Il mio cuore per un principe
di CAROL MARINELLI
Può una governante di palazzo diventare la moglie perfetta per un principe dongiovanni? Quando Benito Fortesque di Contarini arriva in visita nell'isola di Niroli, alla cameriera di palazzo Alisa Moretti viene assegnato il ruolo di governante. Orfana dall'adolescenza e con la sorella più giovane a cui badare, Alisa ha un disperato bisogno di lavorare per tirare le fila della propria esistenza e pagarsi un'istruzione che le garantisca una vita migliore. Ma non ha fatto i conti con la "pericolosa" attrazione per il principe playboy.
Di ritorno alla villa, Alisa sollevò l'abito argentato dal letto di legno a una piazza, infilandoselo dalla testa e lottando con la cerniera. Il suo sguardo si posò per un istante sulle ruvide lenzuola grigie che quella notte non l'avrebbero accolta. Si sarebbe sdraiata tra lenzuola di seta, insieme al principe Benito, dandogli non solo ciò che gli aveva promesso ma anche quello che lei stessa voleva offrirgli.
Non importava quanto avesse combattuto, quanto si fosse sforzata di pensare altrimenti. Nonostante le circostanze, nonostante il freddo scambio che quella notte si sarebbe attuato, nonostante se stessa, lei lo desiderava ancora.
Voleva che lui fosse il primo.
Gli occhi socchiusi, rivisse la sensazione delle sue mani sul proprio corpo, rivide i suoi occhi arroganti addolciti dalla passione, risentì la tenerezza che per l'ultima volta avrebbe imperlato le sue labbra.
"Alisa?" Due tocchi sulla porta le annunciarono che lui era lì. E le sue mani non sembravano tremare com'era successo a lei quella prima fatidica mattina. Per quella sera sarebbe stata per lui soltanto un'altra donna, l'ennesima conquista, un altro gioco con cui divertirsi per un po'. Fitte lacrime le salirono alla gola e Alisa lottò per ricacciarle indietro. Avrebbe voluto confessargli i suoi veri sentimenti, ma quando la porta si aprì e lo vide davanti a sé, elegantissimo nel suo abbigliamento formale, i capelli scuri pettinati all'indietro a rivelare il suo viso perfettamente cesellato, cambiò subito idea. Cosa sarebbe importato a un uomo come Benito che lei lo amasse?
Aveva sempre saputo che era bellissima. Dall'istante in cui si era destato al suono soave della sua voce, ne era stato certo. Ma nel vederla, quella sera - i riccioli scuri trattenuti in alto sul capo, gli occhi di giada brillanti sotto il trucco, le labbra dipinte con cura - era, se possibile, ancora più bella.
Aveva un aspetto regale.
Degno di qualunque principe o re, pensò Benito, mentre percorrevano in silenzio il breve tragitto che li avrebbe condotti a palazzo. E di certo molto più meritevole di un titolo di quanto lo fosse lui.
Anche se il suo mondo era più ristretto del suo, anche se quella notte gli aveva offerto i suoi servigi, il suo intento era nobile. Alisa, una donna che avrebbe sacrificato se stessa per la propria famiglia, usava il potere che aveva per costruirsi una vita migliore.
Quanto avrebbe desiderato poter dire altrettanto di sé, rifletté Benito, mentre l'automobile svoltava verso il palazzo.
Le strade erano state transennate e una folla di cittadini osannanti era stipata per scorgere almeno una traccia dei loro amati reali, agitando le bandiere di Niroli a ogni macchina che imboccava l'ingresso della reggia, salutando e applaudendo con entusiasmo quando le eleganti coppie scendevano.
Salutando lei.
I pettegolezzi si erano sparsi come fiamme per tutta Niroli. La famiglia di Maria, i camerieri, tutti quanti avevano contribuito a spargere la voce di villaggio in villaggio.
Una governante era diventata l'amante del principe.
Una misera governante con una figlia illegittima aveva rubato il cuore del principe Benito.
Lo shock, il disdegno, lo scandalo furono però spinti via quando lui la guidò come un agnello al macello sui gradini di marmo del palazzo, la sua mano che la conduceva con dolcezza, la sua voce che le sussurrava di voltarsi indietro e salutare.
"Ti ho detto che sei bellissima?"
"Mai." Benito vide le sue ciglia arricciate ricacciare indietro le lacrime, le morbide labbra sforzarsi con coraggio di sorridere, mentre salutava la folla. Non aveva mai odiato così tanto se stesso in tutta la sua vita.
Quella sera, realizzò, fissando la gente osannante, Alisa era una principessa, ma nel momento stesso in cui lui fosse partito, quelle stesse persone l'avrebbero massacrata.
L'indomani sarebbe stata una sgualdrina.
Era una sognatrice. E anche se a volte questo le creava dei problemi, quella sera la stava aiutando.
Aiutando a chiudere gli occhi e a fingere che tutto quanto sarebbe durato per sempre, a illudersi che le braccia che la stavano stringendo sarebbero state lì per lei anche l'indomani, che quell'uomo così sexy e complicato sarebbe stato suo per sempre.
Gustando le prelibatezze del buffet, danzando, ridendo sottovoce, persi in un mondo tutto loro, formarono la più bella della coppie. Alisa, schiva e audace nello stesso tempo, abbastanza coraggiosa da scambiare due parole con i dignitari di corte. E per la prima volta Benito si chiese l'impossibile.
Avrebbe potuto averla accanto a sé non in veste di amante, ma come moglie?
Per la prima volta nella sua esistenza superficiale, non stava pensando a se stesso, né ai suoi doveri reali e nemmeno all'approvazione della sua famiglia. Stringendola tra le braccia, sentendo il cuore di lei tamburellargli contro il petto e il suo corpo così delicato e nello stesso tempo così forte contro di sé... Benito non riusciva a fare altro che rifletterci.
Quella donna così determinata, così fiera e orgogliosa, avrebbe mai potuto accettarlo?
"Devo parlarti del nostro accordo" le disse a un tratto.
"Credevo che saremmo stati troppo occupati per farlo."
"Alisa, non..." Abbracciandola mentre ballavano, il suo sguardo la implorò di ascoltarlo. "Anch'io la penso come te. Una notte non è abbastanza."
La pausa delle danze fu all'improvviso benvenuta. Gli occhi pieni di lacrime, Alisa si affrettò a divincolarsi dalle sue braccia.
"Non allontanarti così da me!" esplose Benito avvicinandosi di nuovo a lei sul bordo della pista da ballo, un bicchiere di champagne tra le mani.
"Cercherò di ricordarmi il mio posto" replicò lei, stizzita. "Ma bisogna che tu mi spieghi bene qual è. Devo rifarti il letto al mattino o infilarmici dentro?"
"Non parlare come una donna di strada!"
"Ma è così che mi hai fatto diventare!" Sotto il trucco, il volto di Alisa era pallido come uno straccio. "Tu detti le condizioni, tu mi dici quanto sei disposto a offrire e si suppone che io debba soltanto accettare."
"Benito! Come stai?" Il principe Luca Fierezza, una bambolina bionda tra le braccia, non si accorse o decise deliberatamente di ignorare che il cugino stava discutendo con la sua accompagnatrice.
"Signorina Moretti, mi dispiace disturbarla." Giovanni, uno dei camerieri, un uomo al fianco del quale Alisa aveva lavorato per anni, le si rivolse in modo formale, come se fosse insicuro del suo nuovo status.
"Cosa c'è che non va, Giovanni?" gli domandò lei, preoccupata.
"C'è una telefonata per lei..." L'uomo tossicchiò e per un istante, vedendo l'espressione sul suo viso, Alisa sentì che il cuore le mancava un battito. "È la sua vicina, dall'ospedale. Sa che non dovrebbe disturbarla proprio stasera, dice che è conscia di quanto sia importante che lei resti qui, ma crede che sia giusto avvisarla. Marietta è stata appena ricoverata."
L'unico pensiero di Alisa fu come raggiungerla.
Non le importava di essere al gran ballo, e nemmeno che quella serata avrebbe potuto rappresentare il suo biglietto di ingresso a un futuro migliore.
Senza Marietta non ci sarebbe stato nessun futuro. L'ultimo membro rimasto della sua famiglia, l'unica parente che aveva ancora al mondo, era ammalata e spaventata, e aveva bisogno di lei.
Mentre si precipitava fuori dal salone, per un attimo le venne in mente di avvertire Benito di che cosa stesse accadendo. Ma a cosa sarebbe servito?
Quando se la vide passare di fianco, il suo viso si oscurò, ma Alisa notò che continuava a parlare con Luca. Due seduttori, due playboy insieme. Cosa poteva importare loro del mondo reale? Benito voleva il suo corpo, non i suoi problemi.
E l'aveva chiarito perfettamente.
"Sembra turbata!" commentò Luca, mentre Alisa correva via. "Devi essere stato molto crudele con lei, Benito. Di solito aspetti il mattino dopo per comunicare a una donna che è finita."
"Veramente stavo cercando di dirle proprio il contrario." Benito si lasciò sfuggire un lungo sospiro. "Sfortunatamente per me, ho scelto di innamorarmi dell'unica donna di Niroli a cui il mio titolo non suscita la minima impressione."
"Vedrai che presto tornerà sui suoi passi." Luca scrollò le spalle con un sorriso. "Diventare l'amante di un principe ha i suoi vantaggi."
"Non la voglio come amante" puntualizzò Benito, indirizzando al cugino, visibilmente sconvolto da quella rivelazione, un timido sorriso. Un attimo dopo, con consumata maestria, Luca si riscosse. Dopo aver congedato la propria accompagnatrice, afferrò un calice di champagne, mentre il cugino si preparava a diventare l'oggetto della sua derisione.
Invece non accadde nulla di simile.
"Perché sei ancora qui?" gli chiese Luca.
"Non sono mai corso dietro a una donna."
"Non ne hai mai avuto bisogno."
Bisogno. Di nuovo quella parola. Che definizione ne aveva dato Alisa? Il bisogno riguarda l'obbligo, il fare ciò che è necessario. Be', lui non aveva il minimo obbligo verso di lei. Semmai era vero il contrario... eppure si sarebbe aspettato da Luca una presa in giro, una risata sarcastica. Suo cugino, che avrebbe dovuto essere l'ultimo a comprendere il suo stato d'animo, invece era il primo.
"Mi perdoni, Altezza!" si scusò Giovanni avvicinandosi ai due principi. "Non mi sarei mai permesso di disturbare, in un'occasione come questa; ma quando ho sentito che le condizioni della bambina erano così critiche, mi è parso di non aver altra scelta."
"La bambina!" Benito impallidì. "Marietta?"
"Ha smesso di respirare."
Benito conosceva bene l'ospedale.
Anche se abitava a Contarini, molti eventi l'avevano visto affrettarsi in quei corridoi. L'incidente mortale in barca di sua sorella, le nascite reali, le morti... Sì, conosceva i pavimenti lucidi di quel posto fin troppo bene.
O, almeno, ne era convinto.
L'espressione incredula apparsa sul viso dell'infermiera, quando fece la sua comparsa nel reparto riservato ai bambini, gli sarebbe rimasta impressa nella mente per sempre.
I suoi occhi scuri passarono in rassegna le due file di letti, mentre l'infermiera, contrita, gli trotterellava dietro.
"Credevo che avesse smesso di respirare, che fosse... "
"È così, infatti." Alisa strinse con forza le mani esanimi delle sorella. "Ma ora sta meglio."
"Dov'è il dottore?"
"Non lo so."
"Che cosa ha detto?"
"Non lo so."
"Che cosa significa, scusa?" Benito si passò nervosamente una mano tra i capelli, sforzandosi di mantenere il respiro e il tono di voce regolari. Dove accidenti erano finiti tutti quanti? "Non è possibile che non si sia pronunciato."
"Con me non l'ha fatto." Gli occhi di giada incontrarono i suoi, la voce traboccante di amarezza. "Non siamo nel padiglione reale. L'infermiera mi ha detto che Marietta necessita di riposo, e che i farmaci le vengono somministrati tramite una fleboclisi. Se l'avessi portata qui prima..."
"Non è colpa tua." Per la prima volta Benito notò l'anziana donna che sedeva all'altra estremità del letto, lo sguardo senza espressione rivolto ad Alisa. "Sono stata io a decidere di aspettare."
"E io quella che se la stava spassando..." Alisa non terminò la frase, non poté farlo, perché uno stuolo di medici, personale amministrativo e infermieri si stavano dirigendo spediti al capezzale di Marietta. Adesso che c'era lì il principe, non doveva più aspettare.
Quella constatazione colpì Benito come una pugnalata. La disparità cui Alisa aveva alluso non gli era stata mai più palese di allora.
Abbassando gli occhi su Marietta, sul suo volto emaciato e stanco mentre lottava per respirare, Benito si domandò perché quella giovane vita avrebbe dovuto contare meno della propria.