Uno sceicco sotto l'albero
di ABBY GREEN
Ammaliata dal tocco dello sceicco! Dopo sei mesi di passione, il desiderio reciproco tra Riad e Cassidy non accenna ad affievolirsi. Cassidy, però, ha bisogno di qualcosa di più: il loro rapporto è intenso, ma senza impegno, e Riad non intende offrirle nulla di più. Cassidy decide che ne ha abbastanza: esce quindi dai confini del letto del miliardario per entrare in una dimensione della sua vita in cui nessuna donna era mai stata ammessa. Riad potrà accettare che Cassidy sia l’unica donna a cui non può proprio rinunciare?
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Era il giorno di Natale. Da pochissimo, veramente, essendo appena passata la mezzanotte. Cassidy era avvolta in un plaid e guardava le luci di Parigi dalla panca sotto la finestra nel suo attico.
Negli ultimi due giorni aveva pianto fino ad avere mal di testa mentre guardava commedie romantiche, e si era ingozzata di dolci. Però non si sentiva meglio. Si sentiva solo svuotata. Smarrita. Sola.
Pensò a Elise sotto le coperte nel suo letto, a sognare Babbo Natale, e a Riad… E lui che cosa sognava?
Il suono del citofono la fece trasalire. Immaginò che fosse un ubriaco che tornava a casa dopo avere festeggiato la vigilia, e lo ignorò.
Ma poi qualcuno suonò di nuovo al portone. Cassidy attraversò l’appartamento trascinandosi dietro il plaid, e premette il pulsante del citofono. «Sì?» gracchiò, dopo la sua maratona di dolci e lacrime, perciò si schiarì la voce e ci riprovò. «Sì?»
Un secondo di silenzio, e poi: «Cassidy, sono io. Posso salire?».
Riad. Avvertì una fitta di dolore nel risentire la sua voce. L’adrenalina le andò immediatamente in circolo, facendola riscuotere mentre entrava in azione il suo istinto di autoconservazione. «E’ la notte di Natale. Dov’è Elise?»
«A casa mia ci sono i miei genitori. Elise sta bene, dorme. Cass, per favore, fammi salire.»
Cass. Come se fosse in grado di rifiutare… Cassidy si odiava per questo, ma aveva bisogno di rivederlo più che di proteggersi. Premette l’apriporta per farlo entrare. Poi si vide allo specchio. Aveva i capelli spettinati e gli occhi rossi, uno sbaffo di cioccolata su una guancia, e indossava un vecchio paio di pantaloni della tuta, calzettoni di lana grossa e una maglia di flanella sotto al plaid che l’avvolgeva.
Però poi suonò il campanello della porta, e non ebbe più tempo. Buttò via il plaid e si fece forza, poi aprì e per poco non cadde all’indietro. Non aveva mai visto Riad tanto cupo né imponente, con il lungo cappotto scuro che indossava.
Aveva la barba lunga e Cassidy pensò che invece lui era sempre perfettamente rasato. Si faceva la barba due volte al giorno. Aveva l’aria leggermente trasandata, con i capelli scompigliati invece che ben pettinati come al solito, come se avesse passato le dita tra le ciocche.
«E’ successo qualcosa?» gli chiese. «Elise?»
Lui scosse la testa, fissandola in maniera conturbante. «No, te l’ho detto, sta bene.»
Cassidy si scostò e Riad entrò. Era venuto a trovarla mille volte in passato, ma ora si guardava intorno come se non avesse mai messo piede in casa sua. Si avvicinò a una mensola e prese una foto incorniciata, scattata l’anno prima, che ritraeva Cassidy con genitori e fratelli.
Alzò lo sguardo verso di lei. «E’ la tua famiglia?»
Lei annuì e si strinse il busto con le braccia, sentendosi frastornata. «Riad…?»
«Se non sapessi di essere adottata, sembreresti loro parente di sangue.»
«Sono i capelli rossi. Sono molto comuni in Irlanda» commentò Cassidy, riferendosi al fatto che anche la madre adottiva e i gemelli avevano i capelli rossi.
Riad posò la foto e si girò. «Credevo che saresti tornata e ho aspettato ogni giorno che ti facessi sentire.»
Cassidy cercò di smorzare la fiammella di speranza ribelle che si era accesa in lei. «Mi hai detto che non mi saresti corso dietro, e io facevo sul serio.»
Riad si passò una mano fra i capelli. «Ora l’ho capito.»
Improvvisamente ci fu una vibrazione nell’aria tra loro, che ricordò a Cassidy i momenti in cui avevano battezzato praticamente ogni superficie orizzontale e verticale del suo appartamento. Ma se lui avesse capito quanto la turbava ancora…
«Caffè?» sbottò.
«Sì, certo… grazie.»
Cassidy entrò nel cucinotto lungo e stretto e mise il bollitore sul fuoco, facendo un respiro profondo. Non era del tutto sicura che non fosse un sogno. Ma quando sentì il fischio del bollitore trasalì: era tutto vero. Preparò il caffè e tornò in soggiorno.
Riad si era tolto il cappotto; indossava jeans e una maglia che gli fasciava i muscoli torniti in maniera sin troppo provocante per i gusti di Cassidy, considerato il suo stato d’animo già molto fragile.
Riad prese la tazza e si sedette in poltrona. Cassidy si accomodò su quella di fronte tenendo la sua tazza fra le mani. Riad abbassò lo sguardo verso il caffè, poi rialzò la testa e lo puntò su di lei.
«Devo dirti una cosa…»