Un bacio in corsia
di JANICE LYNN
Il versatile dottor Garrett Wright ha assolutamente bisogno di una madre per i suoi gemelli. Gli piacerebbe domandare aiuto all'affascinante collega Jennifer Castillo, peccato che sia affetta da uno stakanovismo compulsivo che la rende la candidata meno adatta. Chiedere non costa nulla, ma... è una richiesta del cuore o della mente? Quando trova il coraggio, Jennifer lo fissa negli occhi e...
Jennifer guardò le versioni in miniatura di Garrett e avrebbe voluto scappare via.
Allo stesso modo, i bambini guardarono Jennifer come se fosse il Grinch Che Aveva Rubato il Natale.
Sebbene continuasse a sorridere, gli sguardi che Garrett le lanciava non erano molto meglio.
Si aspettava forse che lei li ficcasse nel forno e li divorasse come la strega della fiaba?
Jennifer non avrebbe mai fatto del male ai suoi figli, o a qualsiasi bambino.
Non di proposito. «Possiamo avere degli atomi, papà?» domandò Ian tirando la mano del padre.
«Sì, per favore!» aggiunse Ethan, i grandi occhi verdi che imploravano il padre.
Jennifer sapeva solo che, se suo padre avesse detto di no, avrebbe comprato lei il gelato spaziale ai ragazzi. O qualsiasi altra cosa volessero. Come poteva dire di no quando erano così simili al padre, che lei trovava irresistibile?
Garrett aveva dei figli.
Cominciava a realizzarlo. Due gemelli.
Indipendentemente da quanto lei lo amasse, o dal fatto che lui aveva dichiarato di amarla, non avrebbe potuto
essere di nuovo una madre. Ogni odiosa parola che Jeff le aveva detto dopo la morte di Carrie le ritornò alla mente, sopraffacendola con ondate di tormento.
No, non poteva ingannare Garrett, non poteva fingere che avessero un futuro. Sua madre sarebbe tornata a casa il giorno seguente, e in un paio di settimane lei sarebbe partita per Madison.
In qualche milione di anni avrebbe dimenticato Garrett. Forse.
Oh, chi voleva ingannare? Non l'avrebbe mai dimenticato.
Lo amava.
Ma amarlo non significava che potesse essere una madre per i suoi figli. Non che Garrett glielo avesse chiesto chiaramente, ma era in quella direzione che stavano andando, no?
«Certo che potete avere degli atomi» convenne Garrett, arruffando i capelli dei bambini. «Forse anche Jennifer vuole un gelato spaziale. Glielo chiediamo?»
I piccoli la guardarono interrogativi, come se fosse scontato che lei volesse un gelato spaziale, Grinch o meno.
«Non ho mai assaggiato un gelato spaziale» ammise lei. «Che gusti dovrei prendere?»
«Gli atomi di cioccolato!» suggerì Ian con entusiasmo. «Uhm... non vorrei finire sparata nello spazio...»
Ethan ridacchiò scuotendo il capo. «No, sciocca. Sono gli Astronots che mangiano quelli.» Poi la sua espressione si fece meditabonda, come se soppesasse la possibilità. «In ogni caso, puoi tenere la mia mano, per sicurezza.»
Prima che Jennifer potesse fermarlo, fece scivolare la sua manina in quella di lei.
«Sei sicuro che tu non devi andare?» chiese Garrett a Ian per la terza volta.
Il bambino scosse il capo, aggrappandosi alla mano di Jennifer. Da quando Ethan aveva rotto il giacchio, i bambini avevano rivaleggiato per catturare la sua attenzione. «Aspetterò qui con Jennifer.»
Il panico afferrò Jennifer alla gola. Non voleva essere lasciata sola con il bambino.
E se fosse successo qualcosa?
Garrett si accigliò, stupito dal diniego. «Ian, non devi andare?»
«No, papà.»
«Io sì!» Ethan si dimenava avanti e indietro, stringendo le gambine. «Non riesco più a tenerla.»
Garrett sembrava combattuto, ma alla fine l'urgenza di Ethan vinse. Si precipitò verso il bagno con il figlio.
Oh, Dio. Garrett l'aveva lasciata sola con Ian. Lei non era in grado di assumersi la responsabilità di un bambino. Sua figlia era morta perché lei non era stata una brava madre.
«Sei la ragazza di papà?» Ian la guardò con gli occhi dello stesso colore di Garrett, le stesse ciglia folte.
«Sono una ragazza, e sono amica di papà» tergiversò lei, non sapendo bene cosa fosse per Garrett. Lui aveva detto che l'amava. Non aveva superato il fatto che non le avesse parlato dei bambini, ma poteva perdonarlo, e anche capirlo. In un certo senso.
Ma non significava che potesse affrontare questo. Quando glielo aveva detto, avrebbe dovuto chiudere con lui. Perché non l'aveva fatto? In quel caso, non sarebbe rimasta sola con un bimbo di quattro anni.
«Papà ha un sacco di ragazze.»
Un sacco di ragazze. Jennifer non disse nulla. Ignaro di quanto le sue parole le lacerassero il cuore, Ian proseguì. «La mamma diceva che era per questo che non viveva più con noi.»
«Perché lui aveva un sacco di ragazze?» Era sbagliato fare domande a un bambino riguardo al padre? Doveva esserlo, e il senso di colpa la colpì allo stomaco.
Del resto, sapeva già che non era la persona giusta da lasciare con un bambino.
Ian annuì, oscillando avanti e indietro sulle gambe. «Mamma è in cielo. Perché è un angelo.» Guardò dietro si sé, il razzo che torreggiava su di loro. «Scommetto che questo razzo potrebbe portarci a vederla.»
Jennifer non sapeva cosa dire. La sua mente spaziava in centinaia di direzioni diverse, ma le si strinse il cuore vedendo la disperazione negli occhi di Ian. Doveva avere amato molto sua madre.
A dispetto del suo terrore di restare sola con lui, non seppe trattenersi. Lo abbracciò. «Mi dispiace per tua mamma, Ian. Vorrei davvero che il razzo potesse portarci in cielo.»
«Per vedere la mamma?»
«E per vedere Carrie» mormorò lei, sentendo le lacrime scorrerle sulle guance.
«Chi è Carrie?»
«La mia bambina.»
«È in cielo con la mia mamma?»
Con gli occhi lucidi, lei annuì.
Ian la guardò interrogativamente, poi le accarezzò la mano. «È tutto a posto. Scommetto che mia mamma la cura come tu stai curando me.»
Jennifer stava sulla soglia della camera a guardare mentre Garrett metteva a letto i bambini. Ogni volta che l'uomo provava ad alzarsi, Ian aveva una domanda da fargli. Ethan invece aveva già gli occhi chiusi.
Dopo aver risposto a dozzine di domande su qualsiasi cosa, da dove veniva la luna a come funzionava uno yo-yo, Garrett lo baciò sulle guance. Poi spense la luce, lasciando solo la lampada per la notte.
Senza parlare, tornarono in soggiorno.
«Io dovrei andare.»
Lui scosse il capo. «No.»
«Non posso restare.»
«A causa dei bambini?»
Deglutì. Doveva dirglielo. Prima che diventassero troppo intimi, prima che lui si facesse idee a proposito di lei e dei suoi figli. Non avrebbe dovuto fare una cosa simile ai suoi bambini, a lui.
«Visto che mia madre tornerà a casa domani, non credo che dovremmo vederci ancora. Non dovrebbe essere un problema evitare di incontrarci.»
«Io non voglio evitarti, Jennifer. Voglio divedere la mia vita con te.»
«Questo non accadrà.»
«A causa dei bambini?»
Lei annuì. «Forse se tu non avessi avuto figli avrebbe potuto funzionare, ma...» Le si ruppe la voce. «Non posso.»
Si girò, decisa ad andarsene prima di cedere completamente.
Aveva fatto a malapena due passi quando Garrett la tirò a sé. «È così? Tu non vuoi bambini e io ne ho due, e questo cambia quello che provi per me?»
Non poteva incontrare il suo sguardo.
«Rispondimi, dannazione! Ti importa così poco di me che te ne vuoi andare non appena conosciuti i miei figli?»
Era proprio perché le importava che si sciolse da lui e si precipitò fuori.