Favola di Natale a New York
di SARAH MORGAN
Roxy ha imparato a non credere alle favole, ma per il prossimo Natale vuole che sua figlia Mia abbia tutto quello che ha sempre sognato. Non appena i fiocchi di neve cominciano a scendere su Manhattan, Roxy però non può più nascondere il suo sogno segreto: un bacio sotto il vischio col suo affascinante collega James. James sa che con Roxy deve andarci piano: lei ha già sofferto in passato e oltre al suo cuore, deve proteggere anche la sua adorabile figlia Mia. Ma non appena le notti di dicembre diventano più fredde e l'attrazione tra loro si fa più forte, James decide che è ora di agire. Se Roxy gli permetterà di entrare nel suo cuore, forse per questo Natale potrà fare in modo che i suoi sogni diventino realtà... |
Le conversazioni con Roxy erano la parte migliore di tutta la giornata.
Gli piaceva la sua fresca visione della vita, il modo in cui vedeva le cose e non aveva paura di parlarne.
"Mia madre mi ha sempre detto che il lavoro l'ha resa una mamma migliore". James aveva finalmente sistemato la valvola che perdeva. Le sue dita erano congelate. "Quindi non mi preoccuperei di lavorare tanto o del fatto che hai bisogno di tempo per te stessa".
"Tua madre ha lavorato? Di che cosa si è occupata?" "Continua a lavorare. È un chirurgo ortopedico." "Wow." Roxy si avvicinò con gli occhi sgranati. "Così lei effettivamente taglia le persone... con un coltello." "Un bisturi. E ovviamente i pazienti dormono quando lo fa" rise James.
"La parola più adatta è anestetizzati... i pazienti vengono anestetizzati. L'ho imparato poche settimane fa. L'anestesia generale ti mette ko e ti fa dormire. Potresti anche essere morto, ma sei vivo, a meno che qualcuno non sbagli qualcosa. E poi c'è l'anestesia locale. Quella che ti dà la sensazione di essere senza un pezzo di te...".
"Giusto." James trattenne una risata. Avrebbe voluto anche lui un anestetico per intorpidire i suoi sentimenti verso Roxy perché stavano cominciando davvero a essere un problema.
"Scommetto che sei cresciuto in una casa proprio come questa." Roxy si guardò intorno.
"Pensi che io sia un privilegiato?".
"So che lo sei, ma non per la casa. Scommetto che quando eri piccolo i tuoi genitori ti leggevano ogni sera una storia prima di dormire, e quando eri a scuola magari ti chiedevano com'era andata la tua giornata".
"Sì."
"Be', il tuo privilegio risiede proprio in tutto questo." La nota triste nel tono di voce di Roxy gli faceva male al cuore.
Non gli aveva mai parlato molto della sua infanzia, ma gli aveva detto abbastanza.
"Tua madre non ti ha mai chiesto come fosse andata la tua giornata?" le domandò.
"Non era molto presente in casa, e comunque non le importava un granché. Era troppo concentrata su come sbarcare il lunario avendo tra i piedi mio padre. E poi, cosa le avrei detto? Sì, la mia giornata è stata fantastica. Ho bigiato la scuola e sono andata al parco. Ma dimmi, piuttosto, cos'altro ha fatto la tua mamma con te quando eri piccolo? Voglio conoscere ogni dettaglio".
"Perché? Per farti stare male?"
"No!" Sembrava sorpresa. "Perché voglio fare lo stesso per Mia; tu sei una bellissima persona e questo vuol dire che ti hanno educato e cresciuto bene. Non riesco a fare bei regali a mia figlia, ma posso darle piccole cose... come la lettura. Voglio comprarle ogni libro che hai letto da bambino. Mi scriverai una lista? E inoltre posso chiederle Com'è andata la tua giornata? Sai una cosa? La bellezza di questa frase non è solo chiedere che cosa hai fatto durante la giornata, capisci? Devi ascoltare la risposta. E non arrabbiarti o giudicare. Tu sei bravo in questo. Ascolti, voglio dire. Devo lavorare su me stessa perché invece io tendo a parlare e a parlare".
"Avevo notato."
"Non farti ingannare." Lei gli strinse leggermente il braccio. "Ho molto da dire e tutte queste nuove parole da usare. Quindi cos'altro ha fatto con te tua madre? "
Voleva sapere tutto in modo che potesse farlo lei a sua volta con Mia.
Ragionamenti come quelli erano la ragione per cui James aveva abbassato la guardia e Roxy aveva involontariamente trovato la strada per il suo cuore.
"Non lo so. Mangiavamo tutti insieme e parlavamo della nostra giornata".
"Lo faccio anch'io" disse con orgoglio. "Non che Mia mi parli molto della sua giornata, per lo meno non ora che è ancora così piccola. Il più delle volte gioca sulla sedia e stritola il peluche morbido che Frankie le ha regalato, ma sto cercando di abituarla a sedersi a tavola con me. Sei orgoglioso di me?"
Sì, era orgoglioso di lei. Ed era anche tante altre cose, ma soprattutto era innamorato di lei.
Così profondamente innamorato da non riuscire a pensare ad altro.