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Bentornato, amore mio!

di REBECCA WINTERS

Jean-Jacques Armentier è appena giunto a St. Paul de Vence, nel sud della Francia, per assumere il ruolo di Amministratore Delegato alla Giraud Cosmetics Corporation. Mentre la sua famiglia freme di gioia per il suo ritorno a casa dopo cinque anni di assenza, e gli impiegati dell'azienda sono compiaciuti, una donna non è per niente ansiosa di vederlo di nuovo.

Cinque anni prima, Jean-Jacques ha spezzato il cuore di Nicole Giraud. Adesso lei vuole sapere perché se n'è andato e, soprattutto, perché è ritornato.

Capitolo 1

«Giselle?»
«Sì, signor Armentier? Cosa posso fare per lei?»
Jean-Jacques Armentier, che si era da poco insediato nel suo nuovo ufficio di amministratore delegato della Giraud Cosmetics Corporation, guardò la sua segretaria personale e sorrise.
«Non potresti chiamarmi Jean-Jacques e darmi del tu, Giselle?»
«È... sei sicuro?» domandò lei, apparentemente di­sorientata ma in realtà contenta.
«Sono sicuro.»
Lei si schiarì la gola. «Bene, sono felice di vedere che non sei cambiato.»
«Dopotutto, sono ancora un semplice chimico, e il figlio di un coltivatore di fiori.»
«Oh, sei molto più di questo, adesso!»
«Non ricordarmelo. In effetti, sono quello da cui ci si aspetta la gratifica natalizia...»
«Vero» convenne Giselle divertita. «Preferisci che sia qualcun altro a distribuire gli assegni?»
«Vorresti forse cedermi il privilegio, per questa volta? Ho bisogno di una scusa per incontrare tutto il personale, prima delle vacanze. E se elargirò del denaro, probabilmente torneranno anche l'anno prossimo...»
Giselle emise una bassa risata di gola. «Gli assegni sono nella cassaforte, pronti per essere firmati.»
«Fantastico. Pensavo che fosse meglio distribuire oggi le gratifiche, anziché mercoledì.»
«Mi hai letto nel pensiero!» scherzò lei. Poi divenne seria. «Se vuoi sapere la verità, sono tutti felici del tuo incarico.»
Jean-Jacques annuì. «È bello sentirlo, ma non sono ancora sicuro che non sia un sogno. Ogni minuto temo di svegliarmi sdraiato in un campo di lavanda.»
«Adesso devi pensare al futuro dell'intera azienda, non di un solo campo di fiori... Quando vuoi, io sono pronta con gli assegni.»
Alla fine della giornata, Jean-Jacques aveva distribuito gratifiche a tutti in azienda, eccetto Vivige Honfleur, una donna che non aveva mai incontrato. Sapeva che era corsa all'asilo infantile interno, che era stato inaugurato da poco. Cinque anni prima, quando Jean-Jac­ques se n'era andato da Vence per studiare e lavorare per le profumerie Giraud a Parigi, non esisteva ancora; all'epoca era lontano dai suoi pensieri, oggi era un servizio utile e prezioso per molti dipendenti.
Supponendo che la maggior parte degli impiegati fosse già andata a prendere i figli, Jean-Jacques pensò che avrebbe fatto bene raggiungere la signora Honfleur all'asilo.
Lasciò l'ufficio e si incamminò verso l'edificio adiacente al parcheggio, ripensando a quanto erano stati contenti i lavoratori nel ricevere in anticipo i bonus natalizi. Molti si ricordavano di lui e gliel'avevano detto, e anche lui ne aveva riconosciuti parecchi. Persino adesso alcune madri lo stavano salutando fuori dall'ingresso dell'asilo.
Delle voci giungevano da una delle stanze adibite ad aule con piccoli tavoli, sedie e giocattoli. Jean-Jacques varcò la porta e vide la testa ricciuta di un bambino che parlava con la maestra mentre lei l'aiutava a vestirsi.
Un uomo lo sorpassò in fretta per raggiungere il figlio, ma l'attenzione di Jean-Jacques fu attratta dalla donna piegata che si stava alzando per salutare il padre del bambino: la gonna si era alzata dove il piccolo si teneva attaccato, rivelando una gamba bellissima e proporzionata.
Oh, mio Dio. Era Nicole!
Come i fiori che da sempre avevano abbellito il suo mondo, Nicole Giraud, erede della fortuna delle profumerie Giraud, era stata parte integrante della sua vita. Da giovane, la sua natura dolce, insieme alla sua bellezza, gli erano rimasti nel sangue. Nicole e la Provenza, un legame assolutamente inseparabile.
Se non avesse saputo che lei stava per sposarsi e che si sarebbe trasferita in Inghilterra, Jean-Jac­ques non avrebbe mai considerato l'idea di accettare quell'incarico e di tornare a Vence. Erano cinque anni che non la vedeva, e adesso gli sembrava fosse ieri che...
* * *
Nicole salutò il piccolo Luc, poi si girò verso il padre che era appena entrato. «Posso aiutar...»
Non terminò la frase, perché non era un genitore l'uomo che aveva davanti. Suo malgrado, un gemito le sfuggì dalla gola. «Jean-Jacques...» Era più alto e più magro di come lo ricordava.
Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma non era pronta. Gli occhi scuri di lui, che avevano sempre avuto la capacità di guardarle attraverso l'anima prima di stordirla con un bacio, erano diventati più intensi e penetranti; tuttavia non mostravano segni di calore o di gentilezza mentre la percorrevano.
«È passato tanto tempo, cherie» disse infine lui, con una calma invidiabile e un distacco emotivo che fecero precipitare il suo cuore nel vuoto come una pietra.
Gli anni trascorsi - quelli in cui lui l'aveva lasciata ed era andato a Parigi - l'avevano cambiato. Non era più abbronzato come un tempo, ed era ovvio perché non lavorava più nei campi come cinque anni prima. Era diventato un uomo distante... irraggiungibile.
Fisicamente, era più attraente che mai. Portava ancora i capelli un po' lunghi, e lei risentì la stessa voglia di allora di lasciarci scorrere le dita. Ma c'erano nuove linee intorno alla sua bocca e ai lati del naso, che gli conferivano una sconosciuta durezza. Quella decisa freddezza sembrava sfidarla a rompere la barriera per svelare l'uomo per il quale aveva perso il cuore anni prima.
Di nuovo così vicino a lui dopo tanto tempo, Nicole realizzò all'improvviso che per lei non era cambiato nulla. Era ancora innamorata di lui.
«Sei sempre uguale, Nicole. Sei sempre la bella, ricca ragazza che piombava nella piantagione di mio padre per regalarmi un fremito quando non avevi niente di meglio da fare.»
Nicole gettò indietro la testa, facendo dondolare i capelli scuri sulle spalle. Finché lui non aveva accennato alla differenza sociale tra loro, per lei non era mai esistita. Era così strano che ne parlasse: lei era sempre stata troppo presa dai sentimenti che provava per lui per preoccuparsene.
«Se ricordi, la piantagione di tuo padre era il primo posto dove venivo ogni giorno dopo la scuola perché sapevo di trovarti. Ed era il solo posto dove desideravo essere» gli confessò calma.
Jean-Jacques strinse le spalle con un movimento elegante che gli apparteneva, prima di raddrizzarsi. I suoi lineamenti si indurirono.
«È stato molto tempo fa.»
«Molto tempo» ammise lei, senza riuscire a nascondere il tremore nella voce.
«Devo ammettere che sono sorpreso di vederti qui, in un asilo.»
Lei prese un sospiro. «È stato costruito l'anno in cui te ne sei andato. Da allora, in dicembre, do sempre una mano a preparare la recita natalizia dei bambini.»
Quella notizia lo stupì. «Pensavo stessi per sposarti e che non avessi tempo per queste cose.»
Gli occhi scuri di Nicole cercarono i suoi con una franchezza che gli provocò l'ennesima scossa al cuore. «Ti riferisci a Colin?»
Jean-Jacques si strofinò nervosamente la nuca. «Se è l'uomo che ho visto con te sul giornale... sì. Parlava di un matrimonio imminente...»
Nicole era immobile. «No. Non è previsto nessun matrimonio.»
Jean-Jacques si irrigidì. Non poteva aver sentito bene. Se Nicole non stava per sposarsi, significava che loro due...?

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