La preferita del capo
di SUSAN MEIER
Quando Kelsey Cramer Delaney ritorna a Portage, la sua città natale in Pennsylvania, dopo la morte del marito, l'ultima cosa che si aspetta è di andare ad abitare accanto al suo primo amore. Eric non è affatto contento di vederla, né tanto meno di abitare in un quartiere periferico. È tornato alle origini solo perché l'ex moglie lo ha tradito e ha avuto pure la sfacciataggine di prendersi metà della sua azienda di successo.
L'ultima cosa che Eric desidera è restare imbrigliato in una relazione con Kelsey.
Soprattutto da quando lei inizia a lavorare per lui.
Nel vedere che Eric la stava fissando, Kelsey si ritrovò a combattere un'ondata di panico. «Che c'è?»
«Niente» rispose lui, prima di fare un respiro profondo e tornare al suo lavoro. «Puoi pensare domani all'archiviazione. Adesso dovresti parlare con Sabrina per vedere se ha qualche documento da farti compilare a casa.»
«D'accordo» accettò Kelsey, abbandonando i due raccoglitori di corrispondenza generica che aveva separato dall'enorme pila di partenza. Si voltò e uscì dalla stanza ma, mentre si dirigeva verso il reparto Risorse Umane, si rese conto di un'importante verità. A Eric piaceva ancora.
Quasi non riusciva a crederci ma, a giudicare dal modo in cui lui l'aveva guardata, poteva ben dire che era così. E lei, invece, lo odiava. Non lo avrebbe mai perdonato, perché sapeva di aver sposato Larry Delaney solo come rimpiazzo. Poi, dal momento che con lui aveva avuto due figli, aveva passato quasi nove anni insieme a un uomo che non l'amava davvero.
Ma, quando tornò a casa dei suoi genitori e vide i suoi due bellissimi bambini biondi con gli occhi azzurri che la stavano aspettando, Kelsey decise che, sebbene il suo non fosse stato il migliore matrimonio del mondo, almeno le aveva regalato qualcosa di buono: i suoi figli. Se non avesse sposato Larry, non avrebbe avuto i suoi bei bambini.
Questo, però, non significava che avrebbe perdonato Eric. Lui l'aveva coperta di vergogna. L'aveva umiliata in una cittadina in cui tutti si conoscevano e quando lei non era che una fragile ragazzina di diciotto anni.
Kelsey passò anche il giorno seguente nell'ufficio di Eric. Questa volta ripulì vecchi faldoni, creò cartelle per nuovi progetti e, in generale, familiarizzò con l'attività sfogliando corrispondenza, report finanziari e studi di mercato che non erano stati archiviati da due anni, da quando cioè la moglie di Eric lo aveva lasciato.
La giornata fu più semplice della precedente, perché Eric era impegnato in alcune riunioni. Kelsey pranzò con Sabrina, la quale le disse che si occupava di gran parte dei problemi degli impiegati, di benefit e di assumere o licenziare personale. Le spiegò anche che Ronnie Portzer era il direttore di produzione perché sapeva tutto quel che c'era da sapere sui componenti meccanici e assemblaggio, ma Eric era il dio delle vendite.
«Riusciva a fare cifre a sei zeri come se niente fosse» le disse, prima di addentare il suo sandwich.
«Cosa vorresti dire?»
«Voglio dire che è stato un pazzo a insistere per restare il proprietario dell'azienda.»
«Non direi» ribatté Kelsey. Era tutta la mattina che sentiva pettegolezzi sulla storia d'amore di Eric nata in ufficio. «Stai dicendo che avrebbe dovuto chiudere, anziché pagare a sua moglie tutti quei soldi per l'accordo di divorzio?»
«O fargliela comprare» disse Sabrina. «Visto che lei era una tale arrogante e credeva di essere un elemento così vitale per l'azienda, avrebbe dovuto cederle tutto e rifarsi una vita.»
Kelsey si inumidì le labbra diventate d'improvviso secche. «Allora perché non l'ha fatto?»
«Penso non abbia voluto vederla mandare a pezzi l'azienda.»
«Sembra che non ti piacesse molto la moglie di Eric.»
Sabrina sospirò. «Non piaceva a nessuno qui. A tutti noi era chiaro fin dall'inizio che quella donna era solo in cerca di quanto avrebbe potuto ottenere da Eric, ma lui sembrava non accorgersene.»
«Lo ha ferito?»
«Eccome.»
«Oh!» Nel sentire quelle parole Kelsey si sentì stranamente in colpa. A quanto pareva il destino aveva costretto Eric a pagare un caro prezzo per tutto quello che le aveva fatto passare.