Titanic: appuntamento col destino
di MARGUERITE KAYE
Jennifer Spencer sta per attraversare l’oceano sul Titanic per cominciare una nuova vita in America. Sola. O almeno così crede, fino a quando non scopre che la sua irresponsabile gemella, Maud, è salita a bordo clandestinamente. Pur essendo un’azione sconsiderata, Jennifer è contenta che la sorella abbia corso quel rischio. In fondo lei ha bisogno che qualcuno le ricordi di tenere a distanza l'affascinante uomo d’affari Max Blakely per cui ha perso la testa. Ancora prima di salpare, però, apre la porta di una cabina e…
Jennifer non era mai stata spogliata da un uomo prima. Nella luce offuscata della sua cabina, Max le tolse con cura l’abito da sera, le dita che tremavano mentre cercava di slacciare i bottoni sulla schiena, fino a quando non le fece scendere le spalline e l’abito scivolò in una pozza scintillante di seta e pizzo ai suoi piedi. Jennifer si sarebbe sentita imbarazzata per quella quasi nudità se non avesse visto l’alzarsi convulso del suo petto mentre la guardava, il modo in cui la sua splendida bocca si curvava per il piacere. La risposta la colpì al ventre, un calore che sembrava corrispondere al rossore eccitato che vedeva sul viso di lui.
Il gilet di Max volò via, seguito dalla cravatta nera, il colletto della camicia, mentre la camicia stessa veniva strappata fuori dai pantaloni, e nel frattempo si baciavano. E si baciavano, baciavano e baciavano.
Lei non portava il corsetto, solo una sottile camiciola con dei lacci di cotone. Era leggerissima sotto le sue mani, ma era ancora troppo. I capezzoli si ergevano quasi dolorosamente. Max la baciò e la tirò contro di sé, e lei si adagiò con delizia contro di lui, assaporando la durezza della sua erezione contro il ventre.
Ancora baci, sul collo e sulla gola di lei, e sul collo e la gola di lui. Lui le aprì i lacci della camiciola per mettere a nudo i seni e vi posò la bocca, prima sull’uno e poi sull’altro, succhiando e leccando, eccitando quelle terminazioni nervose che collegavano i capezzoli al ventre e al sesso, dove lei era ardente per lui, dove spasimava per lui. Non era mai stato così prima. Lei non era mai stata così. Mai. Si sentiva come se stesse emergendo da un bozzolo, proprio come aveva detto lui.
Max la spinse sul letto, togliendosi il resto dei vestiti. Jennifer lo guardò con evidente desiderio, tutte quelle linee dure, la curva soda del sedere, la lunghezza muscolosa delle cosce, e il sesso, grosso, vellutato e duro. Le mutande di lei erano coordinate con la camiciola, stoffa sottile e chiuse dai lacci. Lui li sciolse, facendola girare sulla schiena, e poi togliendole del tutto. Le scarpe se ne erano già andate da un pezzo. Ora indossava solo le calze di seta.
Inginocchiandosi sul pavimento tra le sue gambe, Max fece scorrere le mani sui suoi fianchi. «Jennifer, vuoi che ti baci?»
Il suo sorriso malizioso era contagioso. Lei si sentiva impudica, eccitata nel vedere quanto lo era lui. «Pensavo di avertelo già dimostrato» rispose, facendo scorrere i piedi lungo la sua schiena, salendo poi sulle spalle.
«Dillo» pretese lui, sfiorendole i capezzoli con i pollici. «Dimmi che vuoi che ti baci.»
«Max, voglio che mi baci.»
«Allora questo è esattamente quello che farò» rispose lui, facendo scivolare le mani sul suo corpo e poi sotto le natiche, per sollevarla verso di sé prima di appoggiare le labbra contro le pieghe umide del suo sesso.