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Sirtaki d'amore

di JULIA JAMES

Leon! Ancora lui, sempre lui. Nella mente, nel cuore, negli occhi, sulla pelle. Alanna fatica a credere ai suoi occhi, ma non al batticuore che diventa ogni secondo più martellante. Rivederlo è stato ancora più emozionate di come si era immaginata, eccetto un particolare: la bionda che gli sta attaccata come un'ombra.

Capitolo 2

Alanna non riusciva a muovere un solo muscolo. Era lì in piedi, paralizzata, mentre davanti a lei Leon Andreakos andava incontro alla donna che quasi sicuramente era la sua attuale amante.
Leon Andreakos, che non aveva mai più incontrato in quei cinque terribili anni. Era lei la sua compagna un tempo, ma ora le sembrava che fosse passato un secolo o forse di più...
L'ambiente elegante del grande magazzino scomparve di colpo. Gli anni scomparvero di colpo. Alanna si ritrovò dietro il banco del negozio di articoli da regalo nell'atrio del lussuoso hotel del West End, mentre il cliente più affascinante che potesse capitarle stava venendo verso di lei.
Si era avvicinato al banco e le aveva sorriso. E proprio allora, in quel preciso istante, lei aveva sentito che qualcosa era scattato dentro di sé. Da quel momento aveva iniziato ad adorare quella perfezione così maschile e sensuale che sprigionava potenza ed energia.
"Le dispiace incartarmi una di quelle, per favore?"I suoi occhi l'avevano sfiorata rapidamente per poi posarsi sulla cascata di sciarpe di seta che pendevano da un espositore alle sue spalle. Lunghe dita affusolate scorsero veloci fra le fasce di seta fino a selezionarne una. Leggeri riquadri in delicate tonalità di grigio e rosa. "Questa, direi."
La sfilò dall'espositore e la lasciò cadere sul banco davanti a lei. Il suo sguardo tornò a scrutarla. Poi si accigliò.
"Sempre se non chiedo troppo."
Quelle parole la fecero trasalire e la strapparono allo stordimento totale che l'aveva sopraffatta fino a qualche attimo prima. Era semplicemente splendido. Alto, dai tratti mediterranei, in un abito scuro grigio piombo che accarezzava sensualmente ogni linea del suo corpo slanciato. E quegli occhi... no, decisamente non aveva mai incrociato uno sguardo tanto profondo! Per l'ennesima volta quegli occhi le avevano trasmesso un'energia che l'aveva portata al di là nuvole, a un passo dal cielo.
"No..., certo che no, signore" cercò di riprendersi lei, la voce improvvisamente troppo fievole. "Uhm... desidera che le venga consegnata nella sua stanza, oppure preferisce aspettare?"
Come avesse potuto pronunciare la seconda parte della frase, ancora non se lo spiegava. Di colpo le sembrava di non sapere più nulla, eccetto che non avrebbe distolto lo sguardo dal volto dell'uomo che aveva di fronte per nessuna ragione al mondo.
Forse erano i suoi occhi... No, le sue labbra. No, tutti i lineamenti del viso la costringevano a fissarlo. Non aveva scampo. I suoi occhi erano scurissimi, ma anche attraversati da scaglie di luce in cui lei avrebbe voluto perdersi. Si soffermò un attimo sulla linea perfetta delle labbra.
"Aspetterò, se non ci vorrà troppo tempo."
La sua voce! Ecco cos'era, pensò Alanna cercando disperatamente di far funzionare di nuovo il cervello. Nonostante tentasse di ragionare, però, la mente avrebbe voluto dissolversi in una sorta di limbo. La voce, d Leon: così profonda, densa, dall'accento così particolare. Che tipo di accento era?
Si sforzò di pensare mentre sussurrava a bassa voce: "Certo, signore". Allungò il braccio sotto il banco per prendere un foglio di carta da regalo. Distolse gli occhi, intanto la mano annaspava nel vuoto. Stare lì in piedi sotto il suo sguardo attento era già troppo; figurarsi incartare la sciarpa in un pacco regalo! E invece era proprio quello che doveva fare. Lui stava aspettando.
Come ci fosse riuscita, per lei restò sempre un mistero. Intanto Leon non si mosse di un millimetro. Si limitò a restare là, immobile, gli occhi fissi su di lei che a sua volta era china sul banco, le dita impegnate in una manovra al di sopra delle proprie possibilità. Per colpa sua, naturalmente.
Per tutto il tempo lui non disse una parola. Attendeva in silenzio, e lei sentiva l' impazienza aumentare di minuto in minuto.
Lo vide con la coda dell'occhio lanciare un'occhiata all'orologio d'oro, che brillò sotto le luci per una frazione di secondo.
Finalmente aveva finito! Alanna arricciò l'ultimo nastro con la punta delle forbici. Sollevata, passò il codice a barre attraverso il lettore e stampò lo scontrino. Il costo di quelle sciarpe continuava a stupirla ogni volta. Avrebbe potuto acquistare un tailleur, al prezzo di uno di quei piccoli capolavori dipinti a mano.
All'epoca, però, tutto era sorprendente in quella lussuosa boutique dell'hotel a cinque stelle. Anche l'idea che esistesse davvero gente che poteva acquistare articoli così costosi, o che potesse solo permettersi di soggiornare in una delle sue suite.
Quell'uomo certamente poteva farlo. Lei aveva imparato a riconoscere i clienti facoltosi fin da quando varcavano l'atrio, e lui doveva essere una specie di miniera d'oro ambulante. Era evidente da ogni particolare, dall'impeccabile abito di taglio sartoriale fino alla punta delle scarpe di manifattura italiana.
Ogni particolare la convinceva sempre più che era l'uomo più attraente che avesse mai incontrato.
Non posso continuare a tenere gli occhi bassi, ricordò un attimo dopo a se stessa. Con un enorme sforzo, sollevò lo sguardo.
"Preferisce pagare qui, signore, oppure devo addebitarlo sul conto della camera?"
I loro sguardi si incontrarono, il cuore le sobbalzò nel petto e Alanna si lasciò sfuggire un lieve gemito.
Per un attimo lui serrò gli occhi, come se la stesse mettendo a fuoco per la prima volta. Un istante dopo le stava sorridendo di nuovo.
L'atteggiamento impaziente di poco prima era scomparso del tutto. Svanito, per lasciare il posto a un'espressione indefinibile. I suoi occhi l'accarezzarono dalla testa ai piedi.
Di nuovo quel tuffo al cuore e quel flebile gemito soffocato in gola. Solo che ora c'era una luce diversa, negli occhi di lui. Sembrava quasi... divertito.
Un'ipotesi che la sconvolgeva ancor di più.
"Lo addebiti pure sulla mia camera" disse poi in tono serio. "1209."
"Il suo nome, signore?" gli domandò lei. Ne aveva bisogno per effettuare un controllo di routine sulle prenotazioni dell'hotel. Lui prese la ricevuta dello scontrino che lei gli porgeva e scarabocchiò una firma.
"Andreakos. Leon Andreakos." Quindi prese in mano l'elegante pacchetto. "Kalispera, thespinis" mormorò con quello strano accento prima di uscire dalla boutique.
Greco, si disse sconsolata. Ecco cos'era.
Greco.
Ricco
Stupendo.
E ora, a quasi cinque anni dall'incontro che aveva sconvolto la sua vita, aveva di nuovo di fronte Leon Andreakos.
Alanna era ancora lì immobile, paralizzata, i muscoli congelati.
Lentamente, come in un'orribile moviola, lo vide raggiungere la donna e notò che il suo sguardo scavalcava la testa della bionda per arrivare a trafiggere lei come un micidiale missile.
Per un momento, solo per un breve istante, sembrò non riconoscerla. Poi, appena messo a fuoco l'obiettivo, il suo sguardo divenne duro come l'acciaio. Come la lama di un coltello pronta ad affondare nelle carni di una preda indifesa.
Alanna vacillò, sicura che presto sarebbe stata colpita senza pietà.
Ignorando la bionda che le era accanto, lui si avviò verso di lei con aria determinata. La donna seguì le sue mosse stupita e irritata per esser stata lasciata sola a causa di un'altra, che per di più indossava una semplice T-shirt e un banale paio di jeans. Due stracci, ai suoi occhi, presi con ogni probabilità in saldo ai grandi magazzini. Una donna che non era certo all'altezza del livello di perfezione che Leon Andreakos pretendeva.
Alanna era lì in piedi, in attesa. In attesa di Leon Andreakos, che un tempo era stato tutto per lei e per il quale ora lei significava nulla. Anzi meno di nulla.
Lui si fermò di colpo.I suoi occhi brillavano come tizzoni ardenti.
"Che cosa diavolo ci fai, tu, qui? "

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