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Sirtaki d'amore

di JULIA JAMES

Leon! Ancora lui, sempre lui. Nella mente, nel cuore, negli occhi, sulla pelle. Alanna fatica a credere ai suoi occhi, ma non al batticuore che diventa ogni secondo più martellante. Rivederlo è stato ancora più emozionate di come si era immaginata, eccetto un particolare: la bionda che gli sta attaccata come un'ombra.

Capitolo 5

Alanna stava annegando in un mare di beatitudine, mentre Leon s'impossessava delle sue labbra. La sua razionalità aveva capitolato, per arrendersi totalmente all'onda di desiderio che la stava travolgendo. Non le sembrava possibile, dopo tutti quegli anni, sentire di nuovo Leon fra le braccia, poterlo stringere a sé, avvertire il calore del suo corpo tonico contro il proprio, sentire le sue dita scorrere tra i capelli.
Non c'erano parole per esprimere quanto stava accadendo, pensò mentre cominciava a perdere il controllo delle proprie emozioni. Ormai era consapevole di lasciarsi andare verso ciò che aveva perduto molto tempo prima e che aveva desiderato disperatamente per anni.
La mano di lui stava scendendo sui suoi fianchi, scivolando a fatica tra i loro corpi serrati, a cercare la zip dei jeans. Ora la stava spingendo indietro.
"Dove?" fu l'unica parola che lui sussurrò scostando appena le labbra.
"Di qua." Le parole le uscirono in un sospiro, mentre si lasciava condurre nella camera da letto immersa nella penombra.
Era pazzesco, una vera follia. Doveva fermarlo... Doveva fermarsi...
Ma non poteva. Era in preda a una forza misteriosa alla quale non riusciva a resistere.
In silenzio, lasciando che fossero solo le mani a parlare, lui Leon le sfilò i vestiti e la fece sdraiare sul letto.
"Devo averti. Ne ho bisogno."
Pronunciò quelle parole fra i denti. E nell'oscurità, senza aggiungere altro, con mani sempre più avide, la amò perdutamente.
Arsi di passione, entrambi non desideravano che consumarsi nella selvaggia, sfrenata danza dei sensi. Leon la possedette in modo totale, assoluto e allo stesso modo Alanna gli si arrese. Sospesi in una nuvola di piacere, i loro corpi si fusero in un amplesso che arroventò l'aria della stanza come se fossero dentro una fornace.
Alanna soffocò un grido contro la spalla di lui, affondandogli senza rendersene conto le unghie nella schiena. Lui si sollevò su di lei e la guardò con occhi scintillanti per un momento che desiderava fosse senza fine.
Poi si adagiò su di lei ancora ansimante e restò a lungo così, del tutto appagato, continuando a trasmetterle calore ed energia.
Con i battiti ancora accelerati, Alanna cominciò a riacquistare la consapevolezza di quanto era appena accaduto. Prima ancora che potesse dare un nome all'emozione che in quel momento la sferzava come una doccia gelata, lo sentì ritrarsi. Leon le scivolò accanto e rimase per un po' a fissare il soffitto. Le era vicinissimo, sentiva il braccio nudo sfiorare il suo, ma era come se fosse lontano anni luce.
Poi lui mormorò qualcosa in greco, che lei non riuscì a comprendere.
"Ti metterò a disposizione un appartamento in centro" soggiunse poi. "Dovrò essere più discreto, con te, questa volta. Neanche mio padre deve sapere che ti ho ritrovato... in tutti i sensi. Per non parlare di mia madre."
Il tono della sua voce, adesso, era aspro.
Un nodo le serrò la gola. Quanto era appena successo le faceva orrore. Era incredula. E a dispetto della ragione, tutto il suo corpo vibrava ancora per le carezze ricevute.
Detestando se stessa per questa reazione, rotolò velocemente su un fianco e accennò il movimento di alzarsi dal letto; ma una mano le bloccò il polso ancora posato sul lenzuolo.
"Lasciami andare!" sibilò.
Lui trattenne una risatina fra i denti.
"Scordatelo, non ci riesco! Ti conviene fartene una ragione. Non avresti dovuto lasciare che ti rivedessi. Ho combattuto per tre mesi una battaglia con me stesso, e alla fine ho perso. Devo riaverti, ad ogni costo."
Per il disappunto le sfuggì un gemito strozzato.
"Tu sei completamente pazzo!"
Leon rise di nuovo. Alanna lo guardò. Nella penombra, i tratti del suo viso sembravano scolpiti, mentre negli occhi brillava una luce torbida.
"Sì" ammise. "E' vero. Sono pazzo dalla voglia di riaverti. Sono pazzo di te. Dopo tutto quello che mi hai fatto. E' proprio così, che Dio mi aiuti. Sento di comportarmi in modo avido, perfido, sleale, ma non mi importa! Mio fratello è morto per colpa tua, e non mi importa! Era ancora caldo nella tomba, quando sei sparita con tutto il suo denaro. Eppure non mi importa... mah!"
Le passò l'altro braccio intorno alla vita e la fece scivolare su di sé. Ogni muscolo del suo corpo era teso come una corda di violino. I suoi occhi sembravano volerle penetrare l'anima.
"Sembravi così ingenua la prima volta che ti ho visto... ho dovuto insegnarti tutto. Spiegami una cosa: come hai potuto farmi questo?" La sua mano si mosse per salire fino alla curva morbida delle sue labbra, poi cominciò a sfiorarne delicatamente i contorni.
Questa volta, però, Alanna trovò la forza per allontanarsi. Per un breve istante lui oppose resistenza, poi la lasciò andare di colpo. Lei si alzò in piedi con l'imbarazzante consapevolezza dei loro corpi nudi.
"Voglio che tu te ne vada" gli intimò con voce tremante. "Ti voglio fuori di qui. Subito, per favore!"
Lui si alzò, per nulla intimorito, il corpo statuario che si stagliava nella semioscurità, costringendola a fare un passo indietro. Gli occhi di Leon vagarono sprezzanti per la piccola camera da letto.
"Non te la passi molto bene" commentò poi. "Devi aver scialacquato il denaro di Nikos alla grande, per essere ridotta a vivere in questa baracca. Be', penserò io a rimpinguare il tuo conto in banca, ma..."
"Fuori!" La sua voce era un grido. Raccolse i vestiti e s'infilò l'abbondante T-shirt che le arrivava fino a metà coscia.
Intanto Leon iniziò a rivestirsi con tutta calma, come se nulla fosse accaduto.
"Il tuo obiettivo è sempre stato quello di succhiare i soldi degli Andreakos" sentenziò in tono tranquillo, come se stesse parlando del più e del meno; in realtà Alanna stava vibrando di rabbia.
Come poteva farle questo? Lei l'aveva cancellato dalla sua vita, tuttavia Leon era stato capace di ritrovarla, era entrato in casa sua e l'aveva sedotta ancora una volta senza neanche una parola.
Cominciò a tremare, ma non per il freddo. Non poteva credere alle proprie orecchie. Quelle parole, così dure e crudeli, l'avevano sconvolta.
"Avrai un assegno mensile" stava proseguendo lui dopo aver infilato la camicia. "Sarò generoso, ma non pensare neanche di estorcermi di più con l'inganno. Questa volta, mi dispiace. A proposito..." Alzò la testa e la guardò attraverso il letto disfatto. "Quanto tempo ti ci è voluto per spendere il denaro di Nikos? Un anno? Due? Magari l'hai appena finito... Per questo eri in giro per shopping, il giorno in cui ci siamo incontrati? Per farti bella e accalappiare un altro babbeo durante le feste di Natale? Non ti è andata bene, a quanto pare..."
La sfida era aperta. Improvvisamente Alanna smise di tremare, intanto la rabbia che covava dentro stava raggiungendo l'apice. Si voltò di scatto e accese la lampada sul comodino, quindi spalancò l'anta del guardaroba, infilò la mano in una scatola e ne estrasse una busta contenente una lettera.
Un secondo dopo la scagliò contro Leon.
"Leggi!" gli urlò. "Avanti, leggi!"
Incuriosito, lui raccolse la busta, estrasse lettera e cominciò a leggere.
Lei vide la sua faccia cambiare espressione, il suo sguardo passare su di lei. La lettera scivolò sul letto, lasciando intravedere l'intestazione del famoso ospedale pediatrico londinese.
"Li hai dati in beneficenza. Hai donato tutto il denaro di Nikos in beneficenza."
La sua voce era priva di espressione.
Lei gli era davanti, ancora ansimante.
A quel punto, nel silenzio più totale, si udì un suono provenire dalla stanza accanto.
"Mamma!"
Leon restò di sasso per lo stupore.

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