Il diamante

Amanda giaceva sui cuscini ad occhi chiusi, con l'impressione che decine di martelli l'avessero colpita in tutto il corpo - muscoli e ossa - e ora si fossero concentrati nella sua testa, che pulsava di dolore. Non riusciva a pensare con coerenza, ma Christian Ramsford era ben presente nella sua mente. Aveva le deliziosa impressione che lui si fosse seduto sul suo letto, anche se la cosa non aveva senso. Sorrise e si girò su un fianco, cercando di sfuggire al dolore.
«Amanda!»
Aprì gli occhi. Ramsford era a pochi centimetri dal suo viso, l'espressione severa. Doveva aver fatto qualche altra cosa che lui disapprovava. Come avrebbe voluto piacergli almeno un po'...
«State sveglia, vi prego.»
Dischiuse di nuovo gli occhi, ma il dolore le trapassò le tempie. «Dovete scusarmi, capitano. Mi sembra di avere un gran male alla testa.»
Udì una risata gentile, poi le sue braccia la circondarono sollevandola a sedere contro i cuscini. E lei desiderò che non la lasciasse più andare.
«Aprite gli occhi, Amanda!»
Lei socchiuse un poco le palpebre. C'erano due capitani Ramsford, ognuno con una tazza in mano.
«Bevete un po' di tè.»
Piego le labbra in un breve sorriso e i due capitani si fusero in uno. «Grazie molte, ma non ho voglia di mandar giù nulla, al momento.»
«Bevete, su.»
Le portò la tazza alle labbra e lei si rese conto che poteva bere qualche sorso di tè continuando a tenere gli occhi chiusi. Anzi, forse poteva tornare a dormire...
«Restate sveglia.»
Sbatté le palpebre alcune volte e vide che lui sedeva sul letto accanto a lei, reggendole la tazza contro le labbra. Il resto della stanza, ancora confuso, le era sconosciuto.
«Capitano, non ho capito bene dove siamo.»
Le sorrise. Era così gentile!, pensò lei. «Siamo in una locanda. Il calesse ha avuto un incidente e siete caduta.»
La memoria le tornò all'improvviso. Il suo bisogno di sposarsi al più presto, la visita di Greythorne, l'arrivo inaspettato di Ramsford... Poi la sua corsa a casa di Devlin, e, la cosa più insensata di tutte, la sua insistenza per andare a Brighton. E adesso era sola con un uomo nella situazione più compromettente che si potesse immaginare.
Incrociò le mani sul petto. «Dove sono i miei vestiti?»
Il capitano si alzò dal letto. «Si sono sporcati nella caduta. Dovevano essere ripuliti.»
Lei si portò le mani al capo e trasalì. «Ho i capelli sciolti!»
Ram si raddrizzò. «Vi assicuro, Miss Reynolds, che le mie intenzioni e il mio comportamento sono stati assolutamente onorevoli.»
Amanda lo guardò, anche se le provocava dolore spingere lo sguardo così lontano. Lui era rigido e cupo e lei sentì il bisogno che le sorridesse di nuovo, le mormorasse parole gentili, altrimenti si sarebbe sentita intollerabilmente sola.
«State tranquilla, non ci saranno conseguenze» le spiegò lui. «Ho fornito nomi falsi e nessuno vi ha vista… a parte l'oste, sua moglie e il dottore che vi ha visitato.»
Amanda cercò di calmarsi: la cosa che temeva di più era che lui la lasciasse di nuovo. Le lacrime le bruciavano gli occhi e si passò freneticamente le dita tra i capelli nel tentativo di controllarsi. Ramsford tornò ad avvicinarsi, lo sguardo morbido adesso. Prese una ciocca tra le dita. «Volete che vi faccia la treccia?»
Sopraffatta dall'effetto della sua vicinanza, lei poté soltanto annuire. Lui le sedette accanto, inebriandola con il suo aroma maschile. Le sue dita le passavano lievi tra i capelli, accarezzandole il capo, e un'improvvisa ondata di piacere la avvolse a quel contatto.
«Oh!» esclamò all’improvviso.
Christian si fermò immediatamente. «Vi ho fatto male?»
«No» rispose lei, in un sussurro. «Non mi avete fatto male. Tutt’altro...»