La preferita del capo
di SUSAN MEIER
Quando Kelsey Cramer Delaney ritorna a Portage, la sua città natale in Pennsylvania, dopo la morte del marito, l'ultima cosa che si aspetta è di andare ad abitare accanto al suo primo amore. Eric non è affatto contento di vederla, né tanto meno di abitare in un quartiere periferico. È tornato alle origini solo perché l'ex moglie lo ha tradito e ha avuto pure la sfacciataggine di prendersi metà della sua azienda di successo.
L'ultima cosa che Eric desidera è restare imbrigliato in una relazione con Kelsey.
Soprattutto da quando lei inizia a lavorare per lui.
Quando alla fine Eric si staccò da lei, Kelsey non poté far altro che fissarlo. A giudicare dall'espressione dipinta sul suo viso, si capiva che non solo il bacio aveva appena segnato il punto di non ritorno nella loro relazione, ma aveva anche costretto Eric a prendere delle decisioni.
«Sai perché non ti passai a prendere la sera del ballo?» le chiese pacato.
«No» gli rispose Kelsey.
«Mio padre...» iniziò lui, lentamente, guardingo, «mi aveva picchiato a sangue.»
«Oh, mio Dio!»
«Mi ha sempre picchiato ma, quando cominciai a giocare a football al liceo, smise di farlo.» Eric sorrise mesto. «Penso avesse capito che, se mi si fosse avventato contro, avrei avuto la forza di rispondere ai colpi. E così per tutti gli anni delle superiori fui relativamente al sicuro.»
«E cosa accadde la sera del ballo?»
«Quel giorno si ubriacò. Iniziò a darmi del ragazzo tutto d'un pezzo e cose simili, a prendermi in giro perché giocavo a football, perché avevo ottenuto una borsa di studio, e cominciò a tirarmi pugni.»
«E tu facesti lo stesso.»
Eric scosse la testa. «No. Per quanto fosse strano, mi sentivo in colpa per lui, perché mi ero accorto che quella borsa di studio mi avrebbe regalato opportunità che lui non aveva avuto. Sfortunatamente mi colpì con una tale violenza che mi dovettero far visitare da un medico. Mia madre si vergognava all'idea di ciò che la gente in città avrebbe potuto dire, quindi non mi portò all'ospedale più vicino. Mi portò fino a Pittsburgh.»
«Ecco perché il tuo segreto è rimasto tale finora.»
Lui annuì.
«Mi dispiace, Eric.»
Lui colse il suo sguardo. «No, Kelsey, a me dispiace. Sono dieci anni che avrei voluto dirtelo, ma non ce l'ho mai fatta.»
«Perché ti vergognavi?»
Eric fece cenno di no con la testa. «Perché non volevo che provassi pietà per me. Avevo passato quattro splendidi anni della mia vita a essere qualcuno, non più soltanto un ragazzino per cui tutti si preoccupavano. Non volevo tornare a essere compatito.»
«Eric, quello che provo per te non è certo pietà.»
«Ma non è nemmeno amore.»
«Come puoi saperlo?»
«Perché non ti ho detto tutto e, quando l'avrò fatto, tu ti sentirai in modo completamente diverso.»
«Parla e lascia che sia io a decidere come sentirmi, d'accordo?»
«Kelsey, prima che lo faccia, devi promettermi due cose. La prima è che non proverai pietà per me. Sono stanco di essere il ragazzino che tutti compatiscono e il marito scaricato di cui tutti sparlano.»
«Posso farlo. La seconda promessa?»
«Che dimenticherai di aver avuto una storia con me e smetterai di desiderarne una.»
«E se non potessi farlo?»
«Allora dovrai lasciare il lavoro.»