Un bacio in corsia
di JANICE LYNN
Il versatile dottor Garrett Wright ha assolutamente bisogno di una madre per i suoi gemelli. Gli piacerebbe domandare aiuto all'affascinante collega Jennifer Castillo, peccato che sia affetta da uno stakanovismo compulsivo che la rende la candidata meno adatta. Chiedere non costa nulla, ma... è una richiesta del cuore o della mente? Quando trova il coraggio, Jennifer lo fissa negli occhi e...
Bridget era a casa da un'ora e cominciava ad annoiarsi, così decise di invitare i vicini per un barbecue il sabato. Viste tutte le insinuazioni che aveva fatto, Jennifer avrebbe dovuto sospettare che avrebbe invitato anche Garrett.
Ora Jennifer guardò fuori dalla finestra sul retro, dove lui stava parlando con sua madre. I figli stavano scorrazzando in giro con il labrador color cioccolato dei vicini.
Questo sistemava le cose. Se sua madre stava abbastanza bene da giocare alla sensuale, significava che stava abbastanza bene anche perché Jennifer tornasse a casa.
Solo che la prospettiva di tornare a Madison non le sembrava più così attraente.
Amava il suo lavoro là, e i suoi colleghi. Ma lasciare Huntsville adesso sarebbe stato doloroso.
La porta sul retro si aprì e Garrett entrò. «Tua madre mi ha mandato a prendere un bicchiere di tè freddo.»
Bene. Sua madre continuava a giocare.
«Glielo porterò io.» Jennifer prese un bicchiere e lo riempì di ghiaccio.
Garrett si appoggiò al bancone. «Mi manchi.»
Jennifer non rispose. La settimana precedente si era
impastata un sorriso in faccia a beneficio di sua madre, ma quando era sola in camera sua non riusciva a trattenere le lacrime. Lacrime per Garrett, per Carrie, per la sua incapacità di essere madre. Se solo...
«I ragazzi ti adorano. Hanno chiesto di te ed erano eccitati al pensiero di vederti oggi.»
«Mi conoscono appena.»
«Cosa cui avrei voluto porre rimedio, ma tu mi hai cacciato.»
«Io non voglio bambini, Garrett.»
«Dannazione. Lo so che mi ami, lo vedo anche adesso nei tuoi occhi. Odi così tanto i bambini?»
Un gemito le uscì dalle labbra.
«Non odio i bambini, e i tuoi figli sono meravigliosi, ma...» Come poteva spiegargli che aveva fallito come madre, che non voleva rischiare di far male a un altro bambino?
«Non hanno avuto una vita facile da quando Emma è morta. Io voglio lottare per tenerti nella mia vita, ma ho anche il dovere di proteggere i miei figli.»
«Credi di doverli proteggere da me?» Lei sussultò alle sue parole, che le ricordavano quelle di Jeff. Era colpa sua se Carrie era morta. Se fosse stata una madre una migliore... se fosse stata a casa più spesso... se non fosse stata così concentrata sulla medicina.
«No, quello riguarda me.»
Jennifer rimandò indietro le lacrime. «Tu devi proteggerti da me?»
«Sì, perché il mio cuore è nelle tue mani.» Gemendo di frustrazione, la tirò a sé. «Ti amo, Jennifer. So che rappresento un impegno gravoso, quando tu non eri disposta neppure a considerare una relazione qualsiasi, ma non chiudere fuori me e i ragazzi dalla tua vita.
Non senza darci una possibilità.»
Lei sussultò. «Una possibilità a cosa?»
«A considerare se quello che abbiamo può essere per sempre.»
L'emozione la assalì, minacciando di esplodere. «Garrett, io non posso avere dei figli» mormorò. «È giusto che tu lo sappia prima di dire qualsiasi altra cosa.»
La delusione apparve sul suo viso, proprio come lei aveva previsto. Jeff non le aveva detto che non sarebbe più stata una donna?
«La tua carriera significa così tanto per te?»
«Non capisci» chiarì lei, il dolore e le insicurezze che minacciavano di affiorare. «Non posso più avere figli fisicamente.»
«Non m'importa se non puoi avere figli, Jennifer. Io ti amo» assicurò Garrett.
Poi le sue parole andarono a fondo. Non posso più... Bridget non aveva mai parlato di nipotini. «Hai dei figli?»
Chiuse gli occhi. «Ho avuto una figlia.»
Di nuovo, le parole affondarono. «Hai avuto?»
«Morì a due anni.»
«Oh, tesoro!» Garrett l'abbracciò stretta. «Mi dispiace.»
«Fu colpa mia se morì.»
«Come morì?»
«Annegò» sussurrò lei, raggomitolandosi contro di lui.
Garrett non poteva immaginare quello che stava provando, non poteva immaginare il dolore di perdere un figlio, tanto meno se la sua morte era stata in qualche modo colpa sua.
Continuò a tenerla stretta, lasciandola piangere.
All'improvviso Ethan irruppe in cucina. «Papà, che è successo a Jennifer?»
Jennifer si strofinò gli occhi, sorridendo debolmente al bambino mentre cercava di ricomporsi. «Sto bene. Che succede?»
«Ian vuole sapere se possiamo saltare sulla pedana elastica di Benji.»
«Chi è Benji?»
«Il vicino di mia madre» ripose Jennifer. «Il bambino con i capelli rossi con cui stavano giocando. Vive nella casa accanto.»
Garrett guardò il viso implorante del figlio. «Ian vuole saperlo, eh?»
Ethan sorrise. «Anche io, papà. Saremo super sicuri, e salteremo solo nel mezzo.»
«Bene.» Garrett afferrò la mano di Jennifer. «Vieni. Porteremo il tè a tua madre e guarderemo i ragazzini.»
Sedettero sui gradini del portico di Benji, a guardare i tre discoli che saltavano e ridevano sulla pedana.
Il cellulare di Garrett suonò. Sospirando, lui rispose. «Pronto? Uh-uh. Arriverò al più presto possibile.» Si girò verso Jennifer.
Lei sorrise con dolcezza, senza bisogno di spiegazioni. «Capisco.»
«Posso tornare più tardi?»
«Io... » esitò. «Se vuoi.»
Lui avrebbe voluto baciarla, ma sua madre e gli ospiti potevano vederli. Le disse con gli occhi quello che aveva nel cuore, sperando che capisse.
«Lo voglio» le assicurò, poi chiamò i bambini. «Andiamo ragazzi, dobbiamo andare. Svelti.»
I bambini protestarono.
«Devo andare in ospedale. Subito. Forza, mettetevi le scarpe.»
Protestando, i bambini scesero dalla pedana.
Ian guardò verso Jennifer. «Può badarci lei.»
«Jennifer non vuole badare a due discoli come voi. Su, mettete le scarpe.»
«Va tutto bene, papà. La mamma bada alla bambina di Jennifer in cielo e Jennifer bada a noi.» Ian guardò Jennifer con occhi fiduciosi. «Non è vero?»