per la reticenza in questa loro unione, e il suo corpo lo aveva capito, dalla testa che esplodeva per il desiderio alle mani freneticamente impegnate a sbottonargli la camicia. Era fatto su misura per lei. E anche lei era fatta su misura per lui. Non capiva come facesse a esserne sicura, ma lo era. Non si trattava di un'avventura di una notte né di una storiella che sarebbe finita con il suo ritorno negli Stati Uniti. Era qualcosa di più. Molto di più.
Senza esitare, schiuse le labbra all'insistenza della sua lingua. Andrea s'impossessò della sua bocca così sensualmente da lasciarla stordita e tremante; si appoggiò a lui, incapace di reggersi in piedi da sola.
Era perfetto. Non aveva mai provato niente di così perfetto.
Andrea lasciò scivolare le mani dai fianchi di Bethany al fondoschiena e cominciò a toccarla, accarezzandola, stringendola, facendola impazzire di desiderio prima di scendere ancora, sotto la gonna, per accarezzare la pelle delicata e sensibile lungo le cosce e poi fino ai glutei. Era una sensazione meravigliosa, incredibile.
Bethany gemette, infilandogli a sua volta le mani sotto la camicia. Toccare il suo petto villoso era un'esperienza nuova per lei, visto che Kurt preferiva depilarsi, e la sensazione che provava nell'accarezzare la soffice peluria di Andrea le piaceva da morire; era un vero uomo. Avrebbe passato volentieri tutta la vita a toccarlo.
Lui la baciò ancora più intensamente, afferrandole le natiche per avvicinarla a sé, in modo che avvertisse senza ombra di dubbio il calore del suo desiderio. La maniera in cui premeva il corpo contro il suo, i rochi gemiti che sembravano uscirgli dalle viscere, la pressione di quelle dita sulle sue curve... tutto ciò rivelava un autocontrollo precario che Bethany non vedeva l'ora di sconvolgere.
La consapevolezza di avere questo potere su di lui la eccitava come mai nulla prima. Con quest'uomo era tutt'altro che una frigida puritana.
Andrea la sollevò un poco e lei, senza neanche pensarci, aprì le gambe cingendogli la vita. Avvertì la sua approvazione dai gemiti gutturali che gli sfuggirono dalle labbra. Andrea staccò la bocca da quella di Bethany e pronunciò un torrente di parole in italiano, di cui lei non capì molto se non "bella" e "perfetta".
"Ti voglio, Andrea."
"E mi avrai."
I loro vestiti scivolarono via; movimenti frenetici accompagnavano le parole appassionate di entrambi. Quando finalmente si lasciarono cadere, nudi, sul letto, Bethany si sentì mancare per la forza quasi dolorosa del desiderio che la tormentava.
Inarcò i fianchi. "Prendimi ora, Andrea. Ora!"
Lui armeggiò con un preservativo e fece ciò che gli aveva chiesto, entrando in lei con un'unica, potente spinta. I suoi muscoli si irrigidirono per la tensione.
"Mi avrai, amore mio. Siamo fatti l'uno per l'altra."
"Sì" sussurrò lei, mentre si abbandonava alle sue spinte possenti, attirandolo sempre più dentro di sé.
Fecero l'amore in maniera furiosa, raggiungendo insieme un orgasmo tanto intenso che Bethany per qualche attimo perse il contatto con la realtà. Quando si riprese, lui le stava baciando il viso, sussurrandole parole dolci pelle contro pelle.
Poi si impadronì di nuovo delle sue labbra e ricominciarono le carezze, il piacere, ma questa volta il ritmo fu più lento, e lui le fece di nuovo raggiungere l'orgasmo portandola un'altra volta alle stelle.
Quella notte dormirono ben poco, e trascorsero insieme anche la giornata successiva, a letto e fuori dal letto. Furono inseparabili per due magnifiche giornate. Lui fece portare le sue cose all'albergo, e poi si preoccupò di mostrarle una Roma che lei aveva solo sognato di conoscere. Il terzo giorno, invece, era fissata una riunione in banca a cui non poteva sottrarsi, seguita da aperitivo e cena.
"Non posso liberarmi, dolcezza, ma manderò un'auto a prenderti così mi raggiungerai per la cena."
Dopo due giorni di passione, due giorni in cui lui non aveva smesso di ripeterle che era la donna più bella del mondo, non poteva non sentirsi nervosa all'idea di conoscere i suoi colleghi. "Sarò pronta."
"Mettiti il vestito rosa. Ti sta d'incanto."
Il giorno prima l'aveva accompagnata a fare shopping, insistendo per comprarle qualunque cosa le piacesse. All'inizio era stata riluttante ad accettare, ma lui era stato irremovibile: era una cosa che rendeva molto più felice lui di lei.
***
"Mi dispiace disturbarla, signor di Rinaldi, ma c'è una telefonata urgente per lei. Da New York. Una questione di famiglia..."
Andrea fissò il giovane il cui tono sommesso aveva interrotto la conversazione attorno al tavolo. L'unica famiglia che aveva a New York al momento era il fratello maggiore. I loro genitori erano partiti in crociera per festeggiare l'anniversario.
"Me la passi nell'ufficio del direttore."
Dieci minuti più tardi riagganciò, in preda a incredulità mista a paura. Suo fratello Enrico era ricoverato in un ospedale di New York, in coma.
Andrea dettò rapidamente delle istruzioni al suo assistente. Gli servivano uno slot di decollo all'aeroporto, il jet privato pronto e rifornito di carburante, e dei vestiti dalla stanza d'albergo di Bethany. La chiamò, ma era ancora fuori.
Dopo aver riattaccato, si rese conto che avrebbe dovuto lasciarle un messaggio, visto che per molte ore non avrebbe più avuto occasione di parlarle. Se solo avesse potuto portarla con sé... ma sicuramente era in giro chissà dove senza cellulare, e lui non poteva aspettare che tornasse in albergo. A ogni ora diminuiva la probabilità di trovare il fratello ancora in vita.