La strada del desiderio
di MEGAN HART
Un viaggio in macchina. |
«Bella macchina.» Molly fece scorrere la mano sul cofano dalle linee eleganti della Impala. Sentiva Jake vicino, alle sue spalle, ma senza toccarla. Non ancora. Lo guardò. «E’ del ’66?»
«Sì.» Jake parve colpito. «Come lo sapevi?»
Era vicinissimo alla vettura, ma Molly passò tra lui e la macchina per arrivare al bagagliaio, sfiorandolo con la spalla e il fianco, e sentì il suo respiro che le accarezzava i capelli. Indicò i fanalini posteriori. «Li hanno cambiati nel ’65.»
«Sei esperta di automobili?»
Lei scosse la testa. «Non proprio. Conosco solo le Impala, e le Chevelle, che praticamente sono come le Impala, ma più piccole.»
«Di solito le donne…»
Lo interruppe con una risata e alzò una mano. «Sì, lo so. Ho imparato da mio padre. Lavorava con le auto classiche. Di tutti i tipi. Ma queste hanno qualcosa di speciale, no?»
Jake annuì. «Sì. Non le fanno più così.»
«Eh, no.»
Jake incrociò le braccia e appoggiò un fianco all’auto, con una gamba sopra l’altra. Una classica posa alla James Dean. E gli si addiceva. D’altronde, pensò Molly, gli si addiceva praticamente tutto.
«Mio padre aveva un’autofficina» disse dopo un secondo. «L’ha venduta al suo socio, Vinnie, prima di mo-rie.» Fece una pausa. «Un paio di settimane fa mi ha chiamato il figlio di Vinnie per dirmi che il padre era morto, e lui non è interessato a gestirla. Io invece sì, credo.»
Jake inclinò la testa da un lato. «Ma dai! Davvero?»
Molly si strinse nelle spalle. «Mi serve un lavoro. Mi hai chiesto che cosa mi aspettava a Philadelphia. Forse è questo.»
Molly preferiva non soffermarsi a pensare perché improvvisamente avesse deciso di dirgli tutto, quando poco prima aveva evitato. Sfiorò l’auto mentre si avvicinava a lui. Jake non si mosse, non si spostò. E le andava bene così. Da quella distanza ravvicinata, doveva inclinare leggermente la testa all’indietro per guardarlo in faccia. E poteva anche sentire il suo profumo, una colonia speziata che non conosceva.
Era scesa la sera mentre mangiavano la torta e i pancake. Il parcheggio era più movimentato, con i camion che andavano e venivano. La luce dei lampioni tremolava, non ancora pronta a accendersi.
Molly strusciò contro la macchina finché il bordo del giubbotto di pelle di Jake le sfiorò la coscia. Però lui continuò a rimanere immobile, a braccia conserte, fissandola dritto negli occhi. Ora la bocca che l’aveva attirata sin dal primo sguardo non sorrideva più. Jake aveva dischiuso appena le labbra, ma non abbastanza da farle vedere i denti o la lingua. Esitò, pensando che stesse per dire qualcosa, ma Jake non parlò.
La tensione tra loro aumentò. Una brezza improvvisa le scostò i capelli dal volto. Un autoarticolato vicino si mise in moto rombando, ma non le fece distogliere l’attenzione da Jake, e neanche il rumore delle portiere che sbattevano e i saluti ad alta voce dei camionisti che uscivano dalla tavola calda, diretti chissà dove. Molly non si lasciò distrarre. Sarebbe stato facile lasciar passare quel momento, o fingere che non fosse importante. Avrebbe potuto allontanarsi, risalire in macchina. Partire. Andare via.
Ma non voleva.
Non aveva mai fatto niente del genere. E questo era importante. Così com’era importante che volesse farlo.
Per tutta la vita si era comportata bene, aveva preso le decisioni più giuste, aveva fatto la brava ragazza. E ci aveva guadagnato un lavoro senza prospettive e una vita altrettanto priva di prospettive… fino a quel momento.
Se fosse stato un film, lui l’avrebbe presa tra le braccia e l’avrebbe bloccata contro la macchina. Le avrebbe dato un bacio appassionato, infilandole la lingua tra le labbra per divorarle la bocca mentre l’accarezzava tutta.
Al pensiero delle mani di Jake sul suo corpo, Molly sentì che le s’inturgidivano i capezzoli e le pulsava un punto tra le gambe, dove la cucitura dei jeans le strofina-va la carne con lenta precisione.
Ma non era un film, e Jake non si mosse.
Perciò fu Molly a fare il primo passo.