Il mio cuore per un principe
di CAROL MARINELLI
Può una governante di palazzo diventare la moglie perfetta per un principe dongiovanni? Quando Benito Fortesque di Contarini arriva in visita nell'isola di Niroli, alla cameriera di palazzo Alisa Moretti viene assegnato il ruolo di governante. Orfana dall'adolescenza e con la sorella più giovane a cui badare, Alisa ha un disperato bisogno di lavorare per tirare le fila della propria esistenza e pagarsi un'istruzione che le garantisca una vita migliore. Ma non ha fatto i conti con la "pericolosa" attrazione per il principe playboy.
Era impossibile studiare alla luce dell'unica lampada che illuminava la sua camera. Le parole del libro le ballavano davanti agli occhi e, tentando per la centesima volta di non lasciare che la testa le cadesse, Alisa fu tentata di chiuderlo.
E allora?
Doveva restare sveglia. Se il principe fosse apparso, avrebbe dovuto accoglierlo, sperando che non notasse l'assenza di Alberto.
Dopo il loro primo incontro, Alisa non aveva praticamente mai più visto il principe. Le sue nuove labbra rosse e gli occhi truccati avevano a malapena meritato un suo sguardo durante una delle sue brevi apparizioni.
Sarebbe andata a sedersi nell'atrio, decise. Lì c'era molta più luce e se davvero si fosse addormentata, se lui avesse scelto di ritornare a casa, allora il rumore dell'automobile in avvicinamento l'avrebbe di sicuro svegliata.
"Sua Altezza!" Sbattendo le palpebre, un sorriso forzato nella speranza che non si accorgesse della sua voce un po' impastata, all'entrata di Benito Alisa scattò in piedi.
"Dov'è Alberto?" domandò lui corrugando la fronte, visibilmente seccato di essersi dovuto aprire la porta da solo. "E poi gliel'ho già detto, preferisco essere chiamato Benito."
"Posso servirle qualcosa... Benito?" provò a distrarlo Alisa. "Una cena leggera?"
"Risponda alla mia domanda, per favore: dov'è Alberto?"
"A casa." Rabbrividendo, piuttosto che abbassare gli occhi verso il pavimento, come avrebbe voluto fare con tutta se stessa, per il bene di Alberto Alisa si sforzò di sostenere lo sguardo incollerito del principe. "So che è irregolare, ma questo pomeriggio sua moglie è stata molto male. Rientrerà al lavoro domattina presto."
"Se sua moglie si è ammalata improvvisamente, di certo dovrebbe prendersi qualche giorno libero." Benito si avviò verso il salotto, facendole cenno di seguirlo e Alisa obbedì, nervosa.
"E' da un po' che non si sente bene. E oggi è peggiorata" provò a spiegargli, le parole che le uscivano di bocca tremando. Il libro che avrebbe dovuto nascondere ancora tra le mani, mentre pregava in cuor suo che il collega non venisse punito. "Le restano ancora una settimana o due di vita. Spero che lei riesca a comprenderlo."
"Mi crede davvero uno specie di orco?" Benito si voltò di scatto verso di lei. "Pensa che, solo perché appartengo a una famiglia reale, io non provi sentimenti?"
"No di certo."
"Alberto può tornare a lavorare quando è pronto.Se questo dovesse causare problemi a palazzo, provvederò personalmente. Fino al suo ritorno non mi serve un maggiordomo."
"No." Il monosillabo proibito le uscì dalle labbra prima che Alisa riuscisse a fermarsi, e il cuore le sobbalzò nel petto al vedere gi occhi del suo interlocutore ridursi a due fessure scure. La tensione nell'aria era palpabile. Avrebbe dovuto scusarsi, eppure si sforzò di proseguire. "Questo non aiuterebbe Alberto. So che le sue intenzioni sono le migliori, Altezza... intendo, Benito. Ma forse non capisce che...
"Io... non... capisco?" scandì lui, ogni parola secca come uno sparo. La frase di Alisa l'aveva irritato ancora di più. "Sono arrivato a casa senza trovare il maggiordomo, con la governante mezza addormentata su un libro da quattro soldi" aggiunse, brandendole il volume dalle mani. "E invece di licenziarvi in tronco tutti e due, ho proposto una soluzione."
"Stavo studiando" mormorò Alisa con un filo di voce, cercando invano di recuperare il libro dalla sua presa d'acciaio. "Per favore, ne ho bisogno."
"Perché?"
"Gliel'ho detto. Stavo studiando."
"Turismo" lesse Benito, aggrottando le sopracciglia. "Ha delle grandi aspirazioni, vedo.E' per questo che non riesce ad adattarsi?" Mentre le rendeva il volume, la smorfia di Alisa non gli passò inosservata. "Ho notato come le si rivolgono gli altri membri della servitù, e come lei preferisca rintanarsi in camera sua piuttosto che... " Benito si strinse nelle spalle. "Si sente forse superiore?"
"No, ma questo è ciò che credono loro" ammise Alisa. "Dicono che dovrei accontentarmi di quello che ho ed essere onorata di avere un impiego a palazzo"
"Pensa che sia sotto il suo livello, invece?"
"Certo che no" si affrettò a smentire lei, sfregando il pavimento con un piede. "Sono felice del mio lavoro, ma sì... un giorno spero di avere qualcosa di meglio. Per favore, Benito... "Alisa chiuse gli occhi. Incredibile come fosse riuscita a complicare tutto quanto. Ma non poteva sopportare il pensiero di vedersi davanti Alberto la mattina seguente e fu questo l'unico pensiero che le diede la forza di continuare. "La sua offerta per Alberto è incredibilmente generosa, ma..."
"Non sopporto di essere trattato con questa condiscendenza da una cameriera" sibilò Benito. "Abbia il fegato di finire il discorso che ha iniziato, per cortesia. Mi dica che cosa non capisco."
"Alb... Alberto ha bisogno di questo lavoro" balbettò Alisa, gli occhi umidi di lacrime nel rivelargli la verità. "Se stesse a casa, non verrebbe pagato e ora più che mai gli serve del denaro."
"Di sicuro preferisce restare con sua moglie."
"Volere e avere bisogno sono due cose diverse, a volte." In qualche modo quelle parole sortirono un effetto, anche se non quello sperato. L'ampia e arieggiata sala divenne all'improvviso piccola e soffocante. E anche quando Alisa si ricordò della sua posizione, aggiungendo un rispettoso signore alla fine della frase, la tensione che si percepiva nell'ambiente non diminuì.
"Il significato mi pare sia lo stesso." La voce di Benito era bassa, senza più traccia alcuna di rabbia, eppure ugualmente pericolosa. A poco a poco l'ora tarda e il fatto che fossero solo loro due svegli in tutta la villa si fecero strada nella coscienza di Alisa, come di sicuro era accaduto anche in quella di Benito. "Coraggio, è lei quella brava che sta studiando. Mi dica, qual è la differenza?"
"Non lo so." Alisa si inumidì le labbra secche, la mente in subbuglio nel tentativo di dargli una risposta accettabile. "Volere ha a che fare con il desiderio, con la bramosia" azzardò.
"E avere bisogno?"
"Bisogno è... " Sotto il suo sguardo intenso, Alisa sentì le guance avvamparle. Provò anche a sostenerlo, ma, lottando per mantenere il controllo, fu assalita da mille pensieri indecenti.
"Vada avanti."
"Il bisogno riguarda l'obbligo, il fare ciò che è necessario."
Seguì un interminabile silenzio, il cuore di Alisa che le martellava così tanto nel petto che di sicuro Benito doveva sentirlo. Il suo destino, quello di Alberto, era tutto nelle sue mani perfettamente curate.
"Crede di riuscire a sostituirlo durante la sua assenza? Se Alberto non è qui, può farsi carico lei dei suoi compiti, senza che io debba informare a palazzo."
"Certo" mormorò Alisa. Avrebbe potuto osare anche parlargli di Marietta?, si chiese. Ogni sera anche lei avrebbe dovuto correre a casa dalla ragazzina per darle un bacio e somministrarle le medicine. Ma la necessità di Alberto, ora, era quella prioritaria e Alisa scelse di tacere.
"Quando io sono fuori, quando gli altri membri dello staff non ci sono..." Alisa trattenne il respiro. "...può usare lo studio e il computer" dichiarò Benito dopo un istante.
Alisa non riuscì a trattenere un moto di sorpresa. Il prezioso denaro, il tempo che avrebbe risparmiato scrivendo al computer i suoi appunti, piuttosto che a mano o utilizzando quello della biblioteca, era molto di più di quanto non si sarebbe mai aspettata. Tuttavia, in mezzo alla contentezza, un leggero disappunto cominciò a serpeggiare dentro di lei.
"Grazie" esclamò, il tono neutro. "Grazie davvero."
"Ora dovrebbe andare a letto." Le parole di Benito la stavano congedando, ma gli occhi erano ancora fissi nei suoi.
"Desidera cenare?"
"No, sto bene così."
Avrebbe dovuto girare i tacchi e andarsene, pensò Alisa, ringraziandolo ancora per la sua magnanimità, invece rimase lì immobile; ora c'erano soltanto pochi centimetri a separarli. Fu Benito a rompere il silenzio.
"Non riesco a decidere se il trucco le doni o meno."
Alisa si lasciò scappare una risatina. "Non riesco a deciderlo nemmeno io" ammise. "Truccarmi mi crea qualche problema e il mio cuscino..." Si interruppe, arrossendo.
"Continui" la esortò Benito.
"Una sera mi sono dimenticata di togliermi il rossetto" gli confessò lei. Non aggiunse altro, sapendo che in qualche modo stavano entrambi oltrepassando una linea di confine, soprattutto quando lei sostenne il suo sguardo e Benito, dopo una punga pausa, diede finalmente voce ai propri pensieri.
"Un cuscino davvero fortunato."