Sangue cherokee
di SHERI WHITEFEATHER
Daniel nascondeva qualcosa che lei non riusciva a intuire...
Daniel avrebbe voluto poter leggere nella sua mente. Era così graziosa in quel momento, sembrava quasi una principessa delle favole che sogna del suo Principe Azzurro. I riccioli color rame erano sciolti sulle sue spalle, e un maglioncino di lana evidenziava le curve del suo corpo minuto. Aveva le guance arrossate dal freddo e le sue labbra erano di un tenero rosso corallo.
Lei sollevò lo sguardo e la cucina improvvisamente divenne silenziosa come l'atmosfera di un convento di clausura. Sentiva quanto la desiderava? Ogni mattina si svegliava nel grande letto solitario, il pensiero rivolto a lei.
Tracy si inumidì le labbra con la punta della lingua e lui fece un movimento verso di lei. Se l'avesse baciata, si sarebbe riscossa da quella trance o avrebbe trascinato anche lui in quel sogno così sensuale?
«Ehi, perché vi state guardando in quel modo?»
Daniel e Tracy sobbalzarono. Avevano quasi dimenticato che il piccolo Parker era con loro.
«Non ci stavamo guardando!» negò subito Tracy imbarazzata, scostando un ricciolo dalla guancia.
«Sì, invece!»
«Be'... allora non ce ne siamo resi conto. Qualche volta capita, agli adulti.»
«Oh.pensavo che faceste il gioco di chi batte per primo le palpebre.»
Entrambi sorrisero, e il momento di imbarazzo scivolò via.
«Che ne dite di fare merenda? Posso preparare qualche panino...» propose Daniela alzandosi.
«Grandioso!» Parker lo raggiunse per controllare il contenuto del frigorifero.
Prepararono dei sostanziosi sandwiches con prosciutto e formaggio, maionese e fettine di pomodoro. Il ragazzino si divertiva un mondo, e con sua sorpresa anche Daniel si accorse che si stava divertendo. Gli piaceva essere in compagnia e vedere la cucina sprizzare vita.
«Ehi Daniel...» Parker leccò un po' di maionese dal dito, ricevendo un tovagliolo dalla madre.
«Che c'è?»
«Posso chiederti una cosa?»
«Certo, quello che vuoi.»
Il bambino prese una manciata di patatine fritte dal sacchetto e lo sistemò nel suo piatto. «Perché non hai un albero di Natale?»
Le ginocchia di Daniel tremarono all'istante. Si afferrò al bordo del tavolo nel tentativo di controllare l'emozione.
Natale sarebbe arrivato fra poche settimane. Che cosa avrebbe dovuto rispondere? Ho intenzione di comprarne uno. Oppure: non ho avuto tempo di procurarmelo?
Guardò Parker con la coda dell'occhio. Come poteva mentire a un ragazzino di sei anni, che lo stava fissando con occhi innocenti, un ciuffo di capelli dritti sulla nuca? Parker non aveva voluto tendergli un tranello, aveva solo espresso una curiosità infantile.
«Io vivo da solo» gli spiegò quindi in tono gentile. «Quindi non ho bisogno di un albero.»
«Ma questo non significa nulla. Anche il nonno vive da solo ma ha un albero di Natale.»
Tuo nonno, però, non ha perso la moglie e il figlio cinque giorni prima di Natale, pensò Daniel con rabbia. Tuo nonno non è rientrato da un viaggio di lavoro e ha trovato la casa bruciata e la famiglia distrutta.
«Io e la mamma possiamo andare a prenderti un albero, se vuoi» insistette Parker. «E possiamo aiutarti a decorarlo. Vero, mamma?»
«Sì» rispose Tracy. La sua voce risuonò dolce e piena di partecipazione. «Se Daniel è d'accordo.»
«È un'offerta molto gentile, ma credo che rifiuterò.» Fece un respiro profondo, cercando una scusa che soddisfacesse il giovane Parker. «Babbo Natale non verrà a casa mia.»
«Perché? Sei stato cattivo?»
Sì, pensò, ma non poteva spiegargli per quale motivo. «Non ho chiesto nessun regalo, quest'anno.»
«Ma Natale non è solo per i regali. È una festa della famiglia e degli amici. Prendi un albero, Daniel, così capirai quello che ti ho detto.»
«Lo pensi davvero?» gli chiese per non deluderlo. Dentro di sé si domandò se il bambino che portava il nome di suo figlio avesse ragione. Se sarebbe stato realmente così facile trovare la pace anche a Natale.
***
Due settimane dopo Tracy restituì l'auto di Daniel. Si recò a Orchid House e trovò la sua Camaro parcheggiata sulla strada.
«Santo cielo!» esclamò piacevolmente turbata. Il suo vecchio catorcio scintillava letteralmente. Che cosa gli aveva fatto? Sicuramente non si era limitato a riparare una piccola perdita d'olio.
Daniel le venne incontro sorridendo, e lei sentì le ginocchia diventare improvvisamente deboli. Aveva i capelli umidi come se fosse appena uscito dalla doccia, e li aveva pettinati all'indietro. I suoi lineamenti forti risaltavano, gli occhi splendevano come carboni ardenti.
Teneva le mani infilate nelle tasche del giubbotto, mentre i jeans gli fasciavano i fianchi snelli. Era assolutamente, incredibilmente sexy... considerò Tracy provando un lungo brivido di desiderio.
«La mia macchina sembra nuova» commentò ancora estasiata.
Lui si avvicinò di qualche passo. «È incredibile cosa possa fare una buona passata di cera, vero?»
«Ma... come hai fatto a rendere così splendenti anche i paraurti?» Di solito erano coperti di fango.
«Semplice, li ho sostituiti.»
Tracy scosse la testa, incredula e divertita. «Non avresti dovuto.»
«Mi ha fatto piacere, invece. Ho un sacco di ricambi in garage, non è stato complicato.»
«Per me lo è, invece. Adesso non so come ringraziarti.» Avrebbe voluto abbracciarlo, ma lui aveva ancora le mani affondate in tasca.
«Ho riparato anche l'impianto di riscaldamento» aggiunse Daniel guardando l'auto. «Accidenti, Tracy, si gelava lì dentro! Avresti dovuto dirmi che non funzionava.»
«Non ci ho pensato.»
Il mese di dicembre era freddo e nebbioso, ma Tracy se n'era accorta a malapena. Aveva altri pensieri in testa. Sentiva che si stava innamorando di Daniel Crow, che stava perdendo la testa per un uomo che le sembrava perennemente in fuga.
Non aveva senso fingere che quei sentimenti non esistessero. Non l'aveva sognato fin dalla prima notte dopo il loro incontro? E non provava un desiderio travolgente ogni volta che lo incontrava? Le era entrato nel sangue, era parte di lei.
Perché proprio lui? si chiese. Perché quest'uomo complicato e tormentato?
Daniel mosse nervosamente i piedi sul selciato. «Ho un albero di Natale.»
Tracy lo fissò in silenzio per qualche attimo, stupefatta. «Sul serio?»
«Sì! Ne ho comprato uno con le radici e già addobbato, così non ho dovuto impazzire con le luci e le palline. Lo pianterò in giardino dopo l'Epifania.»
«Posso vederlo?» gli chiese istintivamente lei. Avrebbe voluto trovare il coraggio per confessargli i sentimenti che provava per lui, ma ancora non ce la faceva.
«Certo. Be', comunque è molto piccolo.»
Entrarono in casa e lui la condusse nel salotto, una stanza ampia e accogliente, traboccante di ricchi broccati e legni intarsiati.
L'albero era posato su un tavolino di mogano, e gli ornamenti scintillavano contro il verde scuro degli aghi. C'era un fresco profumo di resina nell'aria, e Tracy decise che era l'abete più perfetto del mondo, specialmente perché era stato suo figlio Parker a convincere Daniel a procurarsene uno.
L'albero completava la vecchia dimora. Sarebbe cresciuto indisturbato nel giardino, stagliandosi contro il cielo azzurro.
«Non posso credere che la gente pensi che Orchid House sia stregata.» Si guardò intorno, rapita. «È troppo bella per i fantasmi.»
Riusciva quasi a immaginare di vivere lì con Daniel, accoccolata tra le sue braccia nelle lunghe notti invernali. Avrebbero fatto lunghe passeggiate nella bella stagione. Avrebbero cresciuto insieme Parker, nell'amore di una vera famiglia.
Quando guardò Daniel, il suo cuore si fermò per un attimo. Il suo viso era serio, e dall'espressione dei suoi occhi sembrava lontano mille chilometri da lei.
«Tracy.» mormorò in uno strano tono tranquillo. «È arrivato il momento che ti racconti di mia moglie e di mio figlio.»