La preferita del capo
di SUSAN MEIER
Quando Kelsey Cramer Delaney ritorna a Portage, la sua città natale in Pennsylvania, dopo la morte del marito, l'ultima cosa che si aspetta è di andare ad abitare accanto al suo primo amore. Eric non è affatto contento di vederla, né tanto meno di abitare in un quartiere periferico. È tornato alle origini solo perché l'ex moglie lo ha tradito e ha avuto pure la sfacciataggine di prendersi metà della sua azienda di successo.
L'ultima cosa che Eric desidera è restare imbrigliato in una relazione con Kelsey.
Soprattutto da quando lei inizia a lavorare per lui.
Kelsey non si presentò in ufficio lunedì mattina, ma Eric si convinse che il suo era solo un bluff, perché non poteva certo permettersi di perdere il lavoro.
Martedì ebbe il timore che lei fosse abbastanza forte da continuare a reggere il gioco, sprecando così il piccolo gruzzoletto che si era assicurata fino a quel momento.
Mercoledì chiamò la signora Cramer, la quale confermò che Kelsey aveva lasciato il lavoro.
Giovedì decise di lasciarla andare. Non poteva sopportare il fatto che lei lo volesse. Non poteva sopportare di vedere i suoi bambini.
Sabato pomeriggio, mentre se ne stava tranquillo e beato in casa propria, una palla da baseball ruppe la finestra della sua cucina. Vetri che volavano dappertutto. Eric saltò su dalla sedia per togliersi dalla traiettoria. Trenta secondi più tardi bussarono alla porta.
Doveva essere il proprietario della palla da baseball.
«Non entrare, ci sono vetri ovunque.»
«Mi dispiace, signor Eric.»
Sentendo quella voce, lui riconobbe che si trattava del figlio di Kelsey, Leland. Deglutì. «Nessun problema, piccolo. Non è grave. Ci penserò io a sistemare tutto.»
Con sua grande sorpresa il ragazzino aprì la porta e diede un'occhiata dentro. «La mamma mi ha detto che quando faccio un disastro devo ripulire.»
«Ma non puoi ripulire questo!» gli rispose Eric, indicando i pezzi di vetro che erano sparsi ovunque sul pavimento. «Potresti farti male. Ci penserò io.»
«La mamma si arrabbierà tantissimo!» insistette il ragazzino.
«Le parlerò io.»
Leland Delaney abbassò lo sguardo a terra, gli occhi pieni di lacrime. «Non puoi. Tu non le piaci.»
Ah, quando si dice non usare mezzi termini! «Sono sicuro che riuscirò a trovare un modo per farle capire com'è andata.»
Il ragazzino alzò gli occhi velati di lacrime. «Non credo. Tu non le piaci proprio per niente. Ha detto che è colpa tua se ce ne dobbiamo andare.»
Eric si abbassò per guardare Leland negli occhi. «Ve ne dovete andare?»
Il bambino annuì. «La mamma dice che deve trovare un altro lavoro.» Guardò l'uomo che aveva davanti. «Ti prego, fammi pulire.»
Eric diede un'occhiata intorno. Era troppo pericoloso per un bambino. «Penso che tu sia troppo piccolo per farlo ma, se vuoi, puoi aiutarmi a mettere una finestra nuova e poi potresti spiegare alla tua mamma che hai comunque fatto qualcosa per riparare al danno.»
Il viso di Leland si illuminò. «Okay!»
«Okay» gli fece eco Eric. «Vai a spiegare la situazione ai nonni, io intanto do una sistemata qui e poi andiamo insieme alla falegnameria.»
Leland fece come gli era stato detto e, quando tornò, portò con sé anche il suo salvadanaio per pagare la nuova lastra di vetro. Non solo era un bambino beneducato che aveva dato ascolto a Eric e si era offerto di ripagare il danno causato, ma era anche curioso e gli fece mille domande. Durante il tragitto per tornare a casa sembravano già amici di vecchia data.
E in più Eric si accorse di una cosa stranissima. Leland Delaney non lo faceva sentire... difettoso. Lo faceva sentire un papà. Perché quel bambino aveva bisogno di una figura paterna. Ed Eric d'improvviso comprese che, sebbene allontanandolo da Kelsey suo padre gli avesse fatto il torto peggiore della sua vita, il destino aveva avuto in serbo per loro fin dall'inizio un finale migliore. Perché adesso avevano dei figli. Due figli...
Se fosse riuscito a convincere Kelsey a farlo tornare nella sua vita.