Quando arriva Natale
di AMY VASTINE
Mancano pochi giorni a Natale ma, invece di pensare ai dolcetti delle feste, nella mente di Josie Peters aleggiano visioni apocalittiche.
Proprietaria di un bar ristorante, il Sundown, sa che deluderà tutta la città se non terminerà i lavori di ristrutturazione in tempo per riaprire per il concerto di Natale di Boone Williams, famosissimo cantante country.
Deve concentrarsi.
E non dovrebbe essere difficile, con un tuttofare taciturno come Clint. Però per ogni minuto che trascorre ad appendere festoni, ne passa un altro a guardare lui. Il misterioso, ombroso Clint che pensa solo al lavoro, e a nient’altro.
Josie sa che scapperebbe a gambe levate se lei tentasse di approfondire la conoscenza.
E’ iniziato il conto alla rovescia per il Natale, e Josie non può permettersi di perdere l’uomo che deve costruirle il palco… e ha anche conquistato il suo cuore.
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«Sei sicuro che non vuoi che chiami Nate?»
Clint aveva detto chiaramente che non voleva altro che stare da solo.
«Per favore, Josie. Lasciami lavorare per conto mio. Devo fare qualcosa di buono oggi.»
Josie si accigliò. Quel giorno aveva fatto tante cose buone. Almeno finché il piccolo Jimmy Kellogg aveva deciso che sarebbe stato divertente gonfiare il sacchetto di popcorn e farlo scoppiare per scherzo. Josie rimase ferma, come se i suoi stivali neri lucidi fossero incollati al pavimento del Sundown. «Potrei prepararti la cena. Mia figlia ti dirà che non sono male come cuoca. E se la conoscessi, sapresti che è un gran complimento.»
Clint si strinse la radice del naso tra due dita. Aveva il mal di testa e voleva far sparire anche quello. Ciò che era successo quel pomeriggio era il motivo per cui voleva rimanere rintanato in casa da solo.
«Non devi prepararti perché hai un appuntamento?»
Cenare con Nate era l’ultimo dei suoi pensieri. «Mi vergogno perché ti ho convinto a impersonare Babbo Natale e ti ho assicurato che sarebbe andato tutto bene. Posso fare una cosa per te, tanto per sentirmi meno in colpa?»
La risata di Clint la sorprese. «Vuoi che ti permetta di cucinare per me, non per farmi piacere ma per stare meglio tu?»
«Sì, è terribile, lo so. Però penso che accetterai se lo faccio per me e non per te. Ho l’impressione che ti preoccupi di come mi sento.»
Clint tracciò una riga con la matita sul bordo di una tavola di compensato. «Non posso impedirti di cucinare nel tuo ristorante, Josie. Però magari se ti metterai ai fornelli io riuscirò a combinare qualcosa qui, senza interruzioni.»
«Ecco, bravo, adesso sì che ragioniamo» replicò lei prima di correre in cucina.
Sua madre le aveva inculcato il concetto che il cibo poteva curare l’anima. Al cinema si era sentita impotente. Era stato spaventoso vedere Clint in preda al panico. Se cucinare per lui avesse potuto confortarlo almeno in minima parte, sarebbe valsa la pena impegnarsi.
Il frigorifero era pieno degli ingredienti con cui aveva intenzione di fare qualche esperimento il giorno dopo, per stabilire il menù di Natale. Se Clint avesse approvato quello che aveva intenzione di preparare, l’avrebbe inserito nel menù la sera dell’inaugurazione.
Nella cucina aleggiava un profumino di maiale arrosto con fagiolini aglio e limone. Josie sperava che l’aroma arrivasse anche in sala. Se quel piatto non fosse stato un successone, era sicura che con la torta di patate dolci di sua nonna avrebbe fatto colpo.
Andò ad apparecchiare un tavolo per Clint, che era intento a praticare dei tagli nel palco con il seghetto. Era tanto concentrato da non accorgersi della sua presenza, però Josie notò che lavorare lo calmava.
Quando era impegnato a costruire e montare, Clint non le dava l’impressione di pensare all’incidente né di preoccuparsi per la cicatrice. Josie si ripromise di dargli altre cose da fare, se avesse potuto.
Poi Clint si accorse che lo spiava.
«Fra poco è pronta la cena. Puoi darmi una mano?» gli domandò prima che si arrabbiasse perché lo stava scrutando intensamente.