Titanic: appuntamento col destino
di MARGUERITE KAYE
Jennifer Spencer sta per attraversare l’oceano sul Titanic per cominciare una nuova vita in America. Sola. O almeno così crede, fino a quando non scopre che la sua irresponsabile gemella, Maud, è salita a bordo clandestinamente. Pur essendo un’azione sconsiderata, Jennifer è contenta che la sorella abbia corso quel rischio. In fondo lei ha bisogno che qualcuno le ricordi di tenere a distanza l'affascinante uomo d’affari Max Blakely per cui ha perso la testa. Ancora prima di salpare, però, apre la porta di una cabina e…
RMS Titanic, Sabato, 13 Aprile, 1912
Quando Jennifer e Peter si erano sposati, all’inizio erano stati inesperti di sesso, e un amplesso intenso e rapido li lasciava felici e senza fiato. In seguito, era stata Jennifer che si era presa di cura di Peter, facendo l’amore con lui e preoccupandosi che raggiungesse il suo piacere, senza curarsi troppo del proprio per non urtare il suo orgoglio. Con Max era stato completamente diverso, pensò Jennifer, distesa nella propria cabina il giorno dopo, rivivendo ogni momento del viaggio che avevano intrapreso la notte prima.
Non era mai stata baciata in modo tanto intimo prima. La bocca di lui l’aveva portata così vicino all’esplosione che aveva pensato che sarebbe finita in mille pezzi, ma lui l’aveva tenuta lì, leccandola, baciandola e succhiandola finché lei aveva desiderato di urlare per quella ipnotica sospensione. Quando era venuta, si era sentita come se fosse stata spremuta dal di dentro.
E poi lui aveva ricominciato, tirandosela in grembo, facendole avvolgere le gambe intorno ai fianchi, infilandole la lingua in bocca mentre il suo sesso la penetrava con lievi movimenti pulsanti. Lei si era aggrappata a lui con le labbra, le mani e le gambe.
Erano caracollati sul letto come una nave sul mare calmo, finché il ritmo dolce era diventato come un mare in tempesta, finché il viso di lui si era teso allo spasimo e lei lo aveva sentito pompare dentro di sé, e per la seconda volta il suo piacere era montato rapido, inestricabilmente intrecciato a quello di lui. Allora lui l’aveva cavalcata con forza, le mani strette sulla sua vita, sollevandola e affondandole dentro in profondità quando lei si riabbassava. Infine aveva gridato, un grido roco e selvaggio, quando era venuto.
Più tardi avevano fatto di nuovo l’amore. Era stato diverso, l’orgasmo era venuto rapido, appassionato, i corpi affamati uno dell’altro. Entrambe le volte lui aveva usato una protezione.
Poi erano rimasti distesi di traverso sul letto sgualcito fino a quando la prima luce dell’alba era filtrata attraverso l’oblò. Max era stato sconvolto da quello che era accaduto quanto lo era stata lei? Si sentiva come se fosse stata distrutta e rinata. Si sentiva nuova, esposta e nuda, sconosciuta ma, allo stesso tempo, conosciuta.
Non era sicura che le piacesse quella sensazione, anche ore dopo, mentre giaceva distesa nella propria cabina.
«Non c’è bisogno di chiederti dove sei stata tutta la notte» disse Maud irrompendo nella cabina e guardando Jennifer con aria critica. «E non c’è neppure bisogno di chiederti come è stato. Hai quello sguardo, come se fossi illuminata dall’interno.»
Jennifer arrossì, scostandosi alcune ciocche di capelli dal viso. «Sciocchezze... sono...»
Maud sedette sulla cuccetta vicino a lei. «Jenny...»
«Non preoccuparti. So bene che è per via delle stelle, del mare, di tutto il contorno. E so che non significa nulla.»
«Lo sai davvero?»
«Maud, sai quanto apprezzo tutto questo, che svolgi il mio lavoro e mi presti questi abiti. Maudie, non pensi che sia egoista, vero?»
Sbadigliando, la sorella cominciò a spogliarsi. «Jenny, sono contenta che per una volta tu sia egoista perché, onestamente, non penso di essermi mai sentita tanto virtuosa in vita mia» rispose con un sogghigno. «Adesso spostati, una di noi due ha lavorato fin dall’alba. Sono esausta.»
«Anch’io» le fece eco Jennifer con un sospiro soddisfatto.