Tra vizi e virtù
di CHRISTINE MERRILL
Miss Paulette Montaigne è venuta dalla Francia per cantare nello scandaloso Vitium et Virtus, il circolo per gentiluomini più peccaminoso dell’alta società inglese. Però sa che la sua illibatezza la rende diversa… e come potrà fidarsi di quell'orso del suo protettore, Ben Snyder? I tempi del pugilato sono finiti per lui, e Ben ha imparato a usare più il cervello che i muscoli. Ma non per questo l’angelica Miss Montaigne è alla sua portata. Potrà proteggere Paulette e anche il proprio cuore? |
Ben aveva sempre sospettato che avrebbe concluso la vita in prigione, o impiccato. Pochi uomini che si guadagnavano da vivere a suon di pugni morivano in pace. Finivano sempre male perché un avversario più forte li stendeva. Ben non aveva ancora trovato nessuno che lo eguagliasse per forza fisica, perciò non c’era da sorprendersi se era stato incastrato dal potere politico.
Era un peccato, però, perché la sua vita gli piaceva. Stava per ritirarsi dagli incontri ed erano anni che non risolveva i problemi a suon di pugni. Bastava minacciare per porre fine a ogni lite.
Ma poi aveva incontrato Danvers, che meritava di essere picchiato. L’unico rimorso di Ben era di non averlo colpito tanto forte da ucciderlo. Un altro pensiero che lo tormentava era che cosa sarebbe successo a Paulette Montaigne senza lui a vegliare su di lei. Sperava solo che i proprietari del Vitium et Virtus si prendessero cura di lei, comprendendo la situazione. Se uno di loro fosse venuto a trovarlo nella sua fetida cella, avrebbe potuto avvertirlo.
Ed effettivamente stava per avere visite, perché udì dei passi in corridoio, dall’altra parte della porta massiccia, e anche un pianto sommesso. Non era la prima volta che sentiva dei singhiozzi, ma quelli erano più vicini, e gli provocarono una stretta al cuore.
Udì un tintinnio di chiavi, poi il secondino gli intimò di farsi da parte, aprì la porta e sulla soglia comparve una donna avvolta in un mantello. Ben rimase in fondo alla cella ma, appena le si abituò la vista alla penombra, la figura ammantata gli corse incontro e gli si gettò tra le braccia, e lui riconobbe la musicalità dei suoi singhiozzi.
«Miss Montaigne?» La tenne stretta a sé, ma con delicatezza, come un uccellino caduto dal nido. «Non sareste dovuta venire.»
Lei lasciò cadere un paniere ai suoi piedi, poi gli cinse forte la vita con le braccia. «Non potevo non venire, siete qui per causa mia.»
Le sue parole erano dolcissime, come miele nel tè di un uomo morente. «No, sono qui per colpa di Danvers» la corresse con gentilezza. «Ditemi che non v’importuna più!»
Lei scosse la testa contro la sua spalla. «È stato bandito dal club e io posso uscire solo scortata.» Fece un altro singhiozzo sommesso. «Come vorreste voi.»
Lui sospirò soddisfatto. «Bene. Ero preoccupato per la vostra incolumità.»
«Preoccupato per me?» Lei si staccò per guardarlo e gli rivolse un sorriso incredulo. «Sono io a essere preoccupata per voi! Come tutti.» Raccolse il paniere e glielo porse. «Vi ho portato qualcosa per rendere meno dura la vostra prigionia.» Tirò fuori delle cose e andò a metterle sullo sgabello che rappresentava l’unico mobilio della cella. «Prosciutto, formaggio, pane fatto dalle altre ragazze. E un romanzo che leggevamo insieme.»
«Avete portato in prigione un volume della biblioteca?» I libri erano preziosi e bisognava trattarli con cura.
«No, è della biblioteca personale di Mr. Challenger. Ci sono delle candele così potete vederci per leggere, Mr. Gregory vi manda del brandy e il Duca di Westmoor dei soldi per comprarvi l’occorrente. Vi promette anche che sta cercando di farvi rilasciare.»
«E’ molto gentile» disse Ben, anche se secondo lui era tutto inutile. Guardando i doni, aggiunse: «Siete stati tutti gentili».
Paulette si stava guardando intorno. «E il letto?»
Ben indicò un mucchio di paglia in un angolo.
«Dormite sul pavimento?»
«Mi è capitato di peggio» la rassicurò lui.
«Ma finché ci sono io non soffrirete. Dovete avere almeno una coperta.» Si tolse il mantello e lo lasciò cadere per terra.
Ben avrebbe voluto raccoglierlo e restituirglielo, ma ormai era contaminato con il sudiciume di chi aveva dormito su quella paglia prima di lui, perciò alla fine disse semplicemente: «Grazie».
«Sono io a ringraziare voi» replicò Paulette. «Je m’excuse. Avevo torto su di voi, mi ero lasciata ingannare dalla prima impressione. Siete un brav’uomo e non dovete perdere la speranza.»
Poi Paulette gli si avvicinò e lo abbracciò di nuovo, si alzò in punta di piedi e lo baciò.