Quando arriva Natale
di AMY VASTINE
Mancano pochi giorni a Natale ma, invece di pensare ai dolcetti delle feste, nella mente di Josie Peters aleggiano visioni apocalittiche.
Proprietaria di un bar ristorante, il Sundown, sa che deluderà tutta la città se non terminerà i lavori di ristrutturazione in tempo per riaprire per il concerto di Natale di Boone Williams, famosissimo cantante country.
Deve concentrarsi.
E non dovrebbe essere difficile, con un tuttofare taciturno come Clint. Però per ogni minuto che trascorre ad appendere festoni, ne passa un altro a guardare lui. Il misterioso, ombroso Clint che pensa solo al lavoro, e a nient’altro.
Josie sa che scapperebbe a gambe levate se lei tentasse di approfondire la conoscenza.
E’ iniziato il conto alla rovescia per il Natale, e Josie non può permettersi di perdere l’uomo che deve costruirle il palco… e ha anche conquistato il suo cuore.
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Clint posò la sega. Negli ultimi tempi era diffidente ogni volta che Josie gli chiedeva di fare qualcosa, ma non poteva dirle di no. Dopo quello che era successo quel giorno, lei lo trattava comunque come una persona normale. E per lui era importante.
«Ho bisogno di aiuto a montare queste.» Josie spinse in avanti un contenitore verde da magazzino, pieno di rotoli di lucine bianche natalizie.
«Ti prego, dimmi che le hai provate prima per assicurarti che funzionino.»
Josie incurvò le labbra in un sorrisetto malizioso. «A che cosa mi serve un tuttofare, altrimenti?»
Clint gemette, ma tirò fuori due rotoli per provare le luci nella presa più vicina. Quando ebbero trovato dieci fili che si accendevano, Josie si fece aiutare ad avvolgere le lucine intorno al bancone del bar e sulle colonne che c’erano nel ristorante. La risata di Josie fu contagiosa quando tentò di legarlo per scherzo a una colonnina.
«Non m’intrappolerai in quest’incubo natalizio!»
«Il Natale non è mai un incubo» sbuffò lei con aria di sufficienza.
Non aveva idea di quanto potesse essere orrendo, pensò Clint. E menomale… «Non sono appassionato del Natale, tutto qui.»
«Tutti amano il Natale» dichiarò Josie. «Anche quelli che non lo festeggiano non possono fare a meno di lasciarsi trascinare dallo spirito natalizio.»
«Io no.»
Lei sollevò un angolo della bocca in un sogghigno ironico. «Eppure, due minuti fa ho visto che ti divertivi. Non puoi negarlo.»
Non si divertiva, in realtà. Rideva di lei, non con lei.
Josie scostò una sedia da un tavolo. «Siediti, Grinch. Ora ti farò provare la mia cena della Vigilia di Natale, e poi voglio vedere se mi dirai ancora che non ami questa festa dopo avere assaggiato i sapori che ispira.»
Scomparve in cucina e uscì con un vassoio pieno di piatti.
« È tutto per me?» si stupì Clint.
«Immagino che tutto quel lavoro ti abbia fatto venire fame» replicò lei, scostando le ciocche della lunga frangia dagli occhi che scintillavano per i riflessi delle luci di Natale.
Clint non poteva negare di avere appetito. Si fiondò sul primo piatto e chiuse gli occhi quando l’arrosto di maiale gli fece impazzire le papille gustative.
«È veramente ottimo» dichiarò, pulendosi un angolo della bocca con il tovagliolo.
Josie si sedette di fronte a lui con i gomiti sul tavolo. Sembrava contenta di guardarlo mangiare. «Mi fa piacere che sia di tuo gusto. È bello fare per te qualcosa che apprezzi. Si vede da come fai quella cosa strana con la bocca.»
Clint si toccò le labbra. «Eh? Che cos’ha di strano la mia bocca?»
«Credo che si possa definire… sorridere.»
Voleva proprio fare la spiritosa…
«Mia madre cucinava tutto quello che papà voleva, quando lui la chiamava per dirle che aveva una giornata difficile al lavoro» continuò Josie. «Non faceva mai programmi precisi perché non sapeva come sarebbe stata la sua giornata.»
«Che lavoro faceva?»
«Insegnava storia americana alle superiori che frequentavo io.»
«Era professore?» Un tempo Clint aveva sognato d’insegnare.
Josie gli rubò un fagiolino dal piatto. «Sì. E, prima che tu me lo chieda, no, non mi dava mai le risposte alle domande dei compiti in classe, e io non m’intrufolavo mai nel suo studio per rubarle. Prendevo sempre ottimi voti in storia perché ero costretta continuamente ad ascoltare i suoi racconti di eventi passati. Anzi, venivo sempre rimproverata perché in classe non stavo attenta.»
«Invece di avere il complesso del figlio del predicatore, tu eri la figlia indisciplinata del professore, eh?» scherzò Clint, strappandole una risata. Era così bella quando rideva…
«Che succede qui?» disse Nate, entrando a passo dinoccolato. «Credevo di essere io quello che aveva un appuntamento.»