Bentornato, amore mio!
di REBECCA WINTERS
Jean-Jacques Armentier è appena giunto a St. Paul de Vence, nel sud della Francia, per assumere il ruolo di Amministratore Delegato alla Giraud Cosmetics Corporation. Mentre la sua famiglia freme di gioia per il suo ritorno a casa dopo cinque anni di assenza, e gli impiegati dell'azienda sono compiaciuti, una donna non è per niente ansiosa di vederlo di nuovo.
Cinque anni prima, Jean-Jacques ha spezzato il cuore di Nicole Giraud. Adesso lei vuole sapere perché se n'è andato e, soprattutto, perché è ritornato.
La tensione nell'abitacolo era esplosiva mentre Nicole aspettava che Jean-Jacques le spiegasse perché se ne era andato senza una parola cinque anni prima.
Lui imboccò lo scivolo del parcheggio e si immise nel traffico prima di parlare. Era una faccenda per cui non aveva avuto una risposta soddisfacente cinque anni prima, ed era stato così vile da andarsene senza affrontare Nicole. Ma nella sua voce ora aveva sentito una nota talmente desolata, che non poteva continuare a tacere.
«Molto tempo prima che me ne andassi, avevo deciso di far qualcosa di più della mia vita che coltivare fiori» cominciò pensieroso.
«Perché non me ne avevi mai parlato?»
«Finché non avessi elaborato un piano, ero incapace di parlarne con chiunque» spiegò lui imbarazzato.
Lei piegò il capo. «Io pensavo di conoscerti bene, ma evidentemente mi sbagliavo...»
«Può un essere umano conoscere davvero bene un altro essere umano?»
«Tu conoscevi me più di chiunque altro!» sbottò lei, aspra.
Lui trattenne un respiro. «Io sapevo che eri una Giraud, Nicole. Ed eri molto giovane.»
Nicole lo guardò. «Perché non dici quello pensi davvero, e cioè che ero una piccola, stupida illusa?» lo sfidò alterandosi.
«Sei tu che dici questo. Io credo che tu fossi comunque abbastanza grande per sapere che tipo di vita ti aspettava. E ritengo che ti piacesse giocare: eri annoiata dal tuo mondo ricco e privilegiato, oltre che riservato a pochi.»
«Che c'è di male, in questo?» gridò quasi lei, irritata. «Chiunque sarebbe annoiato da un mondo tanto esclusivo! Ed era proprio a causa dei soldi di mio padre che tu non volevi avere una relazione con me. Per te era come se provenissimo da pianeti diversi!»
«Forse non era una convinzione tanto sbagliata» mormorò lui sentendo il suo sguardo affondargli nell'anima.
«Non posso credere a quello che sento! Finché non sei sparito, non mi sembra che quella differenza ti impedisse di trascorrere ogni momento libero con me.»
«Ma non ero benvenuto in casa tua, almeno quanto tu non lo eri nella mia.»
«Non è vero!» replicò lei d'istinto. «Io ti pregavo sempre di venire a casa mia, e non riuscivo a capire perché rifiutassi, e neppure mia madre. E finora non ho mai saputo che la tua famiglia non mi approvasse!» La voce le si ruppe in un gemito.
Oh, diavolo! Jean-Jacques si passò una mano tremante tra i capelli. «Non è che ti disapprovassero. Solo che si sentivano inadeguati. Per questo non ti invitavano.»
«Inadeguati?» ripeté lei stupita. «Perché?»
L'espressione di sorpresa sul suo viso gli fece comprendere che davvero non lo sapeva. Nicole era sempre stata indifferente alle classi sociali e al colore della pelle. Ed era una delle caratteristiche che amava di più in lei.
Scosse il capo. «Se ancora non lo capisci, non capiresti neppure che cosa ha significato per me avere improvvisamente l'opportunità di andare a studiare a Parigi.»
«Vuoi dire che un improvviso benefattore ti ha proposto una cosa simile?» chiese lei, una nota di pianto nella voce.
Il terreno si stava facendo pericoloso. «Sì. Fu come un miracolo. Per la prima volta nella mia vita potevo sperare in un futuro diverso, anche se questo significava lasciare la mia famiglia, che oltretutto aveva bisogno di me.»
E significava lasciare te, aggiunse tra sé. Guardandola ora, non sapeva come avesse fatto a trovare la forza.
«Non potevi dirmelo allora?»
«Nicole... ti ricordi quando tu non volevi che fumassi, e mi chiedevi sempre di non farlo più?»
«Sì. Alla fine hai buttato via la sigaretta e non hai più fumato.»
«Partire era buttare via quella sigaretta. Era tutto o niente. Se avessi cominciato a salutare tutti, non sarei mai partito. Prima di perdere il coraggio, feci i bagagli e presi il primo treno in partenza, mentre la mia famiglia dormiva ancora.»
Un silenzio profondo scese tra loro.
Lui svoltò nel parcheggio aziendale e si fermò dinanzi all'ingresso del palazzo.
Il viso di lei era di ghiaccio. «Grazie per avermi raccontato la verità. Per tutti questi anni... ho creduto che mi odiassi. Adesso capisco che, il giorno che sei partito, hai abbandonato la tua gioventù.» Ebbe una breve esitazione. «Ti è piaciuta Parigi?»
Esci dalla macchina, Armentier. Altrimenti sai che cosa succederà... e Nicole scoprirà quello che provi per lei...
Fece un sorriso forzato. «Ai francesi piace il sole?» domandò ironico. Spense il motore e tolse la chiave, pronto per uscire.
Lei gli posò addosso i dolci occhi scuri. «Jean-Jacques? So che hai una conferenza telefonica tra pochi minuti, ma... puoi farmi un favore? È l'ultima cosa che ti chiedo»
Una scarica gli attraversò il corpo e lui capì che Nicole era pronta a dirgli addio. «Se posso...»
«Terrò un piccolo ricevimento a casa mia questa sera... vorresti venire da me per un drink? Consideralo come un piccolo pensiero di bentornato per un vecchio amico, che mi ha privato del piacere del saluto di addio... Quando vuoi, dopo le otto. Abito al numero quattordici.»
Lo guardò un po' tristemente e sorrise. Poi scese e chiuse la portiera prima che lui potesse rispondere qualsiasi cosa.
* * *
Nicole indugiava accanto alla finestra del salotto, in ansia perché Jean-Jacques non era ancora arrivato. Si guardò intorno nella stanza decorata con un piccolo albero e delle lucenti stelle di Natale. Erano già le nove. Le tartine avrebbero dovuto essere riscaldate.
Con il passare dei minuti divenne sempre più nervosa, e il cuore le balzò nel petto quando sentì dei passi fuori della porta, e poi un lieve bussare. Aprì e vide subito la sua espressione seria. C'era qualcosa di teso tra loro quella notte.
Nicole era stupita della propria audacia. «Buonasera, Jean-Jacques, Sono contenta che tu sia venuto. Entra.»
«Grazie.» Lui avanzò, bene attento a non sfiorarla mentre varcava la soglia.
Lei chiuse la porta, poi lo precedette, lentamente, quasi trattenendo il respiro. Guardami pure, amore mio, pensò. Non sono più la ragazza che puoi abbandonare come hai fatto cinque anni fa.
Se fosse stato indifferente a lei come le aveva fatto credere quel giorno, non sarebbe andato lì quella sera. Contenta di quella piccola vittoria, si girò a guardarlo. Pochi uomini avevano la naturale eleganza di Jean-Jacques. Il raffinato completo che indossava quella sera rivelava che era anche un uomo di successo.
Da ragazzina non aveva realizzato quanto lui le piacesse, poi però l'attrazione si era fatta sentire, e a vent'anni l'aveva trovato affascinante. Adesso le toglieva il fiato.
«Spero che tu sia affamato. Siediti e comincia a servirti, mentre prendo le tartine in cucina...» lo invitò gentile.
Lui rimase dov'era, immobile e imponente, gli occhi fissi sulla sua bocca.
«Dove sono gli altri invitati?»