Tra vizi e virtù
di CHRISTINE MERRILL
Miss Paulette Montaigne è venuta dalla Francia per cantare nello scandaloso Vitium et Virtus, il circolo per gentiluomini più peccaminoso dell’alta società inglese. Però sa che la sua illibatezza la rende diversa… e come potrà fidarsi di quell'orso del suo protettore, Ben Snyder? I tempi del pugilato sono finiti per lui, e Ben ha imparato a usare più il cervello che i muscoli. Ma non per questo l’angelica Miss Montaigne è alla sua portata. Potrà proteggere Paulette e anche il proprio cuore? |
Quella sera Paulette cantò per gli ospiti del club. Ben era in fondo alla sala a godersi quel momento di relativa serenità. Il suo compito era più semplice quando tutti erano tanto incantati da un’esibizione da non pensare neppure a creare problemi.
Incantati.
Un’altra parola da aggiungere al taccuino. Ma ultimamente molti dei termini che annotava si riferivano alla bella francese.
Capelli tizianeschi. Voluttuosa. Seducente.
Indossava un costume di scena che era poco più di una pioggia di lustrini d’argento disposti ad arte a coprire le sue grazie. Cantava di una vergine che si bagnava in un ruscello e veniva trovata dal suo amato con cui si stendeva poi sulla riva. La canzone finiva come tutti i brani lascivi che s’intonavano al club, ma Paulette la interpretava con voce dolce e innocente, e appena un luccichio malizioso negli occhi, come se fosse sorpresa dalla propria sfrontatezza. Era come guardare un angelo un attimo prima della sua caduta.
Accanto a lui, Challenger seguiva l’esibizione con aria seria e concentrata. Ben non avrebbe dovuto sorprendersi del fatto che Paulette era riuscita a stanarlo dal suo ufficio, anche se da più di una settimana era rinchiuso giorno e notte nelle stanze dei proprietari a bere troppo, rifiutandosi di uscire.
Se Ben si fosse permesso di farlo, gli avrebbe detto che era uno sciocco e l’avrebbe esortato a tornare al suo posto, in luna di miele. Ma, serrando i denti, si disse che non poteva fare la predica ai suoi principali, perciò tacque.
Paulette rivolse a Challenger un sorriso complice e lo chiamò con un dito come per invitarlo a cantare con lei.
Forse voleva qualcosa di più. Aveva detto a Ben che era una brava ragazza e non aveva motivo di dubitarne, ma Challenger era bello, ricco e potente. Se Paulette aveva deciso di avere un amante, c’era decisamente di peggio.
La cosa non lo riguardava. Era stato assunto per proteggere le ragazze da approcci indesiderati e non aveva il diritto d’intromettersi in una relazione voluta. Sarebbe sembrato una matrona bigotta se avesse ricordato a Challenger la bella moglie che lo attendeva dall’altra parte di Londra.
Ma in verità non voleva farlo ragionare. Era invaso dall’impulso di spaccargli una bottiglia sulla testa scarmigliata. Perché un gentiluomo spettinato attirava le donne, mentre si allontanavano tutte se lui non si radeva la barba due volte al giorno?
Sentì i pugni che si aprivano e si chiudevano ritmicamente, come prima di un incontro di pugilato nel vicolo dietro la bottega del fabbro, quasi che il suo corpo si stesse preparando istintivamente a combattere. Si costrinse ad aprirli e distese le dita, ingoiando la gelosia che non aveva il diritto di provare. L’angelo sul palcoscenico non era la sua amante. Aveva appena cominciato a tollerare la sua presenza. Ben doveva smettere d’immaginare che potesse esserci qualcosa di più tra loro.
Staccò a fatica gli occhi da lei e guardò Challenger. «Vi piace lei?» Ecco, l’aveva detto. Non era un mezzano, ma era suo compito accertarsi che proprietari e clienti fossero contenti, ed era chiaro che Challenger non lo era. Ma rimanere in disparte e vederlo portare la bella francese in camera l’avrebbe fatto sentire impotente come un eunuco nell’harem di un sultano.
«Eh?» disse distrattamente Challenger.
«Vi ho chiesto se vi piace.» Ben indicò la ragazza con un cenno, irritato con Challenger, con il club e il suo destino ingiusto.
L’altro prese una moneta dal borsellino con aria assente. «Dategliela con i miei complimenti per la sua bravura.» Poi gli porse un’altra moneta. «E portatemi in ufficio una bottiglia di chiaretto, poi chiudete la porta e fate in modo che non mi disturbi nessuno, specialmente lei» gli disse prima di andarsene passando per la porta di panno verde che celava le stanze dei proprietari.
Sulle prime Ben non sapeva se essere arrabbiato o sollevato. Challenger non doveva fare altro che chiudere a chiave la porta se voleva rimanere solo. Ma poi sorrise, tastando le monete. Non doveva competere per Paulette con Frederick Challenger, che per giunta gli aveva ordinato di andare a parlare con lei. Ora doveva andarle a portare il premio, e dirle quanto era brava.
Paulette stava terminando l’ultima canzone. Ben sorrise e l’applaudì con entusiasmo come tutti i presenti.