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Un bacio in corsia

di JANICE LYNN

Il versatile dottor Garrett Wright ha assolutamente bisogno di una madre per i suoi gemelli. Gli piacerebbe domandare aiuto all'affascinante collega Jennifer Castillo, peccato che sia affetta da uno stakanovismo compulsivo che la rende la candidata meno adatta. Chiedere non costa nulla, ma... è una richiesta del cuore o della mente? Quando trova il coraggio, Jennifer lo fissa negli occhi e...

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La mattina seguente Jennifer dovette ricordare a se stessa che era lì in qualità di figlia di una paziente. Dovette sedersi sulle mani per evitare di aiutare a cambiare la medicazione della madre.

Come se intuisse il suo bisogno, il dottor Wright alzò lo sguardo. I suoi occhi brillarono con una comprensione che solo un collega poteva avere. «Vuoi aiutare?»

«Posso?» Si sentiva impotente e l'ozio la stava facendo impazzire.

«Certo.» Il suo sguardo si abbassò sulla bocca di lei, e si incupì prima di tornare alla paziente. «La ferita si sta rimarginando bene, senza segni di infezione.»

Reprimendo il bisogno di chiamarlo per catturare di nuovo l'attenzione dei suoi occhi magnetici, Jennifer esaminò la ferita sul fianco della madre. I punti chiudevano la pelle in una linea nitida.

Sollevando lo sguardo su Garrett, ingoiò un gemito. Non era ammirazione professionale quella riflessa nei suoi occhi. Era desiderio bruciante.

Lo stesso che sentiva lei.

Il che era sbagliato. La sua libido non poteva essere così crudele da sollevare la sua ripugnante testa proprio a Huntsville. Il solo fatto di essere nella sua città

natale, vicino a tanti brutti ricordi, avrebbe dovuto renderla immune ad altra possibile sofferenza.

«La fisioterapia sarà posticipata. L'importante è tenerla in movimento.»

«Sono d'accordo.» Era d'accordo con la cura della madre o con la tentazione che danzava nei suoi occhi?

«Sono sveglia, sapete» ricordò Bridget dal letto. «Non parlate di me come se non fossi qui.»

«Hai sentito qualcosa?» domandò Garrett strizzando un occhio con aria cospiratoria.

«Niente.» Jennifer scosse il capo.

Dopo un lungo sguardo allusivo, lui distolse gli occhi e applicò una medicazione fresca alla paziente.

Bridget sospirò. «Dottor Wright, potrebbe dirle di essere una figlia un po' più devota? Forse può prescriverle una ricetta? Una che le ordini di tornare a Huntsville?»

Jennifer gemette interiormente. Fin da quando se n'era andata, sua madre si lamentava che non veniva a trovarla abbastanza spesso. Ma non si rendeva conto che tutte le volte che metteva piede a Huntsville doveva confrontarsi con un passato che voleva solo dimenticare?

No, non voleva dimenticare la sua dolce bambina.

Ma aveva dovuto andare avanti. E non avrebbe potuto farlo a Huntsville. Il che rendeva la sua attrazione per Garrett ancor più sconvolgente. Perché adesso? Perché a Huntsville?

«Ieri ho dovuto ascoltare le sue prediche, finché mi sono alzata e ho usato quel dannato deambulatore.» Bridget fece una pausa per respirare, aggiustando il tubo dell'ossigeno. «E adesso posso di nuovo tornare in casa di cura.»

Garrett fece correre le mani lungo le gambe della paziente, controllando le pulsazioni e l'entità dell'edema. «Forse, se ti fossi alzata più spesso non avresti avuto la trombosi» ribatté Jennifer, cercando di cancellare l'immagine delle mani di Garrett sulle proprie gambe, del tocco delle sue dita sui polpacci, sulle cosce, sui fianchi. Era passato così tanto tempo da quando era stata toccata, da quando aveva avuto desiderio di essere toccata.

«Tu e la fisioterapista state cercando di uccidermi.» Bridget incrociò le braccia, uno sguardo ostinato sul viso. «Ci siete quasi riusciti.» Garrett terminò il suo esame. «Dopo un'operazione di sostituzione dell'anca, bisogna cercare di camminare il più presto possibile.»

«Facile dirlo. Non è lei che ha fatto l'operazione.»

«Vero» convenne lui, scambiando un'occhiata con Jennifer. Il suo respiro si fermò al silenzioso messaggio. 

Era attratto da lei.

«Ma sono d'accordo con Jennifer. Lei deve camminare tutte le volte che qualcuno può assisterla.»

Il sudore imperlò la pelle di Jennifer. Solo sentire il proprio nome rotolare fuori dalla sua bocca non poteva provocarle delle vampate o farla sciogliere. E invece la sua temperatura interna avrebbe potuto liquefare la calotta polare.

«Avrei dovuto sapere che voi dottori vi sareste alleati.» Sebbene il suo tono suonasse seccato, gli occhi di Brigdet avevano una luce che faceva innervosire Jennifer. O, più probabilmente, era Garrett che la rendeva nervosa.

«Mi preoccupo per il tuo cuore» replicò, indietreggiando verso il letto. Forse un po' di distanza tra lei e il meraviglioso dottore avrebbe ripristinato la sua circolazione e abbassato il riscaldamento globale. Certo quella follia di emozioni era il risultato della preoccupazione per sua madre e del fatto di essere a Huntsville.

«Uh-uh. È per questo che te ne sei andata dall'altra parte dello Stato» la accusò la madre.

«Ti avevo chiesto di venire con me.» Aveva dovuto andarsene, scappare e seppellirsi nel lavoro. Non sarebbe potuta sopravvivere altrimenti.

«Dove eserciti?» chiese Garrett.

«A Madison, vicino a Gulf Shores. Ero stata sulla spiaggia un'estate...» L'estate prima che suo padre morisse. Perché quelli che amava morivano sempre? «E volevo tornare là. Dopo il divorzio, l'ho fatto. Definitivamente.»

«L'unica famiglia che ho, e se n'è andata.» Bridget fece un sospiro penoso.

Jennifer lanciò uno sguardo di scusa a Garrett e cambiò discorso. «Come sono i suoi esami?»

«Sono ancora qui, sai» le ricordò Bridget.

«Lo sappiamo» dissero Jennifer e Garrett simultaneamente.

I loro occhi si incontrarono. Le scintille volarono.

Essere attratta dal dottore di sua madre era una complicazione di cui Jennifer non aveva bisogno.

Essere attratta da un uomo di Huntsville era una complicazione di cui non aveva bisogno.

Eppure lo era. 

Era da prima della morte di Carrie che non aveva più desiderato il tocco di un uomo. Non aveva mai neppure realizzato di avere chiuso quella parte della sua mente e del suo corpo.

Con la madre gravemente ammalata, e di ritorno in una città che le portava solo dolore, non era certo il momento giusto per ricordarsi all'improvviso che sotto il camice e lo stetoscopio era una donna.

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
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