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Bentornato, amore mio!

di REBECCA WINTERS

Jean-Jacques Armentier è appena giunto a St. Paul de Vence, nel sud della Francia, per assumere il ruolo di Amministratore Delegato alla Giraud Cosmetics Corporation. Mentre la sua famiglia freme di gioia per il suo ritorno a casa dopo cinque anni di assenza, e gli impiegati dell'azienda sono compiaciuti, una donna non è per niente ansiosa di vederlo di nuovo.

Cinque anni prima, Jean-Jacques ha spezzato il cuore di Nicole Giraud. Adesso lei vuole sapere perché se n'è andato e, soprattutto, perché è ritornato.

Capitolo 4

Rifiutare la richiesta di Nicole sarebbe stato sciocco: avrebbe finito per attribuire alla faccenda più importanza di quanta ne meritasse.
«Quanti bambini ci sono all'asilo?» domandò mentre si alzava.
Nicole era già in piedi. «Quaranta tra bambini e neonati. Ma al ricevimento interverranno solo quelli di quattro e cinque anni. Sono diciotto.»
Era meglio che andasse con lei ora, e intervenisse alla festa di Natale, senza sollevare obiezioni. Se Dominic l'avesse chiamato abbastanza presto, avrebbe potuto essere di ritorno a Parigi per il primo dell'anno.
«Ho una conferenza telefonica alle due, ma possiamo uscire a fare acquisti fino ad allora, se saltiamo il pranzo...»
«Per me va bene» acconsentì lei, imperturbabile. «Visto che l'asilo è chiuso per le vacanze, ho potuto fare una abbondante colazione con la mia famiglia, stamattina.»
Lui la seguì nel suo ufficio, dove lei recuperò il cappotto, poi uscirono nel parcheggio e raggiunsero una delle macchine della ditta. Lui le aprì la portiera, poi girò intorno all'auto e si mise al posto di guida.
«Pensavo facessi sempre colazione con la tua famiglia» osservò mettendo in moto.
Nicole aspettò finché non si immise nel traffico. «Questo era vero quando ero una ragazzina» osservò. «Ma, come te, anch'io sono cresciuta e ho lasciato la casa dei miei.»
Davvero? Quando stava nella casa di famiglia, lui l'aveva sempre considerata come la principessa che viveva sulla cima della collina incantata, che lui avrebbe dovuto conquistare sul suo cavallo bianco. Ma non c'era nessun cavallo nella stalla degli Armentier. Non avevano abbastanza soldi per permetterselo.
«Così vivi ad Antibes, adesso? È una bella cittadina» osservò lui ricordando che, una volta che erano stati là in moto, lei gli aveva mostrato la fantastica villa dei suoi nonni che si affacciava sul mare.
«Antibes...?»
«La villa dei tuoi nonni. Non l'hanno lasciata a te?»
Nicole emise una risata secca. «La villa dei miei nonni è adatta a una famiglia numerosa, non a una donna sola che lavora. Ho affittato un piccolo appartamento in rue de Mistral.»
Il cuore di Jean-Jacques perse un colpo. Non era lontano dal suo appartamento! Non voleva sapere altro, non voleva pensare che lei era a pochi passi da lui, sola...
«Mi stupisci, Jean-Jacques, Davvero pensi che io possa stare su una favolosa terrazza affacciata sul Mediterraneo sorseggiando champagne e studiando come spendere i miei milioni nel weekend?»
Da ragazzo, quello era stato proprio ciò che aveva creduto, e i suoi pensieri non si erano fermati lì: aveva immaginato di scalare quella terrazza e di fare appassionatamente l'amore con lei nel sole di mezzogiorno, mentre una lieve brezza li accarezzava portando il profumo del gelsomino.
Un sospiro gli sfuggì dalle labbra.
La loro era stata una storia sbagliata fin dalla partenza, come una di quelle controverse vicende d'amore letterarie. Non era stato solo il padre di Nicole ad avversare il loro amore, anche i suoi genitori non volevano che il suo nome fosse associato a quello di lei.
«Pare che siano cambiate molte cose mentre sono stato via. Prometto di non fare altre congetture» commentò mentre si fermava all'ingresso del parcheggio sotterraneo del centro commerciale. «Perché non mi precedi mentre parcheggio l'auto? Ti raggiungo in negozio» propose.
«D'accordo, ci vediamo là» acconsentì lei scendendo con un movimento aggraziato.
Mentre aspettava che l'auto davanti a lui si muovesse, Jean-Jacques seguì con lo sguardo la sua figura snella e attraente. E non era il solo: tutti i passanti si giravano a guardarla. A Vence, Nicole era una sorta di principessa.
Mio Dio, Nicole. Non sarei dovuto venire con te.
Era una sensazione che aveva già provato, cinque anni prima.

Entrando nel grande magazzino, Nicole lasciò uscire il respiro che aveva trattenuto. Per un momento, in ufficio, aveva temuto che Jean-Jacques si rifiutasse di andare con lei. Solo perché lui si sentiva in obbligo di aiutarla a fare gli acquisti, non significava che non avesse altro da fare... In fondo al cuore, Nicole sapeva benissimo che quello che desiderava era una sorta di miracolo: il ritorno al passato.
In ogni caso, intendeva portare avanti il suo piano, e forse...
Quando lui la raggiunse nel reparto dei giocattoli per bambine, Nicole aveva già scelto dei giochi per i più piccoli, chiedendo che li incartassero e li consegnassero direttamente all'asilo.
Il cuore di Nicole si mise a galoppare quando lo vide, alto e affascinante, che camminava verso di lei. Pur attraverso la distanza che li separava, sentì i suoi occhi scuri di sé. Così come si rese conto che ogni donna nel grande magazzino ammirava quel poderoso corpo maschile, e il modo in cui si muoveva; con un'innata, virile consapevolezza.
Nicole gli andò incontro tenendo tre bambole tra le braccia. «Quale ti piace di più?» gli domandò.
Lui aggrottò le sopracciglia. «Non mi sembrano molto attraenti.»
Lei schioccò le labbra. «Lo so. Devono essere tenere e rassicuranti, non sexy» gli spiegò. «Sono molto di moda e tutte le ragazzine vorrebbero averne una. Aiutami a scegliere la migliore...»
«Credo che tu abbia chiesto alla persona sbagliata. Se Brigitte avesse posseduto una di queste, probabilmente le avrei fatto passare dei brutti momenti.»
«È una cosa terribile da dire» lo rimproverò lei, ma sorrideva. «E non mi sei molto d'aiuto...»
«Credo che quella rossa non sia poi così male. Potresti prenderla uguale per tutte le bambine, così non litigheranno. La stessa cosa vale per i maschi, naturalmente.»
«Hai già in mente che cosa prendere, per loro?»
«Naturalmente. Un'automobilina, preferibilmente una Ferrari come quella di tuo padre. È il sogno di ogni bambino.»
Nicole si domandò se quella allusione volesse sottolineare una volta di più che provenivano da mondi diversi. «Terribile...» commentò piano. «In ogni caso, questo rende più facile il nostro compito. Dirò a un commesso di confezionare ogni cosa e di spedirla in azienda.»
Poco dopo erano di nuovo in macchina, ma una lunga coda impediva loro di uscire dal parcheggio. Nicole sentì Jean-Jacques imprecare con impazienza mentre guardava l'orologio.
«Saresti dovuto venire in moto» osservò con un tuffo al cuore. «Ce l'hai ancora?»
«Dovrebbe essere ancora nel garage dei miei.»
«Dopo il lavoro, perché non andiamo a fare un giro?» propose lei d'impulso.
Per un attimo calò il silenzio.
Poi due linee dure segnarono il viso di lui. «Bene, Nicole, è ovvio che non avevi bisogno dei mio aiuto per acquistare i regali. Qual era il motivo del tuo invito, allora?» le chiese girandosi a guardarla. «La verità, per favore...» aggiunse duro.
Nicole deglutì. «Cinque anni fa te ne sei andato senza neppure salutarmi. Considerando che trascorrevo più tempo con te che con qualsiasi membro della mia famiglia o amico, puoi bene immaginare come mi sentii quando andai al laboratorio e seppi che eri partito per Parigi e che non saresti tornato...»
Nella sua voce c'era un tremito che toccò una corda profonda dentro di lui.
«Ovviamente dovevi essere così eccitato dalla partenza, che non hai pensato a nient'altro... E non è mai accaduto che tu abbia scritto alla tua famiglia per chiedere come stessi io. Disprezzavi così tanto la mia compagnia, da non potermi dedicare neppure cinque minuti del tuo tempo?»
Nicole si voltò verso di lui, e Jean-Jacques realizzò all'improvviso che cosa le avrebbe detto.
La verità.

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