Il tesoro nascosto
di SOPHIA JAMES
Inghilterra, 1822 - Durante un ricevimento Asher Wellingham, nono Duca di Carisbrook, rimane folgorato dalla bellezza esotica di una sconosciuta che ha un'aria stranamente familiare. Si tratta di Emerald Sanford, figlia di un pirata dei Caraibi, giunta a Londra dalla Giamaica sotto mentite spoglie per recuperare un raffinato bastone da passeggio nel quale suo padre ha nascosto la mappa di un tesoro. Purtroppo, o forse per sua fortuna, il prezioso bastone è nelle mani di Asher, l'uomo che le ha ucciso il padre. Nessuno dei due ha previsto, però, di innamorarsi perdutamente. E adesso?
Emerald andò in giardino passando furtivamente dalle cucine. Era a Carisbrook House da cinque giorni e non aveva più rivisto Asher.
Quando chiedeva ai servitori del suo stato di salute riceveva risposte cortesi ma che non comprendevano l'invito a fargli visita.
Zia Miriam l'aveva raggiunta e il suo raffreddore era migliorato grazie alle cure del medico dei Wellingham, ma Emerald non era in vena di farle compagnia, perciò aveva deciso di scendere in giardino.
I giardini della casa di Londra non erano grandi come quelli di Falder, ma il loro schema era complesso. Sentieri ricoperti da conchiglie spezzate separavano l'una dall'altra le grandi aiuole.
Sul bordo di una di queste, su una panca di pietra, sedeva Taris con il viso rivolto al sole e il cappello in grembo.
«Lady Emma?» chiese sentendo il passo della giovane che si avvicinava.
«Come avete fatto a sapere che ero io?» domandò lei prima di rendersi conto di quanto fosse scortese la domanda.
«Il calo della vista affina gli altri sensi» le spiegò lui senza sembrare offeso. «Voi camminate in un modo particolare, come qualcuno che non si trovi a casa sua in Inghilterra.»
Stava cercando qualcosa da rispondergli, ma Taris non si aspettava una replica e continuò a chiacchierare.
«Sedetevi, voglio parlarvi di mio fratello» le disse.
Emerald si sedette accanto a lui sulla panca.
«Asher pensa che voi siate in pericolo e vuole proteggervi. Fiducia, lealtà, stabilità sono valori in cui crede fermamente. Tutte belle qualità, non è vero?»
«Certo.»
«È cambiato dal momento in cui vi ha incontrato. È più felice. Non ha permesso a molta gente di stargli vicino, da quando siamo tornati dai Caraibi.»
Emerald provò un senso di inquietudine a sentire nominare i Caraibi.
«Asher fu tenuto prigioniero per un anno, dopo che la nostra nave venne catturata dal pirata Beau Sandford nei pressi di Turks Island. Io andai a prenderlo con il riscatto ma in un anno di sofferenze il suo animo si era indurito e non sognava altro che la vendetta. Venne a casa solo per rimettersi in salute e poter tornare là l'anno dopo.»
Era tutta colpa sua, pensò Emerald. Lei lo aveva gettato in mare e non era riuscita a valutare le conseguenze del proprio gesto. Aveva visto i segni delle frustate sulle spalle di Asher, dopo tanto tempo non se ne erano ancora andati.
«Non vi sentite bene?» le chiese Taris, e allora lei fu sicura che avesse fatto apposta a parlarle dei Caraibi.
Se Asher l'avesse vista in quel momento, avrebbe capito ogni cosa.
Disse di avere mal di testa e si rifugiò nella sua stanza. Sulle coperte vicino alla finestra pianse disperatamente, cercando di ingoiare i singhiozzi.
Alcune ore più tardi, Emerald percorse silenziosamente il corridoio buio e le scale, finché non raggiunse la porta di quercia al primo piano, da cui si entrava nell'appartamento di Asher.
Esitò un attimo, poi l'aprì.
Dentro l'oscurità era quasi completa, l'unica luce veniva dalla stanza attigua dove il caminetto era acceso e qualcuno stava scrivendo davanti a una lampada.
Emerald richiuse la porta e subito una voce venne dalla stanza.
«Chi è?»
Lei non rispose, rabbrividendo nella leggera camicia da notte che costituiva tutto il suo vestito.
«Chi è?» chiese di nuovo la voce imperiosa di Asher e lui comparve con la camicia aperta e una vistosa medicazione che compariva da sotto la manica.
«Emma?» disse incredulo.
Lei cercò di rilassarsi tendendo le braccia lungo il corpo.
Asher osservò le mani prive dei guanti.
«Che cosa è stato?»
«Sono bruciate.»
«Mentre cucinavate?»
Emerald capì in quel momento che non avrebbe mai più potuto dirgli una bugia.
Ma c'era qualcosa che poteva dargli. Qualcosa di prezioso, tutta se stessa.
Tirò i nastri che aveva intorno al collo e la camicia da notte si aprì e cadde ai suoi piedi.
Sotto non aveva niente, era nuda come quando nuotava, come quando dormiva.
Asher trattenne il respiro, immobile, sopraffatto da quella visione. Emerald non sapeva che cosa fare, la sua esperienza in fatto di seduzione era limitata a ciò che aveva visto da lontano nei bordelli frequentati da suo padre. Come facevano le prostitute fra Savannah La Mar e Kingston?
Emerald ondeggiò i fianchi e sorrise, sperando che bastasse.
Asher era più che mai senza parole.
Aveva a che fare con una donna a cui avrebbe volentieri chiesto di sposarlo e che adesso si com¬portava come una prostituta. Una donna dal corpo d'angelo, così bella da togliere il fiato.
«Vieni» le disse, non potendo più contenere il desiderio che si era impossessato di lui.
Aspettò che lei lo raggiungesse, che gli toccasse la fasciatura sul braccio.
«Fa male?» gli chiese.
Lui fece segno di no con la testa, poi si liberò della camicia e l'accarezzò con le dita dove nessun uomo l'aveva toccata pri-ma.
Si tolse anche i pantaloni. Era nudo, il suo desiderio evidente. Fece sdraiare Emerald sul morbido tappeto ai loro piedi.
«Mi avevi fatto una proposta quel giorno, sulla spiaggia. Allora non ero pronta ad accettarla, ma adesso è diverso.»
Perché era diverso?
Asher non glielo chiese, ma le sussurrò: «Ti voglio», mentre le apriva le gambe per possederla.
«Io non ho mai...» fece per dire Emerald, ma lui le coprì la bocca con la propria, mimando con la lingua le spinte del bacino.
Poi, a un tratto, arrivò il dolore e Asher rimase immobile, in-credulo.
«Dio mio, sei vergine! Perché non me l'hai detto?»
Lei fece per sgusciare via.
«No, dove vai? È questione di un attimo, passerà.»
La prese fra le braccia, riprovò a muoversi con più dolcezza, accarezzandole un capezzolo con la lingua. Le mise poi un braccio sotto la schiena e le fece inclinare il bacino. Con baci gentili le accarezzò il collo e l'orecchio, finché il desiderio divenne insostenibile anche per Emerald che, senza rendersene conto, si spinse in avanti.
Asher non aspettava altro, il dolore stava trasformandosi in una sensazione diversa.
«Vieni con me» le sussurrò, muovendosi sempre più veloce, le spinte più profonde, fino al culmine della passione.
Le ondate di piacere la colsero alla sprovvista, una volta, due.
Rimasero infine senza fiato, l'uno nelle braccia dell'altro. Emerald, gli occhi chiusi, sarebbe voluta rimanere per sempre in quella posizione, mentre fuori il vento inseguiva le nubi che si raccoglievano intorno alla luna.
«Ti desidero ancora. E tu?» le chiese poi.
Lei annuì. Asher allora la prese fra le braccia e la portò sul letto.
«Ci sposeremo subito dopo aver dato l'annuncio ai giornali, te lo giuro» le disse adagiandola fra le lenzuola prima di raggiungerla.
Sposarsi?
Chi aveva mai parlato di matrimonio?
E chi avrebbe annunciato di sposare, la figlia del pirata?
Emerald sarebbe voluta fuggire, ma non lo fece. I baci di Asher la trattennero, era contenta di essere dov'era, per una volta in vita sua non voleva pensare né al passato né al futuro, ma solo al presente.
E voleva credere alle favole, dove l'eroina raggiungeva sempre la felicità.
Quanto tempo ci sarebbe voluto perché Asher scoprisse la verità? Era pronta a giocarsi tutto?
Si rese conto di come si fosse sentita tremendamente sola, quando viveva in Giamaica all'ombra di un padre che non lasciava spazio alla leggerezza, ai passatempi da ragazza, all'amore.
L'amore.
Asher non aveva mai menzionato la parola amore, non una volta. Poteva il desiderio essere abbastanza?
Che cosa avrebbe detto Beau?
Gli sarebbe bastata la passione per giustificarla?
Dopo aver ceduto ancora una volta ai propri sensi, si ad-dormentò fra le braccia di Asher. Era tutto più facile così, con il corpo di lui che la riscaldava nella notte fredda.
Quando Emerald si svegliò, era mattino e Asher si era appena alzato perché il lenzuolo era ancora caldo.
Un catino e una brocca piena di acqua calda erano stati la-sciati per lei. Si lavò il viso notando che nei suoi occhi si vedeva la lotta interiore.
Non era certo il volto di una duchessa quello che vedeva riflesso nello specchio, segnato dalla cicatrice sul sopracciglio e incorniciato da una selvaggia chioma di corti riccioli.
Quando Asher tornò, si era rivestita. Arrossì nel vederlo, ma lui fece finta di niente e lei gliene fu grata.
«Vieni, abbiamo molte cose da raccontarci» le disse.
Non la toccò e sembrò rilassarsi solo quando giunsero in giardino. Era una bella giornata di sole, le fronde degli alberi si agitavano nella brezza.
«Chi sono gli uomini che mi hanno ferito?»
Voleva delle risposte, ma Emerald era disposta a dirgli solamente una parte della verità.
«Sono i McIlverray di Kingston. Vogliono la mappa che c'era dentro il bastone, credono che appartenga a loro.»
«E tu vorresti quella mappa, anche sapendo che c'è chi sarebbe disposto a ucciderti per impossessarsene?»
«La mia famiglia ha dei debiti.»
«Dimmi a quanto ammontano questi debiti e li pagherò domani.»
«No. Non posso prendere dei soldi da te.»
Non sarebbe stata migliore delle prostitute frequentate da suo padre.
«Non hai pensato che potresti essere rimasta incinta?» le chie-se lui con una risata amara.
No, non ci aveva pensato.
«Il bambino o la bambina sarebbe l'erede dei Carisbrook e io non voglio che venga allevato nella vana ricerca di un tesoro nascosto.»
«Chi ti dice che sia vana? Se mi vuoi aiutare, Asher, dammi quella mappa.»
«No...» mormorò lui al suo orecchio, prendendola fra le braccia e facendola rabbrividire di piacere.
Sarebbe stata sua anche lì in giardino, se lui avesse voluto, senza il minimo riguardo per chi poteva vederli. Era pazza di lui, così pazza che si vergognava di se stessa.
«No, non qui» sussurrò Asher e la condusse nella serra in fondo al giardino.
Si tolse la giacca, sotto cui aveva una camicia immacolata.
«Ci possono vedere» gli fece notare lei.
«No, non ci vedrà nessuno.»
Com'era bello, virile e, soprattutto, apparteneva a lei, più di qualunque altra cosa avesse avuto. Accarezzò le sue guance con la barba che cominciava già a ricrescere.
Con languida grazia, si slacciò i bottoni dell'abito, eccitata nel vedere Asher mentre liberava i suoi seni dai pizzi per baciarli.
Il duca le raccolse la gonna per arrivare dove voleva ed Emerald lo accolse con un gemito. I loro corpi combaciavo alla perfezione.
«Ti amo...» gli disse lei, incapace di controllarsi.
Ti amo... Aveva sentito bene? No, non adesso, Asher non voleva udire quelle parole mormorate nel momento dell'estasi. Che valore avevano?
Cadde sul pavimento insieme a Emma.
Che cosa gli stava succedendo? Aveva fatto l'amore con lei senza badare che qualcuno potesse vederli. Poi Emma aveva detto quelle due parole che non sentiva dai tempi di Melanie.
Ti amo...
«Ci sposeremo al più presto» le promise di nuovo. «Il mese prossimo, a Falder, nella cappella di famiglia.»
Emerald lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. «Ci sono cose di me che non sai e che non ti piacerebbe sapere» gli confessò.
«Che cosa? Se ti preoccupano tanto, dimmele subito» replicò lui con la sufficienza dell'uomo che immaginava qualche piccola mancanza femminile senza importanza.
Perché è tutto così difficile?, si chiese Emerald.
Perché si era innamorata di Asher, ecco la risposta.
«Essere cresciuta in Giamaica mi rende molto diversa dalle donne educate qua, più libera, più disinvolta...» cercò di spiegargli, rivedendosi sul ponte della Mariposa, a dieci anni, mentre suo padre tagliava la gola a uno schiavo disobbediente.
In quel momento l'aveva odiato con un'intensità che non avrebbe mai creduto possibile.
«Dopo la morte di mia madre... Ci sono cose che non so e che avrei dovuto imparare...»
Asher rise.
«Se tu fossi stata educata in Europa, sapresti ricamare e suonare uno strumento, ma non avresti l'abitudine di nuotare senza vestiti e di venire in camera mia nel cuore della notte. Sono molto grato a tuo padre per il modo in cui ti ha allevato.»
Emerald prese un bocciolo da un vaso.
«In Giamaica, quando una fanciulla è promessa a un uomo, porta un fiore tra i capelli.»
Accarezzò i petali e sorrise lievemente.
«Non sai quello che stai facendo, Emerald!» La voce di Mi-riam tremava per la rabbia e per la tosse. «Non riesco a immaginare che cosa direbbero i tuoi genitori!»
«Mia madre capirebbe, dato che aveva solo sedici anni quando rimase incinta di me. In Giamaica a ventun anni sarei considerata vecchia per apprendere i piaceri della carne.»
«Comunque ti deve sposare, questo non si discute. È un gentiluomo e sa qual è il suo dovere.»
«Se lo sposassi come Emma Seaton, non credo che il ma-trimonio sarebbe legale.»
«E vorresti avere un figlio fuori dal matrimonio?»
«Non so neppure se sono incinta!»
«Allora fingerai di esserlo e lo costringerai a sposarti.»
In quel momento Emerald vide il fantasma di suo padre. Beau si era impossessato di Miriam, la faceva parlare e agire come lui.
«Tu sei sola, devi difenderti.»
«Anche lui è solo da quando è morta sua moglie. E la colpa è mia.»
La zia scoppiò a ridere.
«È colpa tua? Ma cosa vai dicendo? Una tempesta avrebbe potuto portare la nave del duca ai confini del mondo, dove lui sarebbe potuto morire in mille modi diversi. Una polmonite avrebbe potuto uccidere Melanie.»
«Invece io credo che, se Asher non avesse incontrato la mia famiglia, adesso sarebbe un tranquillo gentiluomo di campagna con una bella mo¬glie, tanti figli e un fratello che ci vede bene. Non voglio vivere per tutta la vita nella menzogna, come ha fatto mio padre.»
«Dev'essere stato difficile per te, bambina mia» ammise Miriam per la prima volta.
Non glielo aveva mai detto, ma era stato così. Nessuno sapeva quanto Emerald avesse sofferto in quei lunghi anni passati con il padre.
Asher arrivò in camera sua dopo mezzanotte, quando la casa era silenziosa. Fece per prenderla fra le braccia, ma Emerald si ritrasse.
«È stato un errore.»
«Un errore?» ripeté lui.
«Ero vergine e sono una signora. Non sarebbe dovuto accadere.»
«Era difficile capirlo mentre agitavi i fianchi, nuda come una sgualdrina.»
«Ero innocente...» ribadì Emerald arrossendo.
«Ti ho chiesto di sposarmi.»
«Per il senso di colpa? Grazie, ma non so che cosa farmene di un matrimonio contratto per dovere.»
«Pensi che ti abbia chiesto di sposarmi solo per questo?» C'era una certa irritazione nella sua voce.
«Non me ne preoccupo perché conto di partire al più presto per la Giamaica e non so quando e se ritornerò.»
«Così avresti perso la tua verginità per una storia senza im-portanza, della durata di qualche giorno?» chiese incredulo Asher.
Emerald avrebbe voluto rispondergli che era proprio così e che la cosa non doveva riguardarlo, ma lui stava già acca-rezzandole il seno.
«Ti voglio, Emma. Ti voglio adesso, subito...»
«D'accordo per stanotte, ma poi...»
Lui le tappò la bocca per impedirle di dire altre bugie, poi la trascinò verso il letto.
Fu l'inizio di una notte infuocata, ma quando Asher se ne andò Emerald gli fu grata che non avesse detto nulla che potesse legarli nel futuro.
Voleva che tutto rimanesse sospeso nell'incertezza, perché non aveva ancora saputo prendere una decisione definitiva.