La strada del desiderio
di MEGAN HART
Un viaggio in macchina. |
Passarono tre mesi prima che Molly lo cercasse. L’indirizzo sul biglietto da visita era in uno dei quartieri più signorili di Philadelphia. Non quello in cui viveva lei, di sicuro.
Non che avesse di che lamentarsi. L’autofficina e l’appartamento al piano di sopra erano piccoli, ma erano suoi. Il figlio di Vinnie le aveva venduto volentieri l’attività e Molly era riuscita a convincere la banca che poteva permettersi le rate del mutuo per l’importo da pagare. Mangiava molto cibo in scatola e aveva comprato quasi tutti i mobili di seconda mano… ma aveva una casa tutta sua.
Parcheggiò lungo la strada e alzò lo sguardo verso la casa che corrispondeva al numero sul biglietto da visita che le aveva lasciato Jake. Era di mattoni, ricoperta di edera, e valeva almeno mezzo milione di dollari. Non vide la Impala, ma in un quartiere così la teneva sicuramente in garage.
Doveva solo risalire il marciapiede fino alla porta, bussare, e dire…
Che diavolo avrebbe potuto dire? Cavoli, avrebbe dovuto improvvisare.
Ma prima di avere il tempo di pensarci salì di corsa i gradini dell’ingresso e bussò alla porta. «Salve» disse quando si aprì, ma non si trovò davanti nessuno. Abbassò lo sguardo e vide il visetto sorridente, rivolto verso l’alto, di un bambino che poteva avere circa otto anni. «Ehm… ciao.»
«Ciao.»
Riconobbe subito quel sorriso. Ebbe un tuffo al cuore. Doveva essere per forza il figlio di Jake. «Tuo papà è in casa?»
«Paaaapààààà!» gridò il bambino girando la testa, poi tornò a guardarla. «E’ in cucina.»
«Chi è, Matt?» Jake si bloccò sulla soglia quando la vide.
Per un attimo terribile, Molly capì di avere commesso un errore. Avrebbe dovuto voltarsi e andarsene prima di dargli il tempo di dire qualcosa. Sarebbe dovuta rimanere una fantasia. Non sarebbe dovuta venire.
«Molly. Ciao.»
Matt spostò lo sguardo da uno all’altro, poi si strinse nelle spalle e si allontanò, diretto da qualche parte in casa. Jake rimase sulla soglia a fissarla, finché Molly non fece una risata imbarazzata.
«Ti disturbo?» gli chiese.
«No. Assolutamente no.» Jake spalancò di più la porta. «Entra.»
La casa era ordinatissima, pulita, arredata stupendamente. Da un punto che Molly non poteva vedere arrivavano i suoni dei cartoni animati. Jake la fece accomodare in una cucina che sembrava uscita dalle pagine di una rivista. Lei si sedette davanti a un bancone con il piano di marmo lucido e lui le offrì un bicchiere di acqua frizzante.
Era stata una donna ad arredare quella casa, sicuramente, ma ora non viveva lì. Era un ambiente asettico, che faceva pensare a governanti e cibo da asporto, non alla presenza di una moglie e madre. Molly sorseggiò l’acqua e guardò Jake che armeggiava con il tappo della bottiglia.
«Perché mi hai dato il tuo biglietto a visita?» gli chiese infine. Era la domanda che l’aveva condotta lì.
Jake alzò lo sguardo verso di lei e posò la bottiglia con fermezza. «Non lo so.»
«Mi sembra giusto.» Molly bevve un altro sorso d’acqua.
«E tu perché sei venuta?»
«Perché non sono riuscita a smettere di pensare a te in questi tre mesi.» Era inutile non essere sincera, ora che era lì. D’altronde, non era sempre stata sincera con lui?
Il sorriso di Jake gli illuminò il viso e lo fece tornare l’uomo che era il padrone del mondo. «Bene. Perché neppure io sono riuscito a smettere di pensare a te.»