Il mio cuore per un principe
di CAROL MARINELLI
Può una governante di palazzo diventare la moglie perfetta per un principe dongiovanni? Quando Benito Fortesque di Contarini arriva in visita nell'isola di Niroli, alla cameriera di palazzo Alisa Moretti viene assegnato il ruolo di governante. Orfana dall'adolescenza e con la sorella più giovane a cui badare, Alisa ha un disperato bisogno di lavorare per tirare le fila della propria esistenza e pagarsi un'istruzione che le garantisca una vita migliore. Ma non ha fatto i conti con la "pericolosa" attrazione per il principe playboy.
"Mi scusi!" Gli occhi colpevoli di Alisa incontrarono i suoi. "Non avevo intenzione di..." Sapeva bene cosa suggerivano le apparenze. Era perfettamente conscia di essere stata colta in flagrante mentre pensava di rubare. "Non avrei mai..." Benito rimase a fissarla mentre annaspava, impassibile, e la voce le morì in gola. "Mi sembrava un peccato buttare via tutto, quando mi è stato consigliato di sistemarmi un po'... " ammise con un filo di voce.
"Chi gliel'ha detto?"
"Maria, la cuoca. E anche gli altri. Mi hanno spiegato che, se devo lavorare per lei, è meglio che mi sforzi." Gli occhi le si riempirono di lacrime, e Alisa li abbassò, al colmo dell'imbarazzo. "Non posseggo trucchi. Non ho nulla."
"E allora li provi." Gli occhi scuri di lui la fissarono con severità attraverso lo specchio, un accenno di sorriso sulle labbra crudeli. "Chi lo sa? Magari, se riesce a riordinarsi, può essere che io decida di tenerla."
Brutto bast...
Alisa avrebbe voluto girare i tacchi e scappare via, ma siccome questo avrebbe significato scontrarsi col suo torace nudo, non le restò altra scelta che acconsentire. Non aveva mai indossato il rossetto. Quando le sue dita poco esperte cercarono di metterselo, la fredda pasta cerosa le sembrò strana sulle labbra.
"Così." Benito si voltò verso di lei, afferrandole lo stick dorato dalle mani e stendendole il colore sulle labbra con delicatezza. Imbarazzata, Alisa chiuse gli occhi, sicura che lui la stesse deridendo, prendendosi gioco di lei, come un gatto che torturava l'uccellino prima di ucciderlo.
Che diavolo stava facendo?
Maledizione, non gli importava un bel niente che lei prendesse quei trucchi! Dopotutto, lui non ne aveva il minimo bisogno. Avrebbe dovuto cacciarla via, Benito lo sapeva bene, e chiudersi la porta alle spalle, ma quella ragazza era così adorabile... Quegli occhi attoniti, intimiditi, lo intrigavano, il rapido su e giù del suo florido seno lo eccitavano: E adesso lei era lì, la morbida pelle delle sue guance contro il suo palmo, le lunghe e folte ciglia ad accarezzarle il viso mentre chiudeva gli occhi per trattenere le lacrime. E quelle labbra! Così piene, carnose, rosse e brillanti come fragole... E lui era lì, nudo se non per un asciugamano che gli copriva a malapena i fianchi, con tutta quella bellezza tra le mani.
Quando Alisa aprì gli occhi, fissandolo intimidita, Benito lottò contro la tentazione di spogliarsi, baciandola con passione.
"Ecco fatto." Aiutandola a girarsi verso lo specchio, la osservò silenzioso mentre contemplava la propria immagine riflessa. Un brivido di desiderio lo colse quando Alisa increspò leggermente le labbra, facendovi scorrere la lingua.
"Cosa ne pensa?"
"È ciò che pensa lei, che importa." Benito la vide deglutire a stento, gli occhi che si riempivano di lacrime.
"Mi scusi. Le assicuro che non si ripeterà più."
"Bene." La voce di Benito si indurì all'improvviso. "Come si chiama?"
"Alisa."
"Be', Alisa, non ha bisogno del rossetto per... " Benito non terminò la frase. La sua linea di pensiero era completamente sbagliata. "Per ora è tutto."
Arrossendo fino alla radice dei capelli, Alisa gli indirizzò un breve cenno di assenso, si girò e si precipitò fuori dalla stanza, dimenticando nella fretta di chiudersi la porta alle spalle.
Rimasto immobile a guardarla, Benito non la richiamò indietro. Meglio provvedere da solo, si disse lasciandosi sfuggire un lungo sospiro, il peso del corpo appoggiato per un istante al bordo della vasca.
Quella ragazza era davvero bellissima.
Immergendosi nell'acqua piena di schiuma, Benito tentò di allontanare dalla propria mente il profilo del suo viso. Ma anche con gli occhi chiusi, tutto ciò che riusciva a vedere era proprio quel volto, quelle labbra invitanti ad appena pochi centimetri dal suo, mentre le accarezzava le guance.
"Accidenti!"
Senza essersi lavato, insoddisfatto e in preda a un puro istinto di lussuria, Benito sgusciò fuori dalla vasca, si asciugò e si vestì in un baleno. Poi afferrò la cornetta e compose il numero di telefono del cugino.
"Pronto! Luca?"
"Come mai chiami così presto?" scoppiò a ridere l'uomo all'altro capo del filo. "Non è nemmeno ora di pranzo."
Benito scrollò le spalle con noncuranza. "È un peccato sprecare la giornata restando a letto."
"Vuoi fare un giro in barca?" suggerì Luca. "Se ti va, posso organizzarlo."
"No" si affrettò a interromperlo Benito. "Penso piuttosto che andrò a dare un'occhiata al casinò, per vedere come sta andando il mio investimento." Luca Fierezza era l'azionista di maggioranza del casinò di Niroli ma, come socio, Benito ne era altrettanto interessato.
"Certo. Chiederò all'amministratore di preparare i libri contabili in modo che tu li possa esaminare. Vuoi che ci incontriamo lì, diciamo... tra mezz'ora?"
"Non è questo a cui sono interessato. Avrei dovuto spiegarmi meglio. È un peccato sprecare la giornata a letto da soli."
"Dunque, i pettegolezzi che girano sono veri. Tu e Victoria avete rotto definitivamente!" Luca si lasciò scappare una risata. "Immagino che tu sappia quante donne sarebbero più che felici di aiutarti a superare questo brutto momento."
"Bene" rispose Benito riattaccando, lieto che Luca lo capisse. Luca era per lui più un fratello che un cugino. O, meglio, più come un fratello avrebbe dovuto essere, pensò Benito tra sé rimpinguando il portafogli di denaro e carte di credito. Il suo vero fratello, il più vecchio re Alessandro di Contarini, era più una severa figura paterna che un amico e un confidente come Luca. Non che Alessandro approvasse quel rapporto, anzi. La natura ribelle dei due cugini aveva tenuto a lungo sulle spine i due malcapitati medici di palazzo.
Del resto, qual era la novità?, rifletté Benito, dirigendosi in bagno per profumarsi. La sua stessa nascita era stata in realtà un esercizio di pubbliche relazioni. Era stato il bambino "cerotto" di Contarini, concepito molti anni dopo il fratello con il preciso scopo di salvare il matrimonio dei genitori. Suo padre e Alessandro erano stati troppo impegnati a governare il tempestoso regno per potersi occupare di un bambino annoiato e curioso. Solo sua sorella Francesca gli aveva dato veramente attenzione, invitandolo nel corso degli anni a trascorrere del tempo sulla più ricca isola di Niroli e offrendogli un quadro più esatto di come un principe avrebbe dovuto vivere davvero.
E Benito viveva!
Dopo aver chiamato col telefono interno l'autista, uscì dalla camera da letto, fermandosi solo un istante alla vista del lauto pranzo che Alisa e altre cameriere stavano predisponendo sul terrazzo prospiciente la spiaggia.
"Oggi mangerò fuori" la informò lapidario. "E non rientrerò che tardi... sempre che torni."
Guardando la ragazza, si accorse che aveva gli occhi rossi di pianto e comprese che, senza dubbio, non stava aspettando altro che l'ascia che pendeva sulla sua testa cadesse.
"Le ho lasciato della biancheria da rammendare in un cestino sopra il mio letto. Veda di provvedere nel modo migliore."
"Certamente, Sua Altezza."
"Benito" la corresse lui, brusco. "Quando sono a casa, desidero essere chiamato Benito."
"E da quando?" bofonchiò Alberto, il maggiordomo, un secondo dopo che la porta della terrazza si fu chiusa. Poi, prendendo un pasticcino dalla tavola, lo assaggiò.
"Dovresti andare a casa a vedere come sta tua moglie" gli suggerì Maria. "Trascorrere del tempo con Anna finché..." La voce le si ruppe in gola, al pensiero che alla donna non restavano ancora molti giorni di vita. "Ce la caveremo benissimo anche senza di te." Al vedere altri membri della servitù avvicinarsi al tavolo per servirsi delle ghiottonerie che Benito aveva lasciato intatte, la cuoca corrugò la fronte indirizzando ad Alisa un'occhiata severa. "Hai sentito Sua Altezza, no? Devi sistemare la sua camera da letto e c'è anche un lavoro di cucito che ti aspetta."
Dopo aver raccolto la pila infinita di asciugamani che Benito aveva distrattamente buttato per terra, Alisa si accinse a rifargli il letto. Ma mentre sbatteva i cuscini, le mani indugiarono lievemente. Sollevò la stoffa pesante e fredda, portandosela al viso e inspirando il profumo di Benito, ricostruendo ogni dettaglio di quella mattina. Non la paura e nemmeno l'umiliazione, ma solo ciò che aveva provato a stare vicino a un uomo così attraente, che la stringeva, il respiro contro le sue gote, la sua pelle nuda che l'aveva obbligata a chiudere gli occhi e quella strana morsa che le aveva attanagliato lo stomaco quando lui le si era avvicinato.
Immaginandoselo sdraiato in quel letto, mille pensieri imbarazzanti, promiscui, non familiari, emersero nella sua mente già turbata.
Non fare la sciocca! si rimproverò. Non aveva il diritto nemmeno di formulare pensieri di quel genere. Lui era un principe reale. Avrebbe potuto avere, anzi aveva tutte le donne che voleva.
Con un sospiro, Alisa afferrò il cesto corrugando la fronte per la sua inattesa pesantezza, e ritornò nella camera spartana che occupava. Ma quando alzò una maglietta per accingersi a ripararla, spalancò gli occhi attonita. Ogni profumo, ogni crema, ogni trucco che il suo sguardo bramoso aveva abbracciato, adesso era lì. Lì per lei.
Veda di provvedere nel modo migliore.
Le parole arrochite di Benito le risuonarono all'orecchio per tutto il giorno, mentre sbrigava i suoi compiti, pregustando in cuor suo la serata e lo stupore che sarebbe apparso sul suo volto quando fosse ritornato a casa, desiderando di scorgere almeno un lampo di approvazione maschile nei suoi occhi quando avesse visto com'era cambiata.