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Seduzione al castello

di BLYTHE GIFFORD

La dama di compagnia Mary Betoun sa benissimo che non deve fidarsi del proprio giudizio in fatto di uomini; il suo futuro non dipende da un marito, ma dalla sua capacità di accontentare la regina. Perciò quando la regina le affida il compito di approntare per la sua visita un castello in una località remota al confine con la Scozia, Mary sa che tutto deve risultare perfetto.

L’affascinante capitano del castello, Jamie Davison, è ben lieto di darle una mano se Mary lo aiuterà a sua volta… a diventare un pretendente più attraente per poter trovare moglie. La sua richiesta sembra del tutto innocente, anche se la vicinanza di Jamie ispira a Mary pensieri tutt'altro che innocenti. Ma potrà fidarsi di lui e delle sue mire? E di se stessa?

16

Quando le braccia di Jamie la circondarono, Mary si accorse che non era troppo alto. Assolutamente no.

Non cercò parole, né sorrisi provocanti. Non s’interrogò sul significato, né sui motivi, né sull’indomani. Lasciò semplicemente che fosse il suo corpo a parlare a quello di Jamie. Con impazienza e tenerezza.

E lui la sedusse? Sì, con le dita, che si mossero leggere sul suo polso e sui seni, tanto lievi che Mary non riuscì a distinguere la differenza tra le sue carezze e la brezza della sera.

E anche con le labbra, che le sussurrarono all’orecchio parole incomprensibili, e poi le sfiorarono il collo, senza catturarle la bocca, non ancora, finché non fosse stata smaniosa come una persona che moriva di fame e di sete.

Gli altri uomini che aveva baciato le avevano fatto provare quelle sensazioni? Non ricordava più nulla di loro tranne che, mentre la baciavano, si era sempre chiesta se la vedessero bella o che cosa pensassero di lei.

Ma quella sera no. Non pensava ad altro che al proprio corpo e a quello di Jamie, come se fossero già una cosa sola. Lui si muoveva e lei reagiva, come se uno dei due fosse la testa e l’altro il braccio che si stendeva ad afferrare ciò che voleva.

E Mary voleva lui.

Non solo i suoi baci, o essere posseduta da lui. Voleva quello che Jamie aveva dentro di sé. Oltre il suo sorriso, sotto la sua pelle.

Oh, sì che ne valeva la pena!

Almeno per quella notte.

 

Quando si distese sul letto accanto a Mary, Jamie trattenne a stento un grido di giubilo.

La sua accorta strategia si era volatilizzata. Non ricordava più come aveva previsto di sedurla, o di dimostrarle che poteva essere un vero cortigiano.

La baciò, e basta.

E lei glielo permise.

Anzi, fu lei a baciare lui.

Quella sì che era la sua Mary. Non era più sulla difensiva, circospetta, turbata, e non giudicava né lui né se stessa.

Con il suo bacio, Jamie le trasmise qualcosa di più, e più profondamente, che con qualsiasi dimostrazione o parola. Non poté fare altro che abbandonarsi al desiderio, al bisogno di onorare quella persona che tanto amava.

Si mosse troppo in fretta? Si spinse troppo oltre? Ma non da solo. Perché Mary lo assecondò di sua spontanea volontà, trepidante quanto lui, finché non furono nudi sul letto mentre la luna si levava in cielo, guardandoli dalla finestra.

Ora.

Mary era pronta?

Jamie si scostò e le racchiuse la guancia nel palmo, ansioso di leggere una risposta nel suo sguardo. Quando le avesse chiesto di essere sua sposa, gli avrebbe detto di sì?

Gli occhi di Mary erano velati dalle ombre. Lei non parlò. Però premette la gota contro il suo palmo e mise anche lei la mano sulla sua guancia, attirando la bocca di Jamie alla sua.

Sì. Doveva per forza intendere un sì.

Jamie l’accarezzò, guardandola con gioia mentre si abbandonava al piacere, oltre ogni possibile parola. Era così che poteva dimostrarle il suo amore, non con giacche e partite a scacchi. Mary gridò, esplodendo nell’estasi.

E poi lui si unì a lei.

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